«Accendere il falò è facile ma può anche finire male» di Flavia Amabile

I «MISSILI» DEL CARROCCIO Docenti, economisti, sindacalisti valutano la bomba leghista «Accendere il falò è facile ma può anche finire male» I «MISSILI» DEL CARROCCIO CROMA I risiamo. Umberto Bossi di nuovo parla di sciopero fiscale e di nuovo qualcuno nelle stanze del potere viene colto da qualche brivido di troppo. Perché, c'è poco da fare, se la Lega attuasse le sue minacce per lo Stato sarebbero dolori. «Il 75 per cento delle imposte dirette è incassato per atto volontario del contribuente e rappresenta la metà del gettito dello Stato», spiega Victor Uckmar, esperto di problemi e questioni fiscali. Come dire che, nella situazione di crisi delle nostre finanze, basterebbe poco per mandare in fallimento l'Italia. Come non prendere sul serio, dunque, la protesta del Carroccio? Nessuno, infatti, ci scherza. Solo qualcuno tenta di avvertirlo. Come Antonio Martino, professore universitario e studioso di storia economica. «Certo, teoricamente è possibile organizzare una protesta di questo tipo. Ma Bossi deve sapere che le rivolte fiscali si sa come iniziano, ma non si sa come finiscono. C'è chi, come Giorgio III, perse l'America nel 1776 per un'imposta sul tè. E c'è chi, come Luigi XVI, perse la testa. Perché di sicuro, tra le componenti che portarono allo scoppio della Rivoluzione francese c'era anche una non marginale questione fiscale». Attenzione, dunque, Bossi. Alle conseguenze e all'abuso delle minacce. Perché quando il mese scorso chiamò i suoi a bruciare i 740 nelle piazze, di moduli in cenere non è che se ne siano visti molti. E all'appello a non pagare Tisi non sembra aver prodotto grandi risultati a quanto risulta dai dati in possesso del ministero delle Finanze che mostrano un incasso superiore alle cifre previste. Nemmeno con i Bot è andata meglio, stando ai dati delle ultime aste. Pur tuttavia, la minaccia esiste, e, anche se con qualche dubbio non è possibile prenderla a cuor leggero. «Non è detto che Bossi persegua la realtà dello sciopero fiscale spiega lo storico Massimo Salvadori - può anche essere solo una parola d'ordine, un dato propagandistico. Quel che conta è il contenuto eversivo degli effetti: la bancarotta dello Stato, la rottura dei rapporti politici e sociali del Paese». E' possibile? Un esperto di scioperi come Raffaele Morese, numero due della Cisl, è convinto di no. «Si può proclamare uno sciopero, ma il problema è farlo riuscire. Credo che la gente non lo seguirà su questo piano». «Non so - risponde l'attore Giorgio Albertazzi -. Da un certo punto di vista il malcontento è tale che una serrata non è da escludere. Anzi, la considero una forma di protesta moderna. Io stesso sono convinto che le parole di Bossi hanno un valore. Tanto che sarei pronto a farlo, a non pagare nemmeno io le tasse». Se Albertazzi è pronto a protestare in questa «forma moderna», non altrettanto si può dire di Franco Grillini e dell'Arcigay che rifiuta questo tipo di ribellione. «Noi saremmo disponibili ad entrare anche subito in un movimento che organizzi una rivolta democratica contro il fisco. Voglio dire che il problema esiste ed è anche molto grave. Oltre a tutte le tasse nazionali ora ci si mettono anche quelle locali e il caos è completo. Purtroppo le forze politiche preferiscono pensare ad altro, lasciando a Bossi il compito di farsi interprete dei bisogni concreti degli italiani». Dal mondo politico, ieri, infatti, sono arrivati i soliti commenti. Il segretario del psdi, Enrico Ferri, ne ha approfittato per lanciare un appello a «non disperdere le forze, come Alleanza Democratica, unione di centro, il movimento di Segni, il partito popolare della Bindi e quanti altri». Pierferdinando Casini della direzione de è scettico: «Nessun pubblico dipendente sarà disposto a stare senza stipendio per dare ragione a Bossi». Per il segretario del msi, Gianfranco Fini è «solo demagogia». Per Massimo D'Alema, capogruppo del pds alla Camera, è «un escamotage insensato». Per il pri «una sparata sopra tono destinata a provocare reazioni aspre da parte di tutte le forze politiche». Infine, il presidente della Camera Giorgio Napolitano sostiene che «prima di porre il problema di sciopero fiscale si deve riflettere molto seriamente da parte di qualsiasi forza politica voglia vedere riconosciuta una funzione nazionale». Flavia Amabile Nella foto grande Luigi XVI: detronizzato dopo l'ennesima tassa ingiusta. A sinistra Uckmar, sotto D'Alema Uckmar: metà del gettito è volontario

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