Viaggio nella realtà virtuale di Gabriele Ferraris
All'Ippopotamo di corso Casale è possibile fino a domani sera «giocare» con installazioni cibernetiche All'Ippopotamo di corso Casale è possibile fino a domani sera «giocare» con installazioni cibernetiche Viaggio nella realtà virtuale Con casco e joystick in giro per lo spazio Molti, ormai, si domandano se la realtà virtuale - con i suoi mondi nascosti nel computer e le mille possibilità di interazione con entità puramente cibernetiche - non sia destinata a diventare la tecno-droga del futuro. Forse sì. Ad ogni buon conto, noi l'abbiamo provata. E chiunque, fino a domani sera, all'«Ippopotamo» - ritrovo in corso Casale che ospita gli incontri di «Cyberia» sulla realtà virtuale - può indossare il casco-visore e, manovrando il joystick, esplorare «Correnti magnetiche», programma creato da Mario Canali e Marcello Campione per «Reggiani». Nello schermo che ci copre gli occhi appare una stazione spaziale. O qualcosa di simile. Acceleriamo col joystick, piombiamo sulla piattaforma. Lontane, vediamo cinque porte. Sulla sinistra un'immagine dell'«uomo di Leonardo». I movimenti sono goffi, ci vuole prati¬ ca per coordinarsi e capire che il capo, spostandosi, dà la direzione. Dalle cuffie arrivano suoni arcani eppure reali, «olografici». Voliamo verso una porta, l'oltrepassiamo. Un pianeta circondato da anelli, un Saturno gassoso, incombe su colonne di vapore. Si sente come un ansimare profondo. Un'accelerata al joystick, guardando verso l'alto (l'alto?) e il pianeta è lontano, perduto nello spazio. Proviamo a scendere velocemente: un sibilo siderale ferisce le orecchie. C'è una porta, l'attraversiamo e appare una figura lattiginosa, indistinta. A poco a poco prende i contorni della «Maya Desnuda» di Goya. Cerchiamo di avvicinarci, ma la figura si scompone quando la tocchiamo. Siamo immersi in un mondo assurdo eppure reale, tridimensionale. Ci siamo dentro, e stiamo dimenticando l'altro universo, il vostro, quello che (forse, chissà?) in questo preciso istante si muove attorno a noi seduti con un casco in testa e un joystick in mano. La terza porta ci svela un obelisco giallastro. E' «Odissea nello spazio» ed è «Yellow Submarine». Svolazziamo pigramente, ma un brusco movimento del capo ci fa perdere l'orientamento. Oddiomio, dove sono? Tutt'attorno, soltanto cielo. Così si deve sentire un astronauta abbandonato nello spazio, «vecchio Bowie avevi ragione, qui le stelle sembrano così differenti stanotte... Ne usciremo mai? Tenete conto di ciò: l'idea che per uscirne basta togliersi il casco non ci sfiora neppure. No, aspetta: il mondo è qui sotto, ecco, scendiamo. La porta, e un quarto universo (o è il quinto? O il decimo?) appare: piovono gocce giganti, par di stare in un cartone animato, giochi a evitarle o a tuff artici. L'operatore ci scuote. «Ehi, basta, è passato troppo tempo», dice. Da quanto stiamo qui dentro? E, tutto sommato, voghamo davvero uscire? «Ti sei fatto venti minuti». Venti minuti. Un quarto d'ora è il limite consigliato, dopo non si sa: si possono avere reazioni strane. Avverto soltanto una beve vertigine, e sudore. Ma forse è l'afa. «Dove sono stato?», chiedo. «In una lampada. Hai visitato le parti che compongono una normale lampada da scrivania». Gabriele Ferraris Un casco un computer uno joystick ed è possibile godere scenari virtuali
Persone citate: Bowie, Goya, Marcello Campione, Mario Canali, Reggiani
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