La sinistra «riabilita» Sciascia di Renato Guttuso

il caso. Dopo gli attacchi del passato, riconosciute le sue intuizioni. Napolitano riapre la discussione il caso. Dopo gli attacchi del passato, riconosciute le sue intuizioni. Napolitano riapre la discussione La sinistra «riabilita» Sciascia «Impegno democratico, passione civile» TI EONARDO Sciascia, strano destino. Sul suo nome, sui suoi libri, sulla I i sua pretesa omertà, si è Mé\ accesa una querelle sorprendente e solo apparentemente letteraria: un «parlar d'alberi in tempi come questi» l'ha definita - per sottolinearne l'inutilità - Gesualdo Bufalino, in polemica con Sebastiano Vassalli che l'ha cominciata. E proprio negli stessi giorni - tardiva ma non meno imprevedibile - è cominciata una sorta di «riabilitazione» politica di Sciascia. L'occasione è la pubblicazione dei discorsi parlamentari (1979'83) dello stesso Sciascia. Il merito della riapertura di una discussione su uno di quei temi che la politica italiana ha preferito fin qui rimuovere è di Giorgio Napolitano, presidente della Camera e leader storico dell'ala «liberal» del pci-pds; e di Giuseppe Di Lello, con Ayala uno dei due o tre magistrati superatiti del «pool» antimafia decimato dalle stragi di mafia. Nel giorno della presentazione alla stampa estera del numero della rivista Euros che contiene i discorsi, Napolitano ha voluto «far giungere - con una lettera al direttore Vittorio Nisticò - la testimonianza di una rinnovata riflessione sul valore dell'impegno democratico e della passione civile di Sciascia. L'antica conoscenza ed amicizia che ci legava - sottolinea il presidente della Camera - si rispecchiò anche negli anni della nostra comune presenza in Parlamento. E ritengo che, al di là delle diverse posizioni politiche, ci fosse un reciproco apprezzamento per il contributo che si cercava di dare a uno sviluppo ragionato e civile del confronto politico». «Sviluppo» e «confronto» che - si ricava dalla conclusione della lettera, composta in classico stile presidenziale dal leader universalmente considerato più inglese della sinistra italiana in quegli anni, e forse anche in seguito, non fu né sufficiente- mente «ragionato», né «civile». Non meno interessante è l'intervento del giudice Di Lello. Per la prima volta dopo anni di polemiche fra il fronte dell'Antimafia istituzionale e lo scrittore siciliano, accusato di aver fatto il gioco dei suoi avversari, Di Lello ha detto a chiare lettere che «Sciascia aveva ragione, e ha colto l'esistenza di un problema reale: il professionismo dell'Antimafia». In questa chiave il giudice che lavorò fianco a fianco con Falcone e Borsellino rilegge sotto altra luce anche le reazioni di allora dei magistrati: «Niente da eccepire sulla sostanza della sua opinione. Senonché noi del "pool" abbiamo avvertito immediatamente il rischio di una insidia che poi si è realizzata, e cioè che moltissimi avversari del "pool" avrebbero colto l'occasione e si sarebbero fatti scudo dell'autorità intellettuale e morale di Sciascia, per continuare la polemica, assediare il "pool" e colpire i giudici più impegnati». Dunque, per seguire il ragionamento di Di Lello, non una polemica di Sciascia contro i magistrati antimafia con la conseguente reazione opposta nello stesso senso, ma appunto - come Sciascia non si stancò di ripetere finché ebbe fiato, nel tentativo mutile di reagire alle strumentalizzazioni - una discussione sul modo di essere (e sull'opportunità di essere in un certo modo) dell'Antimafia. Il riconoscimento di Napolitano e la puntualizzazione di Di Lello sono importanti: rispondono efficacemente a un'esigenza di verità che è augurabile venga approfondita. La coincidenza fra una polemica letteraria (ma non soltanto) e una riscoperta politica dello scrittore è talmente paradossale che appassionerebbe lo stesso Sciascia, amante, come tutti i siciliani, delle contraddizioni. Non serve dire che Sciascia, finché fu in vita, fu cittadino della Milano editoriale e della Parigi intellettuale più che della «sua» Palermo e di Roma. Né vale accorgersi che d'improvviso è diventato patrimonio comune del «nuovo» e della «nuova sinistra» tutto ciò che Sciascia aveva intuito con grande anticipo: i guasti della partitocrazia, la fine delle ideologie, i rischi del consociativismo, la debolezza delle istituzioni, il dilagare della corruzione. Prima o poi anche lo slogan «Né con lo Stato né con le Br» finirà con l'essere riconsiderato. Del resto, non da oggi, il pds ha cominciato a riesaminare la cosiddetta «linea della fermezza». Eppure, parlare di «riabilitazione» forse è troppo. In fondo, anche se in Italia a riabilitare Pasolini si è alzato Andreotti, questa è ancora una democrazia, e le «riabilitazioni» sono tipiche dei regimi. Ma tuttavia, non deve essere un caso se una discussione del genere si è aperta nell'estate-confine fra la Prima e la Seconda Repubblica. Marcello Sorgi I Di Lello: sul «professionismo I dell'Antimafia» aveva ragione, m non avversava noi giudici delpool I I m A sinistra il presidente della Camera Giorgio Napolitano. In basso il giudice Di Lello che lavorò con Falcone e Borsellino nel pool Antimafia Sopra Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, a lato Leonardo Sciascia con il suo conterraneo Renato Guttuso

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