Bindi a Martinazzoli: nessun colpo di mano di Giuliano Marchesini
Bindi q Martinazzoli; nessun colpo di mano Abano, è nato il «partito popolare» veneto. Il dissenso di Fracanzani: «Rosy, sei un'integralista» Bindi q Martinazzoli; nessun colpo di mano «Con la nostra pietra vogliamo costruire l'edificio nazionale» ABANO DAL NOSTRO INVIATO I delegati in piedi decretano il trionfo di Rosy Bindi sulla vecchia de. L'assemblea costituente veneta ha appena approvato all'unanimità il documento che getta le basi di quella nuova formazione politica che la «pasionaria bianca» vorrebbe chiamare Partito Popolare. Lei dice: «Vogliamo contribuire con la nostra pietra alla costruzione dell'edificio nazionale». Pietra pesante, quella posata da Rosy Bindi, a coprire un passato democristiano di eccesso di potere, di corruzione. Le nuove fondamenta sono le norme transitorie, contenute nel documento a favore del quale hanno tutti alzato la mano: dall'esclusione dei capi delle correnti da incarichi dirigenziali alla squalifica degli inquisiti, che del resto la Bindi aveva già messo in disparte nel condurre questa battaglia per il rinnovamento del partito dello scudo crociato. E così la Rosy adesso sta a vedere che cosa accadrà a Roma, alla conferenza nazionale de. Ma prima ci tiene a fare ancora qualche precisazione: «Questa assemblea ha avuto la funzione di costituire, non di decretare ima morte: spetta ai democristiani, nei loro rispettivi organi, stabilire dal punto di vista giuridico la fine della de». Le relazioni nel partito tra Roma e il Veneto? Rosy Bindi ribadisce la «italianità del Veneto». Niente tentazioni separatistiche, dunque, almeno per il momento. «Ci auguriamo che la nostra pietra stia accanto a tante altre, a tutto ciò che si costruisce senza camuffamenti, in marnerà leale, attorno a Martinazzoli». Semmai, avverte la Bindi, di regione si parlerà in una seconda fase. Nessuno di noi - assicura • ha intenzione di fare colpi di mano». Ma aggiunge che per quelli che lei chiama «processi straordinari» ci sono esigenze precise, come la scelta dei trecento costituenti della nuova formazione politica. «E adesso Martinazzoli ci sta pensando». E se a Roma le posizioni non concordassero con quelle dell'assemblea costituente veneta? «Noi auspichiamo che a Roma ci sia un'accelerata, non una frenata. Ci aspettiamo che vadano ancora più avanti. E se non sarà così, riconvocheremo l'assemblea per decidere». Qualcuno insiste: «Nel caso in cui la conferenza romana rifiutasse la Cosa bianca veneta, che succederebbe? Il Veneto democristiano se ne andrebbe per conto suo?». La Rosy non vuol mettersi di fronte a questa prospettiva: «Il cammino è quello nazionale. E ho motivi di ritenere che la maggioranza sia dalla parte della creazione di un nuovo soggetto politico». All'apertura dell'assemblea costituente, la segretaria della de veneta lanciava un appello ai Po¬ polari per la riforma, «per lavorare insieme». Ora Segni sembra averle dato un'altra delusione, lasciando cadere l'invito, annunciando anzi il patto con Alleanza Democratica. Ma la Bindi non si arrende: «Avete visto, quanti ce n'erano qui dentro, di popolari per la riforma? Non è mica detto che tutti siano d'accordo con Segni». Poi la Bindi respinge qualche attacco, qualche polemica. Ci ha provato anche Carlo Fracanzani, a rivolgere critiche d'integralismo al progetto della Bindi, pur precisando di condividere in sostanza l'idea del rinnovamento: il parlamentare della sinistra de è stato più volte «beccato» dai delegati. Incontra anche difficoltà, la Bindi, nei gruppi parlamentari de. «Dobbiamo constatare che la parte che frena è proprio quella degli eletti». Ma per la Rosy non ci sono freni che tengano. Giuliano Marchesini
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