Tra mugugni e sospetti ecco la «sinistra del no» di Pierluigi Battista

Avvisi di reato e carcerazione «L'invito di Scalfaro arriva tardi» Tra mugugni e sospetti ©eco la «sinistra del ne» v.vX-lvi' vi- I «NEMICI» DI ACHILLE IROMA L patriarca della sinistra che dice no, Pietro Ingrao, se ne sta in disparte, impegnato a chiosare i fogli della relazione introduttiva di Giancarlo Aresta. Pago degli scroscianti applausi con cui viene accolto dalla sua gente, commosso per la consacrazione nel ruolo di «padre nobile» che la «Convenzione dell'alternativa» gli riserva, Ingrao scende dagli spalti dell'aula I di Giurisprudenza per stringere la mano di Leoluca Orlando. Cioè, malgrado il marcato neo-radicalismo populista del leader della Rete, dell'«alieno», dell'unico ospite presente in questo raduno della sinistra «alternativa» che non provenga da una delle fa- miglie del comunismo italiano. Del resto, la sinistra che non ci sta ha bisogno di lui per opporsi allo strabismo centrista della sinistra occhettiana, per raccogliere il popolo degli scontenti, per procedere con coraggio alla quadratura del cerchio. Sì, perché il tentativo di mettere insieme e incollare i tanti frammenti della «sinistra contro» deve pur tenere conto che intanto, prima di riunirsi in aggregazioni più ampie, una furibonda rissa politica è esplosa nell'aggregazione che intanto c'è e che nelle ultime elezioni sembrava persino in buona salute. Si parla di Rifondazione comunista, i cui esponenti confluiti in questo crogiuolo della protesta si guardano in cagne¬ sco a debita distanza, Garavini di qua, severo e arrabbiato, e Cossutta di là, accigliato e avaro di parole. C'è anche Luciana Castellina, che invece sta un po' qua e un po' là dopo aver dettato alle agenzie un comunicato di sentito pentimento per aver aperto le colonne del settimanale da lei diretto, Liberazione, agli strali antigaraviniani di Cossutta. C'è insomma tutto lo stato maggiore di Rifondazione comunista che vive da un mese in stato di intossicazione permanente, lacerata da conflitti e rancori personali, e che adesso cerca in questa convenzione unitaria il luogo dell'agognata rigenerazione, la boccata d'ossigeno che manca nelle stanze chiuse del partito. Ma Cossutta e Garavini continuano a non parlarsi, con il segretario appena detronizzato che non perdona ad Armando di averlo bersagliato «con una serie di insulti». S'appartano e parlano fitto fitto Castellina e Cossutta, mentre all'interno dell'aula si mette in vetrina la «sinistra contro»: Rifondazione comunista al gran completo; i «comunisti democratici» del pds; i Verdi molto di sinistra come Edo Ronchi, Franco Russo e Mauro Paissan; Diego Novelli e Alfredo Galasso della Rete; i sindacalisti arrabbiati di Fausto Bertinotti; un po' di manifesto rappresentato sul palco da Rina Gagliardi; residui della Pantera; pidiessini sciolti; portabandiera dei «centri sociali»; pacifisti a oltranza; ecologisti con l'aria degli osservatori distaccati come Ermete Realacci della Legambiente. E naturalmente lui, Pietro Ingrao, che dirà soltanto oggi la sua ricetta per mescolare tanti ingredienti diversi e che assiste con un pizzico di sconcerto alla querelle che si è aperta tra le file di Rifondazione comunista. Il dissenziente, l'eretico per antonomasia del vecchio pei, protagonista di epiche battaglie che vedevano come antagonista, ironia della sorte, proprio il «destro» Armando Cossutta, stenta a capire il perché di tanta acrimonia tra i compagni che si erano messi insieme per dire no al pds in nome del comunismo. «Sono abituato a temere la demonizzazione del dissenso», dice sottovoce Ingrao, «l'importante è discutere, discutere insieme. Ho vissuto personalmente l'esperienza del dissenso che veniva demonizzato: non mi è piaciuto nel mio caso e così non mi piace negli altri». Non piace proprio a Ingrao questa improvvisa spaccatura dettata, come sostiene Rina Gagliardi, da «questioni politiche che si intrecciano con quelle personali». Non piace perché la vicenda che sta tormentando Rifondazione comunista aleggia come un fantasma in questa aula universitaria che ha richiamato in un caldo infernale e appiccicoso il popolo di sinistra che giudica Occhetto un opportunista con tentazioni moderate (e che accoglie l'«ambasciatore» Fabio Mussi con gelida cortesia), che considera Segni un campione del conservatorismo, che teme l'«ondata neo-liberista», che è attraversata dalla tentazione di chiudersi in un recinto per contemplarsi mentre il mondo fila dritto tra le braccia dell'odiata «destra». E di pericolo del «recinto» parla Leoluca Orlando che è venuto qui a perorare la causa del «polo progressista». E che però ha voluto aggiungere ai «valori» tradizionali della sinistra della solidarietà e dell'eguaglianza altri due gioielli del credo pintacudian-orlandiano: i valori dell'«armonia» e quelli della «sobrietà». Il nuovo Orlando realista e pacato che chiede voti al pds nella sua corsa a sindaco di Palermo non rinuncia al richiamo utopico e neo-puritano. Gli applausi, nella «sinistra contro», li prende così. Cosa non si fa per il «polo progressista». Pierluigi Battista