Petruzzelli, mafia e politica hanno acceso la miccia
Petruzzelli, mafia e politica hanno acceso la miccia Bari, il manager sarebbe stato solo una pedina di un gioco più grosso che puntava alla ricostruzione del teatro Petruzzelli, mafia e politica hanno acceso la miccia «Anticipato» l'arresto dell'ex gestore: volevano ucciderlo per farlo tacere BARI NOSTRO SERVIZIO Malavita, imprenditoria, politica. C'è un intreccio ancora misterioso dietro il fuoco che la notte tra il 26 e il 27 ottobre di due anni fa distrusse il Teatro Petruzzelli. Un intreccio che fa dire al procuratore nazionale antimafia Bruno Siclari: «Per la prima volta sono state accertate infiltrazioni della criminalità organizzata nell'attività degli imprenditori baresi». Siclari è arrivato a Bari ieri dopo l'arresto di Ferdinando Pinto, il manager che nell'ultimo decennio ha gestito il teatro. Molto conosciuto nel mondo dello spettacolo, stimato fino a quando l'incendio non ha gettato ombre sinistre sulle persone vissute intorno al teatro, Pinto potrebbe essere secondo quanto gli investigatori hanno finora stabilito - solo una pedina di un gioco che puntava alla ricostruzione del Petruzzelli. Un affare da centinaia di miliar¬ di. Pinto, 43 anni, barese, dapprima gestore di sale cinematografiche, lavoro ereditato dal padre, è sempre stato molto vicino agli ambienti del psi, amico di De Michelis e di Margherita Boniver. Dal '79 era stato alla guida del Petruzzelli. Nell'87 era diventato sovrintendente del Teatro dell'Opera di Roma. Dopo il rogo di due anni fa, Pinto era entrato in rotta con la famiglia Messeni Nemagna, proprietaria del teatro. Ed era stato completamente estromesso dalla gestione. Ora era solo un uomo in pericolo. Qualcuno avrebbe potuto ucciderlo per farlo tacere. Ecco perché i sostituti procuratori della Repubblica Giuseppe Chieco e Carlo Capristo, i magistrati che conducono l'inchiesta, hanno chiesto al giudice per le indagini preliminari Piero Sabatelli, accelerando i tempi, l'emissione dell'ordinanza di custodia cautelare. L'allarme è scattato dopo che il settimanale «Avvenimenti» ave¬ va annunciato la pubblicazione di un articolo con le dichiarazioni scottanti del pentito Salvatore Annacondìa, 35 anni, boss pugliese di rango legato a Nitto Santapaola. Dichiarazioni con le quali il boss accusava proprio Pinto definendolo mandante dell'incendio. Secondo il pentito, Ferdinando Pinto, in una difficile situazione finanziaria, aveva già fatto ricorso ai clan malavitosi chiedendo in prestito denaro a tassi usurai. Poi s'era deciso all'operazione Petruzzelli avvicinando Vito Martiradonna, dipendente dell'Enel, un personaggio che secondo gli investigatori si dedica al riciclaggio del denaro per conto di due clan, quelli di Savino Parisi, reuccio del quartiere Japigia, e di Antonio Capriati, il boss della città vecchia. Il teatro, però, non doveva essere completamente distrutto, ma solo danneggiato. Su questo intreccio la magistratura ha condotto due inchieste. La prima, quella sulla ricostruzione del Petruzzelli, ha portato alle ordinanze di custodia cautelare, oltre che per Pinto, anche per Capriati, Parisi, per l'ex custode del teatro Giuseppe Tisci e per Martiradonna, ora latitante. A tutti viene contestato il reato di incendio colposo, a Pinto anche il concorso in associazione a delinquere di stampo mafioso. La seconda inchiesta (associazione di stampo mafioso) ha coinvolto i tre pregiudicati, Pinto e Francesco Biancoli, anch'egli uomo dei Capriati. Avvisi di garanzia sono stati notificati alla moglie di Pinto, Anna Genchi. e a Vincenza Tisci, sorella del custode. Una svolta alle indagini sarebbe venuta dalla testimo¬ nianza di Pierpaolo Stefanelli, ex collaboratore di Pinto, in un primo momento indicato come il responsabile dell'incendio. Questo infiltrato, girando per le redazioni dei giornali, aveva proposto la sua verità, fino a quando i magistrati non lo hanno ascoltato. E da questo momento l'inchiesta ha accelerato, ma potrebbe esse- re solo l'inizio di una rivoluzione che, partendo dalle parole del pentito Annacondia, sta interessando anche il Palazzo di giustizia, dove cinque magistrati sono finiti sotto inchiesta perché sospettati di avere un qualche contatto con i clan. Tra gli indagati, Michele De Marinis, procuratore della Repubblica, Crescenzo Ambrosio, il presidente della prima sezione della corte d'assise d'appello, Elio Simonetti. Per cercare di far luce sugli intrecci malavita-imprenditoria sono da alcune settimane a Bari due inviati di Siclari, impegnati anche nell'inchiesta sulle Case di Cura Riunite, in cui - secondo i magistrati - avevano un peso rilevante i boss cittadini e i politici. Sandro Tarantino Il procuratore Siclari «La criminalità organizzata alleata degli imprenditori» Nella foto grande Pinto con la moglie. Da sinistra Antonio Capriati e Savino Parisi
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