Nella tempesta

Nella tempesta Nella tempesta Gli effetti dei brillamenti solari I L campo magnetico terrestre presenta numerose e complesse variazioni locali e temporali la cui interpretazione ha richiesto l'impegno di generazioni di ricercatori. Oggi sappiamo che, mentre le variazioni locali sono dovute a peculiarità delle strutture geologiche, la massima parte delle variazioni temporali è associata all'attività solare e alla struttura del suo campo magnetico. Variazioni improvvise e intense, chiamate tempeste magnetiche, sono causate dall'arrivo di plasma, ossia di gas ionizzato di origine solare associato a quelle violente perturbazioni solari note come brillamenti. * Fu soltanto a fine '800 che, in seguito all'osservazione nella corona solare dei «raggi polari», venne ipotizzata l'esistenza di un campo magnetico generale del Sole analogo al campo terrestre. Nel 1908 lo statunitense George E. Hale scoprì a Monte Wilson, con il metodo spettroscopico, campi magnetici nelle macchie solari; ma solo nel 1952, sempre a Monte Wilson, Harold Babcock e suo figlio Horace rilevarono, con un nuovo particolare ' strumento appositamente concepito detto magnetografo, campi magnetici discontinui Energia fotovoltaica // tetto diventa una centrale elettrica c ENTINAIA di piccoli generatori fotovoltaici collegati alla rete di distribuzione elettrica vengono disseminati sperimentalmente sul territorio della Svizzera e della Germania: tutti di potenza fra 0,5 e 5 kW di picco e quasi tutti installati da privati, i quali così diventano sia clienti che fornitori delle società elettriche. Esperienze eseguite per alcuni anni con impianti di quel tipo, e col Sole di quei Paesi, avrebbero dimostrato che per ogni 8-10 metri quadri di superficie esposta si possono versare nella rete elettrica circa 1000 kWh all'anno. Cioè che coprendo di moduli fotovoltaici, poniamo, il tetto di un capannone da 1500 mq, si otterrebbero ogni anno circa ( 1500/9 x 1000) = 166.000 kWh; quanto basterebbe a coprire il fabbisogno elettrico medio di un fabbricato di quella superficie. Ho voluto fare una piccola, sommaria verifica. Mi sono perciò informato sulla superfi¬ cie coperta e sul consumo elettrico annuale di alcune unità immobiliari (non abitative). Per ciascuna ho poi calcolato secondo i criteri di cui sopra la quantità di energia che si potrebbe versare in rete se se ne coprisse interamente il tetto con moduli fotovoltaici. Ne è risultato che la ditta Ruspa di Robassomero (Torino), 10.000 mq coperti, consuma 1.000.000 di kWh annui e ne potrebbe ottenere 1.111.000 dal Sole; che la Isoflux di Portacomaro (At) (3000 mq) consuma 550.000 kWh e ne otterrebbe 333.000; che la Simai di San Donato (Mi) (2200 mq) consuma 54.000 kWh e ne otterrebbe 244.000; che la A.C.M. di Bardelio (Va) (1600 mq) consuma 100.000 kWh e ne otterrebbe 178 000; che la Rio di Sarnico (Bg) (9500 mq) consuma 100.000 kWh e ne otterrebbe 1.056.000; che la Elettrorava di Druento (To) (8100 mq) consuma 276.000 kWh e ne otterrebbe 900.000; che il Politecnico di Torino, facoltà di Ingegneria (38.000 mq) consuma 4.983.000 kWh e ne otterrebbe dal Sole 4.222.000. In 5 casi su 7 l'autoproduzione da fonte solare dell'immobile supererebbe il consumo che vi si verifica, e in misura tale da compensare largamente i due casi opposti. Se quello esaminato fosse un campione rappresentativo, esso autorizzerebbe perciò il «come volevasi dimostrare». Peccato che non lo sia e peccato che fra i dati statistici disponibili in Italia manchi la superficie complessiva occupata dagli edifici. Solo la mancanza di quel dato, infatti, impedisce una verifica conclusiva, poiché in materia di consumi elettrici si sa praticamente tutto. Direi comunque che da quel pur minimo campione emerga un'indicazione significativa. Si aggiunga che quel dato empirico svizzero-tedesco, dei circa 1000 kWh annui versati in rete ogni 8-10 mq di superfi¬ estendentisi, al di fuori della zona equatoriale del Sole interessata dalle regioni attive, sino alle regioni polari. Nella calotta polare Nord vennero rilevati campi magnetici di segno positivo e in quella Sud campi magnetici di segno negativo. Una inattesa proprietà di questi campi