«Italiani, obbedite all'Onu oppure tornate a casa» di Foto Epa
«Italiani, obbedite all'Orni oppure tornate a casa» «Italiani, obbedite all'Orni oppure tornate a casa» RISSA AL PALAZZO DB VETRO NEW YORK NOSTRO SERVIZIO La risposta dell'Orni all'uscita del ministro Fabbri è arrivata subito ed è stata dura. «I soldati italiani in Somalia devono rispettare le regole, altrimenti se ne possono andare» ha detto il sottosegretario per le operazioni di pace Kofi Annam in una intervista al Toronto Star. Un vero ultimatum, preceduto da altre miche aspre.«L'Italia - ha detto Joe Sills, il portavoce di Boutros Ghali - ha il diritto, come qualunque altro Paese, di chiedere la sospensione delle operazioni militari. Ma per noi le sole indicazioni che contano sono quelle che vengono dal Consiglio di Sicurezza». Era una risposta che Sills aveva preparato assieme a Boutros Ghali, poco prima di recarsi al consueto «briefing» di mezzogiorno con i giornalisti. In quel momento la proposta italiana era ancora niente più che una notizia di agenzia. Nessun passo ufficiale era stato compiuto dalla missione italiana, alla quale non era stata mandata nessuna istruzione. Il segretario generale dell'Orni avrebbe quindi potuto tririeerarsi dietro al solito «non abbiamo comunicazioni ufficiali in merito», ma poiché l'uscita del ministro Fabbri veniva dopo oltre una settimana in cui l'Italia aveva fatto la parte dell'«enfant terrible», si è deciso di rispondere subito. Così Joe Sills è arrivato davanti ai giornalisti con il compito di affrontare la cosa in termini che facessero almeno trasparire irritazione. Il portavoce di Boutros Ghali ha fatto anche una «considerazione di principio», definendo «inaccettabile che un membro dell'Unosom dia indicazioni di tipo militare al comando dell'operazione», e giacché c'era ha anche riferito che il segretario generale «sente con molta forza» la necessità che i contingenti che formano le truppe dell'Orni si mettano in testa che è al comando che devono obbedire, non alle rispettive capitali. «Stai parlando dell'Italia?», gli è stato chiesto espressamente. Lui si è subito ritratto, precisando di non avere «nominato nessun Paese specifico», ma il senso delle sue parole era estremamente chiaro, specie se si ritorna a tutto ciò che è accaduto nei giorni scorsi, quando Roma era impegnata a chiedere con molta insistenza uno dei tre posti netta struttura di comando dell'operazione Somalia, nonché la revisione del senso stesso di ciò che si sta facendo, criticando l'accento sul fattore militare e la sordina a quello politico. Il momento cruciale era arrivato con la riunione di giovedì scorso nell'ufficio di Kofi Annan, responsabile dell'Orni per le operazioni di pace. Da quell'incontro l'ambasciatore italiano Francesco Paolo Fulci era uscito con la notizia che a Roma era stato offerto il posto di vice ufficiale di collegamento fra l'operazione Somalia e il segretariato generale dell'Orni, che la questione della partecipazione italiana al comando sarebbe stata discussa quanto prima, con buone probabilità di essere risolta favorevolmente, e che l'esigenza di tornare a privilegiare l'aspetto politico, in vista della «riconciliazione nazionale» in Somalia, era stata accolta. Ma l'ambasciatore aveva dimenticato di dire che lo stesso Kofi Annan aveva lamentato con una certa durezza, di fronte a lui e ai rappresentanti di altri sette Paesi presenti, il fatto che in Somalia i vari contingenti tendessero ad ubbidire «più alle rispettive capitali che al comando dell'Unosom». Ieri, di fronte alle notizie provenienti da Roma sull'intenzione dell'Italia di chiedere la sospensione delle operazioni militari, Boutros Ghali ha voluto ribadirla, perfi- no passando sopra al fatto - importante dal punto di vista diplomatico - che si trattava per l'appunto di una intenzione non ancora trasformata in richiesta formale. Neanche gli Stati Uniti hanno aspettato quella formalizzazione. Un portavoce del Pentagono, interpellato sull'uscita italiana, ha dato una rispo¬ sta, piuttosto secca, che sembrava concordata con quella data dal portavoce di Boutros Ghali. «Al di là ogni considerazione che si può fare sugli sviluppi che devono essere dati alle attività in Somalia, ciò che deve fare testo sono le risoluzioni Onu». Franco Paniarelli E il Pentagono rincara la dose «Quello che fa testo sono le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza Queste impongono di catturare i colpevoli di eccidi» UUuaddaa^ d[ Un soldato Usa blocca un somalo all'ingresso del perimetro di sicurezza attorno all'università ^ di Mogadiscio [FOTO EPA]
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