«Fate subilo quei nomi» Bufera su Arma e polizia
Finora il Viminale ha individuato cento affiliati ma siamo agli inizi «Fole subilo quei nomi» Buferò su Armo e polizia I FRATELLI IN DIVISA ROMA. Sono finora un centinaio i massoni individuati dal Viminale tra funzionari di polizia, di medio e alto livello, ufficiali dei carabinieri e guardia di finanza. Ce ne sarebbero anche tra i super-investigatori della Dia, la polizia antimafia. L'elenco, però, è ancora largamente incompleto. E alla fine di questo lavoro saranno registrati molti più fratelli in divisa di quanto ne risultino oggi. L'allarme del giudice Agostino Cordova, infatti, sulla presenza massiccia della massoneria nelle forze di polizia, non è cosa recente. Già qualche mese fa, il magistrato si lamentò pubblicamente di inesplicabili «inerzie» nel condurre le indagini in questo campo. E prima di rendere pubbliche le sue perplessità, il giudice calabrese ne aveva già parlato a quattr'occhi con il ministro dell'Interno Nicola Mancino e presumibilmente con il capo della polizia, Vincenzo Parisi. Gli fu assicurata la massi- ma collaborazione. E da quel i momento partì discretamente un'inchiesta ministeriale per tracciare la mappa dei massoni in divisa. Furono interessate le questure, i comandi dell'Arma, le legioni della Finanza. E qualche risposta è arrivata: di molti si conosce nome, cognome e posizione. Ma nella maggior parte dei casi, il Viminale si è trovato davanti alla stessa «inerzia» che lamenta Cordova. Grazie a quest'inchiesta, però, oggi il sindacato di polizia Siulp può chiedere al ministro che «vengano pubblicati subito i nomi dei massoni appartenenti alle forze di polizia». Il Siulp, preoccupato di tutelare l'immagine del corpo di Ps, si è premurato di chiedere pubblici chiarimenti anche a Cordova: «Dica quali uffici, e in quali città, si sono astenuti dall'invio dei nomi dei massoni». E chiede anche, il sindacato, che sia sancita l'incompatibilità tra massoneria e polizia. Più o meno lo stesso dilem¬ ma che si presenta al mondo dei giudici. Anche qui l'inchiesta di Agostino Cordova ha fatto esplodere il problema dei magistrati massoni. Il Consiglio superiore della magistratura ha nei suoi cassetti un dossier - messo a punto dalla Procura di Palmi - con quaranta nomi di alti magistrati. Qualche nome è anche filtrato sui giornali. E si registrano continue smentite. Ieri è stata la volta del giudice fiorentino David Monti, che ha ammesso di essersi iscritto in gioventù a una loggia regolare. A quell'epoca Monti era uno studente universitario, residente a Macerata. «Quando entrai in magistratura, però, nel 1986, uscii dalla loggia con una lettera di dimissioni». Un primo rapporto del Csm, scaturito dal rapporto di Palmi, arriverà la settimana prossima alla Procura generale della Cassazione. Tra i vari documenti ci sarà anche una lettera di Licio Gelli, se- questrata in Sud America, che informava di aver finanziato nel 1977 con 25 milioni a testa cinque giudici. Che erano risultati eletti nel consiglio direttivo dell'Associazione nazionale magistrati. I cinque sono Adriano Testi (attuale direttore generale del ministero di Grazia e Giustizia), Ferdinando Sergio (eletto poi nel Csm), Paolo Tonini (all'epoca segretario del Csm), Domenico Pone (già segretario generale di Magistratura Indipendente, poi allontanato dalla magistratura) e Guido Romano (altro esponente della corrente di Magistratura Indipendente). Protesta intanto il Grande Oriente d'Italia. La massoneria ufficiale, scossa dalle dimissioni del Gran maestro Di Bernardo, si sente sotto mira. E così, ieri, dopo l'audizione parlamentare, il Gran maestro aggiunto Eraldo Ghinoi ha chiesto di incontrare Cordova. L'incontro, raccontano i massoni, è stato cordiale. E solo a sera hanno scoperto l'atto di denuncia del procuratore. Ecco quindi il loro «più grande stupore per le gravissime dichiarazioni» e la speranza che il giudice facesse riferimento «ad altri gruppi massonici o pseudo tali». Una giornata di tensione per Palazzo Giustiniani che, sempre ieri, è intervenuto sul caso del preside di Farmacia di Napoli Antonio Vittoria, il quale, si legge in una nota, aveva cessato «qualsiasi rapporto con il Grande Oriente nel 1990». [fra. gri.] Finora il Viminale ha individuato cento affiliati ma siamo agli inizi Nella foto grande, il procuratore Agostino Cordova. A lato, il ministro Nicola Mancino, sotto il capo della polizia Vincenzo Parisi:
Luoghi citati: Macerata, Napoli, Palmi, Roma, Sud America
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