Amici Maestri di Gaetano Afeltra

Amici Maestri Amici Maestri LA prima fotografia contenuta nel nuovo libro di Gaetano Afeltra I 45 giorni che sconvolsero l'Italia, sottotitolo: «25 luglio 8 settembre 1943. Dall'osservatorio di un grande giornale» (Rizzoli, 1993) è datata 26 luglio e presenta il vecchio parlamentare demolaborista Luigi Gasparotto che arringa la folla da un balcone del Corriere della Sera e, come dice la didascalia: «accanto a lui, nell'angolo a sinistra, Gaetano Afeltra». La fotografia è molto scura, Gaetano Afeltra si vede e non si vede, ma non ci sarebbe stato neppure bisogno dell'informazione della didascalia. Ormai si sa che Gaetano Afeltra c'era sempre, a ogni grande evento della metà del secolo quasi avesse scelto dall'inizio della sua vita in pubblico di diventar la nostra memoria storica. Ogni volta che proviamo a riassumere i fatti di questi anni, prima o poi, immancabilmente, lo rincontriamo, pronto a fornirci un supplemento di notizie a volte addirittura sconcertanti ma destinate a ricever puntualmente conferma su qualsiasi episodio grande o piccolo che abbia un significato. Ecco perché questo libro di ricordi di quei 45 giorni dell'Italia è molto utile non solo per i posteri, ovvero per coloro che sono venuti al mondo dopo quella data, ma anche per i contemporanei, ovvero per coloro che allora in teoria erano in grado di capire quanto succedeva, ma in pratica non ci capirono molto, coinvolti e travolti dall'andamento imbizzarrito della Storia. «Questo libro vuole raccontare i fatti dei 45 giorni, mescolando i dati ormai pacifici delle cronache con i fatti personali, le passioni, le illusioni, i fraintendimenti vissuti ora per ora» dichiara Gaetano Afeltra. «Più che la scritta presuntuosa: "Questa è la verità", vorrei che in testa alle pagine che seguono fosse scritto più modestamente: "Questo è ciò che ho visto, che ho saputo, che ho immaginato": io e tanti altri come me. Scrivendo queste pagine, io approfitto di un vantaggio non trascurabile: l'aver seguito le vicende dell'epoca, e averle vissute, da un osservatorio privilegiato: le stanze del maggior quotidiano italiano, il Corriere della Sera, dove si poteva sapere, o almeno subodorare, anche ciò che era tenuto nascosto alla maggioranza degli italiani...)). Come sempre, Gaetano Afeltra mette avanti, confessa, proclama la grande passione astratta, l'ideologia addirittura della sua carriera amorosa: il Corriere della Sera. Lo ha raccontato lui stesso in Corriere primo amore (Bompiani 1984), come, nato nel 1915 ad Amalfi, avesse cominciato ben presto a venerare l'importanza del Corriere per contagio familiare. In casa Afeltra, ad Amalfi, il padre, avvocato e segretario comunale, comprava ogni giorno due quotidiani, il Giornale d'Italia diretto da Bergamini e II Mattino fondato da Scarfoglio. Il Corriere non faceva a tempo ad arrivare in giornata, ma lo si acquistava puntualmente il pomeriggio successivo e, quasi per farsi perdonare il ritardo della lettura, 10 si leggeva con particolare at tenzione, superiore a quella concessa a qualunque altro giornale 11 ragazzo Afeltra agli inizi non riusciva a capire il perché, ma lo avrebbe imparato prima o poi, e con totale dedizione. «Il Corriere era una specie di divinità giornalistica, fornita di un verbo infallibile. "L'ha detto il Corriere" si sentiva ripetere quando si voleva dire che non c'era dubbio, che ciò che era scritto era sicuramente vero e che le opinioni erano quel le giuste. Potenza e fascino di Al bertini? Sicuramente. Soprattut to per le piccole città, per i paesi della grande provincia italiana, la terza pagina del Corriere con gli scritti della Deledda, di D'Annun zio, di Pirandello, di Borgese e di altri era l'unico canale di diffu sione della cultura...». Il primo a rispondere alla vocazione giornalistica in casa Afeltra fu il fratello maggiore, Cesare che cominciò a scribacchiare su un foglio di Salerno, L'azione de mocratica. Poi, grazie alle vacan¬ zmMgAvdvvdmN 5£sfeii_,

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