Senegalese la salva dallo stupratore di Marco Marelli
Lecco, dopo una colluttazione ha rincorso il violentatore prendendo la targa della sua auto Lecco, dopo una colluttazione ha rincorso il violentatore prendendo la targa della sua auto Senegalese la salva dallo stupratore E consegna l'aggressore alla polizia COMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «No, non mi sento un eroe. Non credo di aver fatto nulla di eccezionale. Ho fatto solo quello che mi sembrava giusto fare, dopo aver sentito le invocazióni d'aiuto della giovane donna che cercava di difendersi dalle pesanti attenzioni dell'uomo che, prima di aggredirla, l'aveva seguita a piedi per qualche metro». L'italiano di Mbaje Gaje, ventenne, senegalese, operaio metalmeccanico a Lecco, città che ha ispirato i «Promessi sposi» ad Alessandro Manzoni, è comprensibilissimo, anche se ancora incerto. Mbaje Gaje, un ragazzone grande e grosso, l'altra sera nella zona del Galeotto, un quartiere storico di Lecco, stava tornando a casa, a piedi, quando in via Rivolta si è accorto che un giovane stava importunando una ventottenne lecchese le cui generalità rimangono celate dietro ad un comprensibile riserbo. Le stava chiedendo prestazioni sessuali. La giovane donna per un po' ha fatto finta di non sentire, ha evitato di rispondere alle pressanti richieste dell'uomo, un venticinquenne di Ballabio, incensurato, del quale la polizia ha dato solo le iniziali, C. P., anche se è stato denunciato a piede libero per atti di libidine. RgepfaCcmtmnmlpb La reazione della ventottenne lecchese c'è stata nel momento in cui il giovane di Ballabio dalle parole ha cercato di passare ai fatti, le ha messo le mani addosso, ha cercato di bloccarla, per mettere in atto i suoi propositi. E' quasi certo che la sua intenzione era quella di violentare la donna, che ha reagito mettendosi a gridare, a chiedere aiuto all'unica persona che si trovava in via Rivolta. Quel giovanissimo senegalese che, resosi conto di quanto stava accadendo, è corso, con falcate lunghissime, verso la giovane donna e il suo assalitore che, vistosi scoperto, ha mollato la presa, e dopo una colluttazione è scappato a gambe levate, méntre la ventottenne lecchese, in preda ad una comprensibile paura, non si è neppure fermata a ringraziare il suo salvatore. Lo ha fatto però più tardi negli uffici del commissariato di polizia di Lecco, dove per qualche istante ha potuto guardare in faccia anche il giovane che aveva cercato di aggredirla. La donna durante la fuga ha incontrato una «volante» della polizia di Stato. Ha fermato gli agenti per raccontare loro quanto le era accaduto. I poliziotti hanno fatto salire la giovane donna sulla «volante» per iniziare un giro nella zona, alla ricerca del giovane aggressore. Dapprima però hanno incontrato il senegalese che agli agenti ha raccontato di aver seguito l'aggressore e di averlo visto salire su una Fiat 127 della quale l'extracomunitario aveva annotato il numero di targa. Pochi istanti dopo l'utilitaria è stata ritrovata, sempre nella zona del Caleotto; a bordo c'era il venticinquenne di Ballabio, comune ad una dozzina di chilometri da Lecco, lungo la strada che porta alla Grigna, maestosa montagna che si erge sopra il ramo lecchese del lago di Como. Una volta bloccato, l'aggressore è stato accompagnato negli uffici del commissariato di polizia in via Martiri della Libertà dove sembra che abbia ammesso la richiesta di prestazioni sessuali rivolte alla giovane donna, il tentativo di aggressione, ma non avrebbe spiegato il perché di tali richieste, perché lo ha fatto, mettendosi in un mare di guai. Lo racconterà, forse, al magistrato inquirente essendo stato denunciato a piede libero per atti di libidine, dopo che la giovane donna lecchese ha presentato una querela nei suoi confronti. Da parte sua il ventenne senegalese, del quale gli agenti non hanno voluto dire dove abita per evitare che possa essere vittima di qualche ritorsione, ha commentato l'accaduto ricacciando indietro l'immagine di un eroe, poi è tornato a casa accompagnato dalla giovane lecchese. Marco Marelli Un gruppo di immigrati senegalesi
Persone citate: Alessandro Manzoni
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