Due vie obbligate per privatizzare

Due vie obbligate per privatizzare r STATO & MERCATO Due vie obbligate per privatizzare L'Italia è isolata nel mondo anche per quanto concerne le privatizzazioni. Ben poco si è recepito dalle esperienze •straniere: eppure da vent'anni sono state concretizzate operazioni in ogni parte del mondo, dall'Inghilterra alla Francia, dall'Argentina al Messico, dalla Cina'ai Paesi del Comecon. Presso l'Economie and Social Council delle Nazioni Unite ci siamo dedicati anche alle privatizzazioni, predisponendo un'apposita «Guida» che all'estero è stata largamente utilizzatamentre in Italia non è stata seguita neppure nei principi informatori. In tale «Guida» lo scopo della privatizzazione è per primo, la riduzione dell'intervento diretto dello Stato nell'economia, e per ultimo il realizzo, attraverso le privatizzazioni, di introiti per lo Stato, mentre nel nostro documento base, la relazione Scognamiglio (1990), si affermava che il primo scopo da perseguire con le privatizzazioni è «concorrere al risanamento della finanza pubblica». Siamo arrivati comunque al punto che «si privatizza o si muore», come è stato ripetuto in tante sedi, anche da qualificati membri del governo e dal presidente dell'Iri, professor Prodi. A parole, sembra che tutti siamo d'accordo. Ma nei fatti, in concreto, a che punto siamo? A mio avviso gli ostacoli operativi si sono notevolmente accresciuti per più ordini di ragioni e fra l'altro: 1) la difficoltà di reperire i necessari mezzi finanziari, sia nel mercato nazionale (stremato dai prelievi fiscali e orientato verso gli allettanti titoli di Stato) sia in quello internazionale; 2) la mancanza di regole «certe» atte a stabilire fra l'altro con il necessario rispetto della normativa Cee - le competenze, i controlli (che la Corte dei conti rivendica), le forme di alienazione, il regime fiscale. «More solito» sono state introdotte esenzioni ma ancora, «more solito», con norme di contenuto incerto. A parte che nei tre provvedimenti legislativi che in breve tempo si sono susseguiti sono state previste agevolazioni del tutto diverse, nell'ultimo (art. 19, legge 359/92) è stato previsto che «tutte le operazioni connesse con le trasformazioni di cui al presente capo sono esenti da imposte e tasse». A fronte di sì ampia e generica disposizione, è prevedibile che l'ammimstrazione finanziaria, sempre alla ricerca di gettito, sarà indotta a cercare di restringerne la portata: prevedo che intenderà limitare l'esenzione alle operazioni di «cessioni di attività e di rami d'azienda, scambi di partecipazioni, fusioni, incorporazioni ed ogni altro atto necessario per il riordino», (art. 16, stessa legge). Ma quale riordino? Immagino sia quello che in base alla stessa Victor Uckma i i d l . o a ar legge il ministro del Tesoro doveva predisporre «entro mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione». Mi auguro che il ministro del Tesoro abbia capacità...divinatorie tali da predisporre un programma di riordino dettagliato a più livelli, ma se il sogno non fosse realizzabile, precipiteremmo nell'incertezza, con ulteriore ostacolo alle privatizzazioni. 3) il problema occupazionale, particolarmente delicato in questo periodo anche per la crisi di grandi aziende. Notoriamente le imprese pubbliche hanno sovrabbondanza di personale: ma non credo che ragioni sociali e comunque i sindacati consentano licenziamenti anche se indispensabili per il risanamento delle aziende in crisi; 4) la burocrazia non sembra favorire le privatizzazioni - come si constata nell'Efim; 5) la concorrenza internazionale; si sta aprendo una nuova fase di privatizzazioni: quelle annunciate in Francia, Belgio ed Inghilterra sembrano ben più appetibib di quelle italiane, per ora nemmeno avviate. Che fare? La situazione è veramente drammatica. E' in atto un pericolosissimo sgretolamento di molte delle imprese potenzialmente privatizzabili. Ormai da oltre due anni sono in situazione di incertezza gli amministratori, i dirigenti, i programmi: com'è possibile ottenere ordini quando non si conosce il destino dell'offerente? Credo si debbano urgentemente prendere, direi nei prossi mi giorni, decisioni sul futuro di tante imprese con questa alternativa: 1) attribuire ampia libertà ai responsabili dell'Ili, dell'Eni e dell'Efim (eventualmente assistiti da un comitato di garanti) di cedere «al meglio» le imprese, possibilmente in un quadro concordato con il ministro dell'Industria particolarmente nella scelta deU'acquirente. Nella determinazione del prezzo di cessione si dovrà tenere conto degli obblighi che il cessionario deve assumere per investimenti e l'occupazione; è questa è la via intrapresa dal presidente Ciampi ma per un gruppo ancora limitato di imprese. 2) ovvero, contemporaneamente, laddove sia impossibile vendere, rinviare la privatizzazione della «proprietà» ad un successivo momento e puntare sulla «privatizzazione» della gestione, cercando di perseguire l'efficienza e l'economicità finora impedite soprattutto dalle intrusioni politiche. Alcuno dirà che si rimette in pista il «piano Guarino». Forse sì, ma corretto con l'adozione di particolari cautele anche temporali: non deve essere un escamotage alla completa privatizzazione. Victor Uckmar nar^j Victor Uckmar

Persone citate: Ciampi, Prodi, Scognamiglio, Victor Uckmar

Luoghi citati: Argentina, Belgio, Francia, Inghilterra, Italia, Messico