Un nuovo summit senza livree di Gaetano Scardocchia

Un nuovo summit senza livree ANALISI Un nuovo summit senza livree FTOKYO ORSE il G-7 non è proprio morto, come dice l'economista Fred Bergsten, ma è senza dubbio in gravi condizioni. Anche qui a Tokyo si è visto che al pomposo cerimoniale dell'incontro fa riscontro un'estrema povertà di risultati: vaghi e ripetitivi comunicati nei quali i sette capi di Stato e di governo confessano di non possedere alcun efficace rimedio per i malanni che denunciano. Il rischio che l'annuale conferenza diventi irrilevante è stato avvertito questa volta con particolare urgenza, al punto che varie proposte di riforma sono state avanzate durante il dibattito degli ultimi due giorni. I suggerimenti interessano in particolar modo l'Italia, sia perché il nostro Paese ospiterà la prossima riunione nel 1994 (si dovrebbe svolgere a Napoli) e sia perché il G-7 è il solo organismo che ancora ci consente di figurare fianco a fianco con le potenze più importanti del mondo. Secondo la delegazione italiana, gli incontri del G-7 vanno sottratti all'attivismo frenetico di migliaia di giornalisti, la cui presenza finisce col creare aspettative che non possono essere esaudite. Le attese eccessive, artificiosamente alimentate dall'apparato dei media, finiscono per deludere sia i mercati finanziari sia le cancellerie. La riunione dovrebbe essere invece semplificata, con la partecipazione limitata ai soli Capi di Stato e di governo (senza cioè il massiccio seguito dei ministri degli Esteri e dell'E conomia) e con un carattere più «meditativo» - secondo le parole del ministro degli Esteri Andreatta - che non «operativo». Queste buone intenzioni sono state largamente condì vise. Il premier inglese Major ha proposto di abolire i comu nicati finali, intorno ai quali si concentra la spropositata attenzione della stampa, e di ridurre da tre a due i giorni della consultazione. Il cancel liere Kohl ha suggerito di riu nire i sette in dimore isolate dalle grandi città. Il presidente Clinton ha osservato che il G-7 sarebbe più utile se affrontasse uno o al massimo due temi per volta: per esempio quest'anno avrebbe potuto discutere con profitto il problema della disoccupazio ne nei Paesi industriali, che è al centro delle preoccupazio¬ ni dell'opinione pubblica occidentale. La proposta di Clinton è quella che dovrebbe suscitare maggior allarme negli alleati. Essa indica che il Presidente americano vorrebbe trasformare il G-7 in una sorta di convegno di studio, privandolo di fatto delle funzioni di coordinamento diplomatico ed economico che ha finora svolto, sia pure in maniera approssimativa. In sostanza, la diplomazia americana sembra privilegiare l'approccio bilaterale - giudicato il più vantaggioso nell'ottica di Washington - oppure, in caso di necessità, l'intervento dell'Onu, con la tendenza ad eliminare i circuiti intermedi. E' chiaro che la vitalità del G-7 non è solo un problema di natura tecnico-organizzativa. Il processo di coordinamento sembra funzionare quando l'economia mondiale è in espansione o quando si profila un pericolo che i sette riconoscono unanimemente come tale. Tanto è vero che le riunioni ebbero inizio nel 1975, sulla scia della prima grande crisi petrolifera. Come notava ieri un parlamentare giapponese, questi incontri sono stati produttivi fino a quando i Paesi industrializzati avevano un interesse a coordinare le loro politiche economiche contro una minaccia esterna i prezzi del petrolio - che non potevano controllare da soli. Mentre oggi, in una fase di recessione mondiale, gli impedimenti provengono dagli stessi Paesi membri, che perseguono politiche sociali e finanziarie inconciliabili o comunque difficilmente coordinabili. Da stasera, l'Italia assume la presidenza di un G-7 che rischia di perdere la sua ragion d'essere. Nell'opera di salvataggio, almeno per ora, il governo di Roma può contare sull'appoggio del Canada, della Germania e del Giappone. Ma solo per qualche tempo. Se Germania e Giappone - come propongono gli americani - dovessero diventare membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, perderebbero l'interesse a far parte di uh organismo puramente consultivo come il G-7, incapace di esercitare una «leadership» collettiva sull'economia dell'Occidente e politicamente assai meno prestigioso e decisivo dell'esecutivo delle Nazioni Unite. Gaetano Scardocchia hia |

Persone citate: Andreatta, Clinton, Fred Bergsten, Kohl