La psicosi dell'Islam uccide un poliziotto di Franco Pantarelli

La psicosi dell'Islam uccide un poliziotto USA A New York un musulmano vittima delle fobie scoppiate dopo l'attentato alle torri gemelle La psicosi dell'Islam uccide un poliziotto Per i colleghi era diventato «Mahamoud l'attentatore», lui si spara NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Si chiamava Mahamcad Tamer, aveva 26 anni ed era un devoto musulmano. Ma era anche un poliziotto, impegnato nel servizio di controllo della metropolitana di New York. Dopo due settimane dalla sua scomparsa, ne hanno trovato il corpo a Long Island. Ad ucciderlo è stato un colpo di pistola alla tempia e la posizione in cui è stato trovato non consente dubbi: si è suicidato. Il caso, tecnicamente parlando, è chiuso. Ma i problemi che quella morte ha sollevato sono destinati a pesare. Quella che si è conclusa con il ritrovamento del cadavere è stata una strana caccia all'uomo cui la polizia di New York aveva dato vita. L'elemento principale non era l'ostentazione dei posti di blocco e la consueta rudezza nel controllo delle auto, bensì una grande discrezione, con gli interrogatori ai possibili testimoni utili che si trasformavano in educate interviste e con gli scambi delle informazioni raccolte che avvenivano sottovoce. Si trattava certo di non divulgare troppo un caso imbarazzante, ma si trattava anche di convivere in qualche modo con un diffuso senso di colpa fra gli uomini in divisa. Mahamoud Tamer era entrato nella polizia due anni fa. Aveva degli ottimi «record» ed era riuscito abbastanza facilmente a «legare» con i propri colleghi. Il lavoro non era certo dei più semplici: si trattava di avere a che fare ogni giorno con quella sorta di galleria della violenza e dell'imprevedibilità costituita dalle stazioni e dalle vetture della metro- politana di New York. Per affrontare le varie situazioni che vi si creano è bene che i poliziotti siano affiatati, per reagire prontamente alle circostanze più inaspettate. Quindi anche la facilità con cui Mahamoud era piaciuto ai suoi colleghi costituiva un elemento importante di quello che si poteva definire il suo successo. Ma tutto questo aveva subito una brusca conversione a u qualche mese fa. Con l'attentato al World Trade Center, New York si è sentita improvvisamente sotto il fuoco di un nemico nuovo: il fondamentalismo islamico. Dopo la bomba alle «torri gemelle» un po' tutti rilevarono la novità potenzialmente più significativa e inquietante, e cicè che le attività terroristiche si estendevano agli Usa, dopo anni in cui il loro terreno di azione era risultato l'Europa. Con il proseguimento delle indagini, l'uscita di un personaggio come lo «sceicco cieco» Rahaman, la scoperta di un piano che prevedeva l'esplosione di bombe nei vari tunnel che portano a Manhattan, la teoria dell'ingresso ufficiale degli Usa fra gli obiettivi del terrorismo ha trovato conferma, ma anche la «paura dell'islamico» ha finito per svilupparsi su se stessa fino ai livelli di psicosi. Attualmente, incrociare in strada qualcuno che sembra arabo è qualcosa che fa accelerare i battiti del cuore a parecchi buoni newyorkesi, più o meno come l'incrociare uno con la pelle nera. La voglia di distinguere, come si sa, non è molto diffusa fra la gente di qui. E neanche fra i poliziotti, ci dice la morte di Tamer. Nei suoi confronti, in contemporanea con quanto accadeva fuori dalle caserme, ha preso corpo una specie di ostracismo. I colleghi disposti a fare coppia con lui in pattuglia erano sempre meno. La sua'fede religiosa era diventata oggetto di scherno, in qualche caso di vera e propria aggressione. L'avevano soprannominato «Mahamoud l'attentatore». Ognuno là paura la esorcizza come può. I colleghi di Mahamoud avevano deciso di servirsi di lui. L'ultima persona che lo ha visto vivo, un poliziotto che lo ha incontrato per caso il 28 giugno, dice di avere raccolto il suo sfogo. «Per me - diceva - non è più possibile stare nella polizia. Ogni giorno vengo umiliato, aggredito, insultato. Non ce la faccio più. Non mi sento più di vivere». Poi, ha raccontato quel collega, è partito con la sua auto prima che lui potesse replicare. La corsa di quell'auto è finita a Long Island, dove qualche giorno fa è stata trovata, il che ha dato una svolta alla discreta caccia all'uomo di cui si diceva. Ieri, poco lontano, è stato trovato il cadavere. Ora i superiori dicono di voler fare un'inchiesta sul comportamento degli agenti nei confronti di Tamer. «Abbiamo degli standard che ognuno di noi deve seguire, e il primo è il rispetto per gli altri agenti», dice il capo della polizia Michael O'Connor. Il giovane poliziotto suicida viene definito «un'altra vittima del terrorismo», ma forse nel suo caso l'intolleranza ha contato di più. Franco Pantarelli

Persone citate: Michael O'connor

Luoghi citati: Europa, Manhattan, New York, Usa