«Nordcoreani se sgarrate vi cancellerò» di Gaetano Scardocchia

Da Seul Clinton avverte Pyongyang, poi smorza i toni: la Bomba gialla è ancora lontana Da Seul Clinton avverte Pyongyang, poi smorza i toni: la Bomba gialla è ancora lontana «Nordcoreani, se sgarrate vi cancellerò» 77 Presidente va sul38° parallelo «Fermate le esportazioni di missili» SEUL DAL NOSTRO INVIATO Bill Clinton visiterà oggi la zona smilitarizzata lungo il 38° parallelo. Entrerà in trincee e camminamenti che sono l'ultimo residuato della guerra fredda. Vedrà i cannoni americani ancora puntati contro quello che una volta era l'avamposto del grande impero nemico che nel frattempo si è dissolto. Ma un frammento impazzito della spenta costellazione continua a orbitare solitario e minaccioso: è la Corea del Nord, un Paese che non solo mantiene sotto le armi un milione e mezzo di persone, ma è sospettato di voler costruire un'arma nucleare, in un accesso di follia politica che appare «inspiegabile» anche ai più sofisticati esperti del Dipartimento di Stato. Arrivando ieri sera nella penisola coreana, il presidente americano ha alternato minacce e blandizie per ristabilire un contatto con un nemico tanto pericoloso quanto imprevedibile. Mentre era ancora a Tokyo, rispondendo ad una domanda «ipotetica» della Nbc («Cosa farebbe l'America se la Corea del Nord costruisse ed usasse un ordigno nucleare?»), Clinton ha risposto: «La Corea del Nord conosce bene la potenza delle forze di terra, di aria e di mare che gli Stati Uniti mantengono nella regione. I nord-coreani sanno che la rappresaglia sarebbe immediata e massiccia. Significherebbe la fine del loro Paese». In verità, questo linguaggio truculento non rispecchia le intenzioni della Casa Bianca, che sono più realistiche ed articolate, anche perché il pericolo della «bomba nord-coreana» non sembra così immediato. La Corea del Nord ha prima annunciato e poi sospeso la decisione di ritirarsi dal Trattato di non Proliferazione Nucleare (Tnp). Il governo di Pyongyang sta cercando di evitare le ispezioni dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea) su due centri nucleari sui quali si appunta l'attenzione degli esperti perché avrebbero prodotto negli ultimi anni una sufficiente quantità di plutonio per alimentare almeno una bomba nucleare. Il presidente sud-coreano Kim Young-Sam ha dichiarato ieri sera di aver concordato con Clinton una linea in base alla quale se la Corea del Nord «non cambierà atteggiamento», allora «la comunità internazionale dovrà inevitabilmente adottare appropriate contromisure». Quali contromisure? Il riferimento alla «comunità internazionale» induce a pensare che si sta pensando ad un'azione dell'Orni. La Casa Bianca ritiene che un embargo commerciale basterebbe a mettere in ginocchio la Corea del Nord. A patto che collabori la Cina: perché la Cina è rimasto il solo fornitore del governo di Pyongyang. Nel discorso di ieri sera al parlamento sud-coreano, Clinton è stato molto attento nel ca¬ librare le parole. Ha accusato la Corea del Nord di vendere «indiscriminatamente» non solo i vecchi missili sovietici di tipo Scud ma anche un nuovo missile di produzione coreana che «dalla Corea del Nord può raggiungere la città giapponese di Osaka e dall'Iran può colpire Tel Aviv». Ha poi osservato, senza formulare accuse più precise, che la Corea del Nord ha minacciato di ritirarsi dal Trattato di non Proliferazione. Ma a questo punto, quando tutti si aspettavano che Clinton brandisse la potenza intimidatrice dell'America, il presidente ha preferito mostrarsi conciliante: «La Corea del Nord deve capire le nostre intenzioni. Noi cerchiamo di prevenire un'aggressione, non di iniziarla. E se la Corea del Nord rispetta la Carta dell'Onu e gli impegni di non proliferazione (ossia se accetta le ispezioni internazionali che finora ha respinto), non ha nulla da temere dall'America». Che la prossima mossa dell'America possa essere la richiesta di sanzioni commerciali contro la Corea del Nord si può desumere anche da quanto il presidente ha detto della Cina, alleato indispensabile in un eventuale embargo. «Io credo che la Cina possa svolgere un ruolo costruttivo». Pur richiamando il governo di Pechino al rispetto dei diritti umani e degli accordi sul commercio delle armi, Clinton ha dichiarato che l'America è disponibile a coin¬ volgere la Cina «nell'architettuta dell'economia e della sicurezza della regione del Pacifico». ((Abbiamo bisogno di una Cina impegnata e non di una Cina isolata». Nel contempo, mentre tratteggiava una strategia di pressioni sulla Corea del Nord, Clinton ha rassicurato la Corea del Sud sulla continuità dell'impegno militare americano nella penisola e nella regione. Il contingente dei 37 mila soldati americani che vigilano sul 38° parallelo non verrà indebolito. Le medesime assicurazioni Clinton aveva fornito al Giappone, un Paese particolarmente allarmato dalle oscure trame nucleari della Corea del Nord, che potrebbe a sua volta ritirarsi dal Trattato di non Proliferazione se si sentisse in qualche modo minacciato dalle tentazioni nucleari del governo di Pyongyang. Se a Tokyo, alla riunione del G-7, Clinton aveva tratteggiato le condizioni di una espansione economica mondiale, qui a Seul ha affrontato i temi della sicurezza nel Pacifico. E' apparsa interessante la sua proposta di creare nuove alleanze e nuovi patti, bilaterali o multilaterali, «come gli strati di una corazza», per far fronte ad ogni forma di minaccia che dovesse profilarsi nella regione. Un suo collaboratore ha spiegato che il presidente si riferiva alla possibilità di inserire la Russia, la Cina, ed anche il Vietnam, in un dialogo sulla sicurezza collettiva nel Pacifico. Possono essere di un qualche interesse in Europa le parole con le quali Clinton ha escluso qualsiasi ipotesi di un ripiegamento dell'America dalle sue responsabilità mondiali: «Qualcuno teme che la leadership globale sia un lusso che non possiamo permetterci. Si sbaglia. In verità, la nostra leadership non è mai stata un investimento più prezioso e più indispensabile. E ciò fino a quando rimarremo circondati dagli oceani e bisognosi di commercio». Gaetano Scardocchia La visita di Clinton a Seul ha scatenato la protesta degli oppositori del governo sudcoreano: sessanta manifestanti sono stati feriti Duri scontri con la polizia, molti gli arresti [foto reuter]