Continuerò a essere «siciliano»

Vassalli risponde alle accuse: la mafia e le colpe degli scrittori Vassalli risponde alle accuse: la mafia e le colpe degli scrittori Continuerò a essere «siciliano» Jlettori della Stampa, che oltretutto è il principale quotidiano della regione in cui vivo, hanno saputo di' me, nei giorni scorsi, che sono «schiavo dell'ossessione etnica» e «leghista», che le questioni da me toccate (in un'intervista al Corriere della Sera del 6 luglio) sono «puerili», che avendo scritto un romanzo ancora da pubblicare sulla Sicilia, vado in giro a dire che tutti quelli che hanno trattato l'argomento prima di me erano degli incapaci, che non sono in grado di intendere un testo di Pirandello... Ora, io non ho interesse né voglia di continuare una polemica che fin dall'inizio era uscita di tono e di misura, e non risponderò a nessuno dei miei detrattori: mi limiterò a raccontare ai lettori della Stampa, in poche righe, come sono nate in me quelle convinzioni che hanno suscitato le ire di tanti miei illustri colleghi. Anni fa, riflettendo sul mio tempo e sul mio Paese, di cui la Sicilia è una parte importante (l'ironia di Bufalino nel chiamarmi «siciliano onorario» mi lusinga: io, per almeno due anni della mia vita, sono stato siciliano, avendo vissuto laggiù nella pelle dei miei personaggi), mi era accaduto di chiedermi se la letteratura non avesse la sua parte di colpa e di responsabilità rispetto alla crescita mostruosa della cultura mafiosa. Se il fenomeno non fosse stato in qualche modo sottovalutato o addirittura - all'inizio - considerato con simpatia, come manifestazione della specificità siciliana. Quella domanda io me la sono posta in assoluta onestà e assenza di pregiudizi e coinvolgendo me stes¬ so, per quella parte del problema che mi tocca in quanto italiano e in quanto scrittore e sono arrivato a rispondermi che sì, la letteratura ha le sue responsabilità. Ho cercato di conoscere e di capire: e per uno che racconta storie, come me, il modo migliore di conoscere è entrare nella storia e nella pelle di un personaggio, per guardare il mondo con i suoi occhi e per vivere le sue stesse vicende. Sono stato siciliano e continuerò a esserlo almeno un po', così come dopo Mattio Lovat continuerò a essere un po' veneto, e dopo Dino Campana continuerò a essere un po' toscano. Se gli illustri colleghi che mi criticano pensano che la letteratura italiana e siciliana non abbiano alcuna colpa, nemmeno d'omissione, nei confronti della cultura mafiosa, e che tutti abbiano sempre operato al meglio, buon per loro. Ma il loro accanimento e la loro acredine nei confronti delle mie «puerili» affermazioni mi confermano nella convinzione di aver toccato un argomento sgradevole, doloroso e vero. Un argomento che li inquieta. Per il resto, cioè per quanto riguarda la valutazione critica dei singoli autori, da Pirandello (non il grande Pirandello de // Fu Mattia Pascal, ma il piccolo Pirandello de / vincitori evinti) a Sciascia, credo che il tempo e i lettori attenti mi daranno ragione. Ringrazio infine la Maraini di avermi ricordato che tra i grandi scrittori di storie siciliane c'è anche lei. Confesso che me ne ero dimenticato. Sebastiano Vassalli

Luoghi citati: Sicilia