C'è un nuovo top model: Bernard-Henri Lévy di Enrico Benedetto
«Datemi una chemise immacolata e vi sollevo il mondo» Dalla Bosnia alle vestaglie di seta: «BHL» firma libri, cacature e come lord Brummel detta regole di eleganza C'è un nuovo top model: Bernard-Henri Lévy Su «Figaro» accanto a Christian Dior, il filosofo si dà alla moda PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Per il lavoro, vestaglia serica o giacca da camera in cachemire. Il pantalone ha da essere grigionero, mai attillato. Stivali bassi. Tocco finale, camicia bianca a collo largo e ampie maniche. Non sono ammesse deroghe, meno che mai i plebei jeans. E' il credo di Bernard-Henri Georges Lévy, filosofo talmente alla moda che ormai, anziché seguirla,: preferisce dettarne - come Lordi Brummel - le regole. Il Figaro gli dedica un ampio articolo nella pagina «haute couture» maschile. Sopra, Dior. In basso B. H. L, la sigla attraverso cui i francesi lo conoscono. Il «nouveau philosophe» quarantaquattrenne espone le sue idee con slancio e quel pizzico di elitarismo narciso che raramente l'abbandona. La teoria ha un nocciolo duro, quasi kantiano: respingere qualunque capo fasciame. Il corpo deve respirare, predica B. H. L. Non sembra difficile. Ma poi arriva una glossa criptica sull'eleganza: praticare «variazioni infinitesimali all'interno di spazi ridotti». Corollario, ogni nuance va messa in risalto. L'autore confida di avere «una passione per i grigi». Ma l'architrave, il punto d'appoggio grazie a cui B. H. L. solleva il mondo è la chemise. Che, nelle sue descrizioni, parrebbe assumere un valore semi-iniziatico. Se Diogene aveva la botte, lévy ha per costume professionale un lindo cotone dalla nobile griffe (Patrick Lavoix, ovvero Dior). Il prezzo allucinante sconsiglia qualsiasi parallelo rivoluzionario con gli eroici Camisards del XVI Secolo. Ma seguiamone a ritroso l'evoluzione. All'inizio ci fu un couturier ordinario, Mar¬ cel Lassance, poi giunse Yamamoto. Ora siamo al capolinea: pago, lo scrittore non medita revisioni al suo prèt-à-porter filosofico. E ovunque vada (Sarajevo inclusa, lo testimoniano le immagini) esibisce il camicione immacolato. Fondamentale: mai abbottonarlo in cima (vedi sopra il teorema della costrizione). Essere un filosofo libertario, che raggiunse la gloria attaccando i sistemi totalitari, e poi affettare una divisa immutabile - sia pure byroniana - appare bizzarro. Come se l'integralismo, sfrattato dai libri, finisse per rifugiarsi nella biancheria. E anche qui, l'immacolatezza suggerirebbe a Freud qualche frecciatina. Gli avversari infieriscono. Il soprannome più diffuso è B. H. V., vale a dire «Bazar Hotel de Ville»: un grande magazzino dozzinale che l'intera Francia conosce. Ma chi gli è amico, lo difende riversando le colpe sulla neo-moglie, l'attrice Arielle Dombasle. Cherchez la femme. Entrambi sono divenuti preda e mascotte dei rotocalchi. Paris Match dedicò alle nozze la copertina. All'interno, servizi e foto rapinose. Segnaliamo le scarpine di Arielle: sui tacchi, un grande cuore con incise le iniziali «B. H». Oltre a firmare libri, il nostro autografa calzature senza scomporsi. Con Bernard-Henri Lévy, in¬ somma, la filosofia esce dal boudoir ed entra nel tinello delle case piccolo borghesi, operaie, contadine. Il look - assai più delle opere, suggeriscono i maligni ne fa una star. E l'interessato lo rivendica scevro da falsi pudori. Gli appoggi sono buoni (Francois Mitterrand, Edouard Balladur), l'attenzione dei media popolari spasmodica. E fiocca l'intervista. Nell'ultima, chiedevano ad Arielle: «Il vostro mestiere, così diverso, rende possibile condividere le medesime esperienze?». Risposta testuale, «Be' io non lo accompagno in Bosnia, e lui mi lascia andare sola da Chanel». Enrico Benedetto «Datemi una chemise immacolata e vi sollevo il mondo» Sopra, Bernard-Henri Lévy. A destra, una sfilata di moda maschile
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