magnetici polari è che il loro segno si inverte intorno alla fase di massimo del ciclo undecennale di attività solare. Dopo quattro decenni di osservazioni oggi i fisici solari sanno che il campo magnetico solare è la risultante di molteplici ed interconnesse componenti, tutte variabili. Grazie all'impiego di mezzi spaziali, alla fine degli Anni 60 vennero rilevate correlazioni fra la struttura della componente a grande scala del campo magnetico solare e la struttura a settori dello spazio interplanetario e correlazioni fra la polarità del campo magnetico interplanetario e variazioni diurne del campo magnetico terrestre. Una volta note le relazioni fra campo magnetico solare e campo magnetico interplanetario e fra campo magnetico interplanetario e campo magnetico terrestre è possibile, effettuando una inversione, dedurre informazioni cie, si può verificare anche analiticamente, con un calcolo molto semplice. Posto infatti che la radiazione solare globale nell'Europa centrale è in media di 1100 kWh all'anno per mq di superficie orizzontale, che il rendimento di conversione dei moduli fotovoltaici disponibili fino a oggi - o meglio, fino a ieri - è stato del 10-12%, che il rendimento degli inverter di collegamento alla rete è stimabile nel 90%, ne segue che ogni 8-10 mq di moduli solari l'energia versata in rete deve essere stata, appunto, di circa ( 100 x 0,11 x 0,9 x 9) = 980,1 kWh all'anno. La cosa è ancor più interessante per noi in quanto nel nostro Paese la radiazione solare è di circa 1100 kWh/mq/anno (come nell'Europa centrale, o poco più) nella Pianura Padana, ma aumenta di almeno il 5% a Genova e Venezia, e addirittura del 25% a Roma e Cagliari. Leonardo Libero sul campo magnetico interplanetario e sul campo magnetico solare dalle, caratteristiche del campo magnetico terrestre. L'importanza di questa inversione sta nel fatto che, mentre le osservazioni delle componenti del campo magnetico solare associate alle regioni attive sono disponibili dal 1908, quelle della componente polare dal 1952 e quelle del campo magnetico interplanetario fatte da satelliti e sonde spaziali soltanto dal 1963, adeguate osservazioni geomagnetiche sono invece disponibili da più di un secolo. Ci si può chiedere a che serva conoscere struttura e comportamento del campo magnetico solare per un intervallo di tempo maggiore di quello per il quale disponiamo di osservazioni magnetografiche • dirette. Anzitutto va notato che le varie componenti del campo magnetico solare, anche se appaiono variate nel tempo secondo cicli quasi regolari, presentano variazioni non prevedibili la cui conoscenza, oltre ad essere fondamentale per una più profonda conoscenza del sistema Sole-spazio interplanetario, è fondamentale anche nello studio dei modelli del ciclo di attività solare. Inoltre il comportamento del campo magnetico solare è il presupposto dei vari fenomeni delle regioni attive. Infine, avendo a disposizione una più lunga serie di dati, è possibile rilevare correlazioni più attendibili fra attività geomagnetica e attività solare, le quali permettono previsioni sul futuro dell'attività solare. Questo metodo di inversione ha già permesso di raccogliere promettenti risultati. Per esempio, invertendo la correlazione di cui si è detto fra la polarità del campo magnetico interplanetario e variazioni diurne del campo magnetico terrestre, è stato possibile ricostruire la struttura e il comportamento del campo magnetico interplanetario e quindi del campo solare per un lungo intervallo di tempo precedente i mezzi spaziali. E' stato fra l'altro messo in evidenza che il periodo di rotazione della struttura a settori varia da 28,5 giorni all'inizio del ciclo di attività solare a 27 giorni alla fine e che settori a corta vita sembrano ruotare più lentamente di settori a lunga vita. Inoltre si è dimostrato che, invertendo correlazioni fra attività solare e attività geomagnetica, è possibile prevedere, dall'analisi dell'attività geomagnetica durante un ciclo di attività solare, caratteristiche del ciclo successivo. Giovanni Godoli Università di Firenze

Persone citate: Giovanni Godoli Università, Hale, Harold Babcock, Leonardo Libero, Monte Wilson