Ore 10 massacro a Mogadiscio

Pioggia di fuoco sulla casa dove si svolge un vertice tra gli uomini del generale Aidid Pioggia di fuoco sulla casa dove si svolge un vertice tra gli uomini del generale Aidid Ore 10, massacro a Mogadiscio Gli elicotteri americani scatenano l'inferno MOGADISCIO DAL NOSTRO INVIATO Il vertice politico di Aidid non esiste più. Lo ha decapitato un blitz americano aria-terra che si è abbattuto ieri mattina sulla capitale somala: un quarto d'ora di fuoco concentrato lo ha spazzato via. Ma l'azione mirata degli elicotteri Usa ha provocato l'inevitabile bagno di sangue. Sul terreno il bilancio provvisorio parla di almeno un'ottantina di vittime tra la popolazione in aggiunta purtroppo a quattro giornalisti trucidati dalla folla inferocita mentre svolgevano il loro lavoro di cronisti. Alle 10 in punto 12 Cobra d'attacco erano piombati sul villino situato a 300 metri dall'ospedale Digfer all'altezza del micidiale quartp chilometro^ j servizi segreti dell'Unosom avevano segnalato la presenza di alcuni notabili della Somali National Alliance. Dopo tante soffiate inutili, gli informatori fanno centro perché là dentro i «top men» del generale fuggiasco sono impegnati nella riunione del comitato esecutivo. Ma secondo un'altra versione il vertice serviva per mettere a punto la strategia di quell'ala del clan del generale che ha preso le distanze dal suo oltranzismo e chiedeva di riallacciare i rapporti con l'Unosom. Nessuno sfugge al lancio prolungato dei missili «Tow». Muoiono in sette, come topi in trappola, con in testa Adbullah Dolo Dolo, l'uomo incaricato di curare «l'immagine» di Aidid, attorniato dagli stretti collaboratori Dahirn Warsame, il col. Ali Ashi e lo stratega Nur Da'ad. Una terribile tempesta di fuoco, come ha raccontato, ancora sotto choc, un ragazzo che si trovava nella casa: «Avevo accompagnato uno dei partecipanti alla riunione, ero in una stanza vicina a quella del primo piano dove si trovavano tutti gli esponenti più importanti quando ho sentito le prime esplosioni. Mi sono nascosto vicino al generatore elettrico e non mi sono mosso fino a quando tutto è finito. Sentivo urla di feriti e moribondi, ho trascinato via alcuni feriti e sono scappato». La casa apparteneva ad Abdi Keybdid, ministro degli Interni di Aidid. E' stato ferito assieme al ministro degli Esteri Issa Mohamed Siad, lo stesso che venerdì scorso aveva negoziato con il generale Bruno Loi la riconquista pacifica da parte della «Folgore» del posto di controllo «Pasta». Sono passati appena quindici minuti dall'inizio dell'attacco e scatta il secondo atto del blitz: arrivano a valanga i fanti della «Quick reaction force» americana con il compito di bonificare l'area. Catturano il segretario generale del movimento Ahmed Ali, poi se ne vanno e comincia l'olocausto dei gior¬ nalisti. Gli inviati di mezzo mondo si precipitano verso le macerie fumanti del villino, e molti non immaginano che stanno correndo verso la morte. Nel pomeriggio i somali esibiscono i propri cadaveri ammucchiati sui cassoni delle camionette, moltissimi feriti sono avviati all'ospedale da campo americano. I morti vengono poi portati nella sala mortuaria dell'ospedale Benadir e vegliati per tutta la notte. Sulle finalità dell'operazione il portavoce di Unosom è perentorio. La sortita rientra nei dettami della risoluzione 837 delle Nazioni Unite che contempla l'uso della forza contro i responsabili degli attacchi armati ai caschi blu («ne sono morti 35 dal dicembre 1992», ricorda il portavoce), ed al personale civile del comando unificato. Howe ha ricordato che negli ultimi giorni gli atti di terrorismo in città si erano moltiplicati. «Sono stati ammazzati qualche giorno fa sei somali collaboratori del giornale dell'Unosom, 'Mahanta'; sono stati feriti nel porto tre marinai francesi che non erano caschi blu. Dovevamo riprendere il controllo di Mogadiscio». «Ottimo lavoretto», aggiunge il colonnello neozelandese David Haynes mostrando le fotografie dell'edificio. «Siamo stati perfetti, basta osservare la casa dietro il muro di cinta e vi ac- corgerete che è rimasta intatta». Il generale Loi si è rifiutato di fare commenti sull'azione americana. Ha solo espresso preoccupazione perché tra le vittime potrebbe esserci proprio qualcuno di quei leader che si erano impegnati a consentire il ritorno incruento dei soldati italiani al posto di controllo abbandonato. A un giornalista che gli chiedeva se l'azione poteva essere interpretata come una rappresaglia all'uccisione dei tre soldati italiani, il generale ha risposto: «Non credo». Il maglio yankee ha smantellato la cupola decisionale di Aidid, ma ancora una volta il generale è sfuggito alla morte ed alla cattura. E il bilancio politico dell'operazione appare molto più incerto perché ha colpito un bersaglio non risolutivo dell'endemica crisi somala nel momento forse meno opportuno per la missione pacificatrice dell'Orni. Gli anziani del clan haber ghidir proprio l'altro ieri avevano deciso di prendere le distanze dal loro leader carismatico e riavviare il dialogo con gli emissari di Unosom con l'intento di procedere al disarmo delle fazioni in lotta. L'attacco pertanto lascia intatto il potenziale militare dei miliziani assieme ai loro depositi clandestini; e questo significa che la reazione dell'ala più estremista della Sna non si farà attendere. La città è ripiombata nel caos. Impossibile circolare nelle ore notturne e persino le pattuglie corazzate italiane limitano le uscite dagli accampamenti per non incocciare nei cecchini che hanno sparato su una nostra autocolonna. E tornano a scorrazzare le bande di delinquenti senza padrone tribale. Di conseguenza sarà rallentato il ritmo delle distribuzioni di viveri visto che il personale locale in preda al panico non si presenta nei centri di raccolta. Piero de Garzarolli Una soffiata aveva rivelato che c'era anche il leader Un ufficiale dell'Unosom «Bel lavoretto» Aeroporto intemazionale di Mogadiscio HASSAN AVVALI luogotenente di Aidid, bombardata dagli americani. I '

Luoghi citati: Dolo, Mogadiscio, Usa