Bono ribellione è normalità

Torino: le confessioni del leader degli u2 oggi al Delle Alpi Torino: le confessioni del leader degli u2 oggi al Delle Alpi Bono, ribellione è normalità «Non mi lascio bruciare, io lavoro» «ZOOROPA» ROCK PER CAMBIARE B: TORINO ONO, il leader degli U2, ha concesso un'intervista a StereoRai dopo il primo concerto della band a Roma. L'intervista, in assoluta esclusiva italiana, è stata fatta dai conduttori Mixo e Gerardo Panno. Gli U2 saranno questa sera Torino allo Stadio Delle Alpi. Il loro tour «Zooropa» ha come ospite anche un catautore italiano: Ligabue. Il nuovo album «Zooropa» è un capitolo nuovo di zecca della vostra carriera. Molti ascoltatori ci hanno chiesto qual è il segreto degli U2. Cioè, come fate a continuare la vostra carriera crescendo e cambiando continuamente? «Bob Dylan ha detto: "Non è impegnativo nascere, il difficile è arrivare alla morte". Penso che si arrivi ad un punto in cui si realizza che si deve morire. In questo senso spero che la nostra decadenza possa essere interessante... Noi facciamo musica che ci può coinvolgere, abbiamo un rapporto col pubblico che oltrepassa i mezzi di comunicazione e non ha bisogno di spiegazioni. La cosa più bella è che la gente ascolta un disco e si fa un'idea propria. Quando ne esce uno nuovo dicono sempre: "Era più bello quello prima". E' da 10 anni che succede, vogliono che noi li sfidiamo come se fosse un viaggio sull'ottovolante, verso nuove avventure». Parliamo della pressione dei mezzi di comunicazione, che spesso vi hanno messo nella luce sbagliata. Un tempo eravate ribelli, adesso, con tutti gli aerei privati, la vita da superstar, come vi sentite? «Prima di tutto, il significato della parola ribellione nell'accezione che si dava negli Anni 50 non ha più senso oggi. La ribellione è di¬ ventata una cosa ordinaria, ribellione non è più buttare una BollsRoyce in una piscina o distruggere una camera d'albergo. Questi sono clichés. Nel capitalismo c'è un termine per questo, come fabbricare automobili che dureranno un periodo prestabilito: tutto ciò viene chiamato deperimento innato. Al sistema piace trattare così le rockstars. Vogliono che tu ti autodistrugga, ti bruci, diventi un fuoco d'artificio che rischiara il cielo per qualche notte... e poi togliti dai piedi. Jim Morrison è stato uno di questi fuochi. Invece io non voglio bruciare solo per qualche notte, non è il mio concetto di ribellione. Per me non c'è niente di più ribelle che essere coerente con il proprio spirito e seguire la tua strada. E poi usare tutto ciò che hai a disposizione nel modo più creativo. Noi suoniamo negli stadi e la gente ci dà molto comprando i nostri dischi. I soldi che ricaviamo li reinvestiamo nel nostro spettacolo, per loro. Questo show brucia tanta comunicazione quanto denaro, costa un pacco di soldi. Non c'è sponsor, potremmo usarlo e non spendere tutti quei soldi, ma non è il nostro stile. Io me ne frego delle spese, ho tanti soldi, perché dovrei risparmiare? Mi immagino la gente che pensa: quelli sono pieni di danaro, non devono preoccuparsi del mutuo per la casa, dei soldi per la benzina, ecc. Tu come musicista non devi badare a questo, ma pensare alla musica e alla tua arte, per questo il pubblico è contento che tu pen- si solo alla musica. Ma al momento in cui smetti di far questo, di crescere, e diventi pigro come è successo ai gruppi rock degli Anni 70, bene, allora tradisci... certo, parlo proprio dei gruppi prima del punk. In questo business non importa se vai su un elefante o su un aeroplano. Io me ne frego e vado in bicicletta. L'importante è raggiungere il cuore della musica. Penso di essere sincero... e questo è tutto gente». Per un artista rock come lei quanto è importante rischiare? «Le emozioni? Questo è il rischio. Essere vulnerabile è il vero rischio per un artista, metterti completamente nelle mani del pubblico». Sulla copertina del vostro nuovo album ci sono le 12 stelle dell'Europa, e questa immagine compare anche durante il vostro concerto. Cosa pensi del presente e del futuro dell'Europa? «E' diventata "Zooropa", è uno zoo. E' andata in malora. Io ho grande rispetto per le identità nazionali, per l'individuo. Ma odio i clan e il nazionalismo mi preoccupa. Abbiamo suonato in Germania e lì stanno bruciando le case dei turchi. E' un periodo terribile. In Europa i popoli hanno commesso le turpitudini più efferate nei confronti dei vicini, e oggi il genocidio è ancora presente. Quando sorgeva il nazismo i nostri padri cercavano di trovare delle giustificazioni, delle buone ragioni, ma non erano buone abbastanza. A Sarajevo bombardano e massacrano. Un ragazzo di Sarajevo che ci ha intervistato mi ha raccontato che lì c'è questa discoteca nel rifugio sotterraneo, tre volte a settimana, dove mettono la nostra musica a volume altissimo. Ballano come matti per isolarsi dall'angoscia dei bombardamenti. Ballano per tener duro. Io mi chiedo: sto vivendo in un'epoca che permette cose del genere? Non ho più voglia di scrivere slogan su queste cose. Noi scriviamo in modo dadaista e surrealista, usiamo il senso dell'umorismo... cerchiamo di porgere delle immagini, non di dare delle risposte. Non so neanch'io cosa fare, ma so che è tutto sbagliato e che dobbiamo lavorare sodo per costruire una nuova Europa. Non sono un politico, ma so che sono le bandiere che ci hanno condotto a questo punto.». La vostra canzone «I stili haven't i'ound what I'm looking for», «Non ho ancora trovato quello che cerco», è una dichiarazione precisa. Lei ha trovato oggi, quello che cercava? E' una persona soddisfatta nell'intimo, a parte il periodo storico tempestoso che stiamo vivendo? «Sono felice di non essere felice. E la felicità neanche mi interessa. Voglio crescere, capire chi sono e diventare migliore. Adesso sono un padre con figli, e non so proprio che cavolo fare. Mi guardano come se potessi dare una risposta e io non so qual è... e poi c'è il gruppo, la gente a cui pensare, una piccola città da portare in giro con i concerti. Comunque sono contento di non essere felice». Trova bello il fatto di poter suggerire e stimolare idee, oppure opinioni, a milioni di giovani in tutto il mondo? «Noi siamo in una posizione di privilegio, ma credo che il nostro dovere sia di non abusare di questa posizione. Voglio dire, mandate questa intervista alla radio, suonate la nostra musica, alleluia. Manderete "Numb" che è un pezzo incasinato, difficile, un'istantanea, una polaroid, mica una rivista patinata. Se noi fossimo un gruppo meno importante magari non la mandereste. Noi siamo in questa situazione e dobbiamo usarla bene per far sì che il rock and roll possa crescere e migliorarsi. La musica è importante, può essere tanto o poco. Però, piuttosto che sentire certo rock preferisco non sentire niente. Mi piace suonare come quei ragazzini che usano giochi costosi, televisioni, satelliti, tecnologie. Ma non mi spaventano, anzi mi eccitano. Non mi piace fare paragoni, ma Salvador Dali si è sicuramente divertito ad ispirare la gente e se stesso». II gruppo irlandese degli U2. Sopra, il leader indiscusso: Bono

Persone citate: Alpi Bono, Bob Dylan, Gerardo Panno, Jim Morrison, Ligabue, Salvador Dali