Pds, tanta voglia di Patria contro la sindrome nordista di Pierluigi BattistaAndrea Barbato

Pds, tanta voglia di Patria contro la sindrome nordista Pds, tanta voglia di Patria contro la sindrome nordista DIVISI SUGLI IMMIGRATI VROMA IVA l'Italia. Viva la Nazione una e indivisibile. Si diffonde a sinistra un'inedita «voglia di Patria». Al Nord serpeggiano gli umori aspri della secessione. Si sfalda il cemento simbolico dell'Italia unita, si appannano i simboli che fortificano il sentimento nazionale mentre nel Settentrione circolano gli emblemi e la nuova paccottiglia della sindrome separatista, dalle finte banconote nordiste fino ai simil-passaporti dell'erigenda «Repubblica del Nord». Ma adesso suonano le trombe degli alfieri dell'Italia unita. E sorprendentemente suonano a sinistra, dove la Patria, anticaglia retorica di conio moderato, non ha mai scaldato i cuori. Almeno fino a sabato scorso, quando tre nostri soldati sono morti a Mogadiscio. «Caduti in guerra»: suona così il titolo squillante e solennemente patriottico con cui l'Unità di Walter Veltroni annuncia lo strazio dei militari italiani massacrati in Somalia. Caduti italiani, italianissimi, «accomunati dalla stessa uniforme e dalla stessa sorte», come fa notare il giorno dopo, sulla prima pagina del medesimo giornale, Andrea Barbato. Così italiani, quei «tre ragazzi» che «venivano uno dalla Toscana, uno da Roma e uno dalle Puglie», da far ammutolire i fautori delle «macroregioni», vale a dire i vessilliferi delle spinte federalistiche di marca leghista che un po' di tempo fa, deplorando l'eccessiva presenza meridionale tra gli alpini, osarono colpire uno dei simboli più cari del patriottismo italico. Sul giornale fondato da Antonio Gramsci si scopre inopinatamente la «voglia di patria e di unità nazionale». La Lega avanza e per correre ai ripari persino un intellettuale come Mario Tronti, negli Anni Sessanta il cantore della classe operaia come «rude razza pagana», invoca commosso in un editoriale un'«idea di nazione» che rilegittimi la sua «identità, riconquistandosi sul campo un collettivo riconoscimento di popolo». «Patria» è forse termine desueto, o addirittura «fasullo», «untuoso», «una parola obsoleta, muffita, certamente rétro», come hanno scritto alcuni giovani scrittori in un recente volume pubblicato dall'editore Theoria con il titolo, appunto, di Patria! Errore, proclama l'organo del pds. Per Barbato è oramai in gioco il più elementare «senso d'appartenenza» a una comunità nazionale. Per Tronti, smessi gli abiti consunti dell'operaismo, «un'identità di nazione, come un'unità di popolo, va oggi non solo ribadita, ma riscoperta». «Meglio tardi che mai», è il commento di Gian Enrico Rusconi, che al tema ha dedicato recentemente il libro Se cessiamo di essere una nazione. Riscoperta «tardiva», accelerata dall'ansia di arginare l'ormai inarrestabile morbo secessionista, ma pur sempre utile a ri¬ flettere «su quell'alimento essenziale di una democrazia che è il riconoscimento di un pezzo di storia comune, l'identificazione con una qualche comunità d'appartenenza, insomma il comune riferirsi ad una nazione come fonte delle virtù ci¬ viche e di una cittadinanza solidale». «Finora», prosegue Rusconi, «gli intellettuali hanno semplicemente e colpevolmente snobbato il tema, facendo finta che non esistesse. Se oggi la tendenza è diversa, meglio così. Anche se in questo fuoco di sbarramento preventivo non è difficile cogliere un che di occasionale, dettato più dall'ossessione del fenomeno leghista che da una seria riflessione sui significati del nostro esser nazione». Ora la sinistra pidiessina si mette con zelo a sventolare il tricolore. All'indomani delle elezioni di giugno, Occhetto ha esibito orgogliosamente i risultati della Quercia come la prova provata che il pds è restato «l'unico partito nazionale» ancora in piedi. E dal segretario de Martinazzoli è partita la proposta di mettere insieme i due partiti-nazione per far fronte comune contro l'insidioso nemico leghista. I custodi della nazione contro i barbari secessionisti. Gli apostoli della Patria contro gli eversori dell'unità nazionale. Si riesumano le antiche radici nazional-popolari del vecchio pei, sonnecchianti sotto il manto del lessico internazionalista ma pronte a riaffiorare negli umori strapaesani delle Feste dell'Unità, nel richiamo simbolico al faccione di Garibaldi come icona del Fronte Popolare, nell'appello alla sacralità dell'«unità antifascista» nei momenti difficili. Eppure, sostiene lo storico Lucio Villari, «da sinistra ha sempre compiuto l'errore culturale di giudicare l'idea di Patria e di identità nazionale come residui retorici di una cultura polverosa e moderata, antiquata e conservatrice. Senza capire, e magari continuando a irridere stupidamente alla bandiera tricolore, che quei valori sono importanti per la saldezza della comunità nazionale, risorse profonde di un"'italianità" che si è sedimentata gradualmente nel costume». Adesso però c'è la nuova sinistra patriottica e virtuosamente antiseparatista. Nata a Mogadiscio, riuscirà a sfondare nelle valli della Brianza? Pierluigi Battista Sull'Unità Veltroni e Barbato esaltano l'Italia e sventolano il tricolore C lìipr Caduti i Sopra, Walter Veltroni e «l'Unità» di domenica A destra Andrea Barbato Qui di fianco Lucio Villari

Luoghi citati: Italia, Mogadiscio, Roma, Somalia, Toscana