Ultimatum dell'Onu la Folgore contesta di Foto Epa

Assassinati 6 dipendenti somali dell'Unosom. Parte il personale della Cooperazione Assassinati 6 dipendenti somali dell'Unosom. Parte il personale della Cooperazione Ultimatum dell'Orni, la Folgore contesta Loi: alla rappresaglia preferiamo la resa diAidid MOGADISCIO DAL NOSTRO INVIATO Si avvicina implacabile l'ora X dell'attacco che i Caschi blu dell'Onu si apprestano a sferrare contro i miliziani di Aidid se gli ultimi, frenetici tentativi di siglare un accordo di pace dovessero fallire. Gli spazi di manovra per evitare la soluzione di forza sul silos del pastificio, ossia radere al suolo la roccaforte del signore della guerra somalo, sono ristrettissimi, in quanto il comando di Unosom ha acconsentito a tenere aperta fino a domani sera la finestra negoziale attraverso la quale dovrebbe giungere la risposta chiara e definitiva: deporre le armi e consegnare i responsabili della morte di tre para italiani, oppure finire appiattiti sotto la tempesta di fuoco che si abbatterà su Mogadiscio. Anticipata martedì da Mohammed Ibrahim Ahmed Ligligato, ex presidente del Parlamento e «saggio» autorevole del Somali National Congress, la notizia dell'ultimatum è stata confermata ieri indirettamente dal generale Bruno Loi, comandante del contingente italiano. In verità si tratta di un doppio «ukase», il primo da parte del vertice militare delle Nazioni Unite nei confronti di Italfor - basta con gli indugi, dovete riconquistare il posto di controllo «Pasta» perduto il 2 luglio che blocca le vie di accesso alla capitale da Ovest -, il secondo emanato di rimbalzo dagli italiani agli emissari haber ghidir. Ed è stato un avvertimento-monito pressante: abbiamo le mani legate e gli ordini calati dall'alto non si discutono tuttavia vi offriamo l'ultima chance di arrendervi. A quanto si apprende, la decisione di uscire dallo stallo era stata presa nel corso del recente colloquio tra Loi ed il generale turco Cevik Bir, Comandante supremo della coalizione multinazionale di Unosom. Sul tavolo due tesi contrastanti, con l'Onu fermamente intenzionata a gettare sul campo il maglio dirompente della «Quick Reaction Force», mentre gli italiani suggerivano l'opzione morbida. Malumori dunque in seno all'alleanza messa ire piedi a fatica dal Palazzo di Vetro? Se critiche ci sono state sul) operato di Italfor, velatamente accusato di aver suonato la ritirata oltre ad aver rifiutato di dare il via libera allo «showdown» dei marines, esse di certo non sono affiorate in pubblico. «L'approccio al dialogo resta il principale obiettivo della nostra missione - precisa Loi - Abbiamo sùbito l'aggressione ma abbiamo pure detto no alla ritorsione che, a nostro avviso, non avrebbe dovuto essere attuata nemmeno il 5 giugno. Se andrà male vuol dire che ce l'abbiamo messa tutta per conseguire il traguardo della composizione pacifica della vertenza, al fine di evitare qualsiasi inasprimento degli animi». Purtroppo i capi clan, benché sollecitati dagli ambasciatori dell'intelligence militare, si fan- no vedere con il contagocce e rimandano ogni decisione. Indubbiamente il rospo è duro da digerire nell'ottica dell'Orni, che si sente tenuta in scacco - nonostante la presenza in Somalia di 18 mila soldati superaddestrati da un manipolo di straccioni disperati, forse appena qualche centinaio di uomini. Che cosa succederà? Per ridurre in macerie il pastificio si avanzano tre ipotesi di azione che vanno dal bombardamento chirurgico da parte dei C-130 «Spectre» dell'aviazione americana al blitz degli incursori del Col Moschin con il compito di minare l'edificio e farlo saltare in aria. In mezzo si situerebbe il ricorso ai razzi aria-terra dei Cobra Usa, «pillole» micidiali da rovesciare sui cecchini di Aidid che presentano il vantaggio di circoscrivere i danni alla popolazione. In ogni caso, dice il generale Loi, «si tratterà di un'operazione congiunta». Aidid intanto manda a due che lui proprio non ci sta ad es- sere imbrigliato. Lo ha ribadito attraverso il solito messaggio radio zeppo di contumelie volgari sul «machismo» dei Caschi blu, definiti «donnette che se la fanno sotto dalla paura» e il monito di morte inviato a colpi di Kalashnikov contro sei impiegati locali dell'Unosom sorpresi dai suoi a distribuire il giornale «Maanta», organo della fazione rivale di Ali Madhi, nel recinto dell'ospedale Benaadir di Mogadiscio Sud. Quattro sono stati freddati dalle raffiche di mitra, rapiti gli altri due, feriti gravemente. Che sorte li attende è facile prevedere. Nel clima di estrema tensione si inserisce anche la segnalazione di 50 guerriglieri armati fino ai denti avvistati nella zona del tabacchificio centrale e l'uccisione di un somalo dopo uno scontro a fuoco avvenuto nei pressi del complesso dell'ambasciata statunitense. E il nervosismo sembra essersi impossessato pure dei piani alti della Farnesina, che ha ordinato lo sgombero del personale della Cooperazione italiana. L'incolumità dei nostri connazionali non è più garantita, pertanto ai volontari della Cefa di Bologna e alle tre religiose della Consolata di Torino caricati ieri su un aereo diretto a Nairobi si aggiungeranno fra breve il medico Franco Di Roberto e la sua équipe sanitaria. Piero de Garza rolli Per trattare resta poco tempo La scadenza è domani sera Parà italiani di guardia a uno dei checkpoint appena ripristinati a Mogadiscio [FOTO EPA]

Luoghi citati: Bologna, Mogadiscio, Nairobi, Somalia, Torino