Mister No & Mike l'extraterrestre di Stefania Miretti

Dal vecchio Rischiatutto al nuovo Campionissimo: meno cultura, più esibi2ionismo. Parla Ludovico Peregrini Dal vecchio Rischiatutto al nuovo Campionissimo: meno cultura, più esibi2ionismo. Parla Ludovico Peregrini Mister No & Mike l'extraterrestre Storia d'un sodalizio tra quizegaffes MILANO. Una vita all'ombra delle gaffes di Mike. L'uomo, però, è una roccia, e nessun indizio tradisce il quasi trentennale sodalizio. Non l'intercalare, non l'intonazione, non il lessico. Ludovico Peregrini, cinquant'anni compiuti l'altro giorno, una moglie francese, due figlie femmine, 6 l'autore di tutte le trasmissioni di Bongiorno, da «Rischiatutto» in poi. Rare foto d'archivio lo ritraggono più giovane, già stempiato, al tavolo di lavoro. Erano i tempi in cui Piero Turchetti dava fiato alle trombe, Bongiorno incitava all'allegria, e lui, Peregrini, faceva segno che no, la risposta non poteva considerarsi valida. E per l'affezionato pubblico, più che una faccia, o un nome, è sempre stato una negazione: il «signor No», una specie di «uomo del Monte» del telequiz. Naturalmente tutti pensano che Peregrini sia un notaio vero: «Per esempio, vado dal parrucchiere e subito mi si chiede un parere su una questione di eredità». Invece è laureato in lettere moderne e tutta la sua vita lavorativa l'ha trascorsa in tv, dietro le quinte d'una trasmissione. Dagli esordi con Baudo, «il grande nemico storico», in «Settevoci», all'incontro con Mike. Definitivo. E dunque, Peregrini, l'intervista non può che cominciare da qui. Mike visto da vicino. «Un uomo che si fida ciecamente dei suoi collaboratori». Già, ma poi: che fine ha fatto Mike? Da qualche tempo sembra esistere soltanto dentro la tv. Cosa succede, non ha più voglia di uscire dall'apparecchio, si è stancato di parlare? «Dopo tanti anni la stanchezza è inevitabile, non si può passare la vita a rispondere sempre alle stesse domande. Il fatto è che Bongiorno ormai vive come un extraterrestre, lavora di notte, va a dormire alle cinque del mattino, non è mai rintracciabile prima delle quattordici, e quando non registra esce raramente di casa. Si protegge, incontrarlo non è facile». Vi frequentate anche al di fuori del lavoro? Con le famiglie? «Certo. Con un lavoro di questo tipo, dopo tanti anni...». E non bisticciate mai? «No, no. Ci sono stati dei contrasti, molto dialogo. Mike è un uomo sempre aperto al dialogo». Chi è stato, l'anno scorso, a volere Sgarbi in trasmissione accanto a Bongiorno? «Sono stato io. Sgarbi mi piace moltissimo, anche se capisco che altri possano detestarlo». Dica la verità, Peregrini, le gaffes di Mike sono la croce o la delizia dell'autore? «Intanto, le posso assicurare che non sono mai costruite a tavolino». Cioè, sono tutte autentiche? «Diciamo che Mike improvvisa. La più bella, la più riuscita, quella che non mi stanco mai di ricordare, fu durante un'intervista radiofonica. Bongiorno, come si sa, è sempre stato appassionato d'immersioni subacquee, e l'intervistatore gli disse: "lei è un sub eccezionale". 'No, sono un sub normale", rispose lui». Quando vi siete accorti che le gaffes funzionavano, garantivano un tornaconto d'immagine? «E' stato così fin dall'inizio». Non ci credo. Ci sarà stata una «prima volta» importante, il momento, diciamo così, della presa di coscienza... «Forse, la signora Longari. Quella battuta, "ahi ahi signora, lei mi è caduta sull'uccello", segnò effettivamente una piccola svolta». Anche il quiz in televisione sta vivendo una svolta? «Sì, naturalmente, perché lo spettatore passivo è scomparso. Un tempo, diciamo sino ad un paio d'anni fa, la gente amava seguire da casa la prova di bra¬ vura e di memoria dei candidati. Oggi, lo spettatore vuole sentirsi protagonista. Bisogna formulare delle domande alle quali possano rispondere anche le famiglie in ascolto, ricreando una piccola competizione casalinga, permettendo a tutti di partecipare al gioco». Ma è un'idea da Anni Cinquanta! «Certo, come no». Un tempo i concorrenti portavano come materia la musica classica, o la storia di Garibaldi. Oggi, l'orario ferroviario. Sono più ignoranti? «Sì, lo sono perché sono diverse le motivazioni che li spingo- no a partecipare. Il concorrente tradizionale, quello di "Rischiatutto" per intenderci, arrivava in televisione spinto dal desiderio di parlare di una propria passione: una mania, un interesse autentico, coltivato negli anni. Questi di oggi, prima decidono di partecipare, poi scelgono un argomento, uno qualunque, e si preparano leggendo qualche libro. Per prima cosa ci chiedono: "Quanto vinco?"». Sono diversi, i vostri concorrenti, da quegli altri che vanno in tv a raccontare i propri dolorosi casi? «Probabilmente, ma non nella voglia di esibirsi, di apparire». E quindi: il quiz in tv muore? «Assolutamente no. Noi viviamo nell'incubo segreto che un giorno vengano a mancarci i concorrenti. Invece, le lettere arrivano sempre, a fiumi. E le dirò di più: con "Tutti per uno" siamo riusciti ad abbassare l'età media dello spettatore di Mike. Abbiamo il 20 per cento in più di giovani, una fascia su cui Bongiorno non poteva contare da tempo. Un quiz che faccia anche ridere: questo è il futuro. Il nuovo "Campionissimo" con Gerry Scotti è così. L'importante è coinvolgere il pubblico su argomenti che conosce». Ossia argomenti televisivi. Ma così va a finire che anche il quiz si autoalimenta solo attraverso la tv... «Adesso è così. Poi, magari, cambia, e tornerà a piacere il concorrente che sa tutto sulla vita di Garibaldi». Lo pensa davvero? «Se c'è una cosa che ho imparato in tanti anni, è a non pormi mai domande a lungo termine. Tanto, i cambiamenti sono sempre più veloci di quello che immaginiamo». Stefania Miretti Lo staff di «Rischiatutto» negli Anni 70: da destra Paolo Limiti, Mike, Marilena Fogliati, Piero Turchetti, Ludovico Peregrini

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