Crimini & CONVENTIONS
Un'amica di F. & L è stata a un raduno in Sardegna: lusso e voluttà, un paradiso artificiale. Con una scoperta «orribile» Un'amica di F. & L è stata a un raduno in Sardegna: lusso e voluttà, un paradiso artificiale. Con una scoperta «orribile» Crimini' CONVE BNA nostra amica attiva in campo pubblicitario è stata di recente invitata a una di quelle conventions (suona meglio di raduni), dove centinaia di persone operanti nello stesso settore, o magari in settori diversissimi, s'incontrano e si confrontano bevendo molti caffè e molti aperitivi. Due-tre giorni, di solito. E sempre in luoghi turisticamente prestigiosi, due passi da Taormina, appena fuori da Acapulco, dalle finestre vedevamo le sorgenti del Nilo. Attrezzatissimi centri alberghieri si fanno in quattro per offrire ai convenuti il massimo di luxe, calme et volupté negli intervalli tra share e target, tra impatti, proiezioni e fatturati. La nostra amica se ne arriva dunque a questa reggia congressuale sulle coste della Sardegna, oltrepassa un'arcata d'aspetto moresco-messicano, e subito un nugolo d'inservienti s'impadronisce della sua valigetta (leggera, ma dai contenuti tormentosamente meditati). Altri la fanno salire su un calessino elettrico come quelli che si vedono sui campi di golf, e per vialetti lastricati in cotto, tra siepi profumate, cespugli lussureggianti, palmizi, pini mediterranei e bungalow appena visibili nella macchia, la conducono fino al corpo principale dell'albergo. Rosse guide su candide piastrelle, sofà di midollino, salette e saloni dove già grappoli di colleghi ridono, fumano, si sbracciano. C'è un primo pasto «informale» in uno dei cinque ristoranti del magico complesso, un selfservice con ogni bendidio caldo e freddo, dall'aragostina alla mousse di lamponi; su ogni tavolo dell'ampia terrazza sovrastante il mare è già pronto un secchiello con vino bianco in ghiaccio. Un sogno. Nel pomeriggio, qualche poco impegnativo scambio di relazioni fotocopiate, qualche fiutatina intorno all'ordine del giorno di domani. Poi, libero passeggio tra shopping-center e piscina, campi da tennis, palestre, vasche termali. Un venticello aromatico accarezza le pelli arrossate di residenti tedeschi, olandesi, inglesi, svizzeri che vanno e vengono zoccolando dalla spiaggia protetta e sorvegliata, bordata da capanne di frasche. A nessuno può venire in mente di uscire da un simile paradis artificiel, ma per chi voglia esplorarlo nella sua vastità sono a disposizione biciclette che frusciano docilmente alla minima spinta di muscoli impigriti e felici. La sera, banchetto con spe- cialità della cucina sarda, cui seguono chiacchiere attorno ai tavolini di piccole gelaterie infrattate o attorno a una rotonda da ballo. Il ritmico rumore del mare accompagna con discrezione le giocose spiritosaggini di un animatore. Languidi applausi di dame in lino e in seta. Giacchette e bolerini griffati, collane esotiche, risate argentine, coppie allacciate sotto l'incanto della luna. La nostra amica tiene duro fino a un'ora decente, poi se la fila sbagliando strada più volte tra la fitta segnaletica indicante Pizzeria La Mer, viale dello Squash, Nursery, Club House e simili. Non si lascia incastrare per gli estremi pettegolezzi dei colleghi insediati al bar, sale in camera sua, getta al volo le scarpe, si lascia cadere sul letto con uno sbadiglio di valore olimpionico. Ma sul cuscino, accanto al pigiama già sciorinato da mani esperte, c'è una piccola sorpresa: non il solito cioccolatino, ma un biglietto, un cartoncino color sabbia sulla cui faccia esterna è impressa l'immagine di un vezzoso ventaglio. Che sarà mai? Un messaggio galante? Un memo per il programma della mattinata? Un invito a un breakfast di lavoro? Macché. All'interno, stampato in corsivo marrone, c'è una massima per meditarci la notte: «Bisogna annaffiarlo il fiore dell'amore se si vuole conservare la freschezza». Firmato: Henrik Ibsen. Dev'essere un «pensiero» della squisita direzione, anche se alla nostra amica non sfugge l'assenza del partitivo («conservarne», corregge mentalmente), e un po' dubbia le pare l'attribuzione di una tale banalità al povero Ibsen. Ma chissà, quel nordico genio ne ha dette tante... e comunque è il pensiero che conta. Va sorridendo in bagno ed è qui che trova la vera sorpresa, il vero, delicato, raffinato «pensiero»: un fiore di geranio che spicca roseo in fondo alla tazza del gabinetto. No, non si può. La voce della incallita dirigente è ancora sconvolta nel racconto: «E' stato come un pugno nello stomaco, non credevo ai miei occhi. Ho provato un sentimento di rigetto schifato, di orrore, di sfacelo universale, ridicolmente sproporzionato a un così pic- colo evento, di cui pure vedevo l'intenzione affabile. Spiegatemi perché». Tentiamo di calmarla, ricordandole che il cosiddetto toilet humour ha origini antiche e nobili, lo si trova largamente in Plauto, Boccaccio, Shakespeare; e che fu difeso da George Orwell in un saggio mirabile sulle cartoline scurrili (non porno, s'intende). Orwell lo considerava un contrappeso indispensabile al sublime, la voce di Sancio Pancia che deve costantemente riportare Don Chisciotte coi piedi per terra, pena la distruzione dell'equilibrio individuale e sociale. La pernacchia che irrompe nel tronfio eloquio del Primo Presidente. Il Generalissimo che sfila in parata su un cavallo bianco, sì, ma intestinalmente irrispettoso. «Ma dov'è - ci chiede smarrita la pubblicitaria - dov'è oggi Don Chisciotte». Infatti. Il geranio nella tazza è sconvolgente perché annuncia il trionfo finale del toilet humour. Non c'è più contrappeso, non c'è più l'antagonista, il sublime hidalgo non abita più in Europa, né altrove. E la scurrilità sale incontrastata dalle misere locande di Spagna agli alberghi a 5 stelle di Sardegna. Padrona ormai del campo, mira a ingentilirsi, a infiocchettarsi, si permette di attirare nel suo gioco il buon vecchio Ibsen. E raggiunge così il massimo dell'indecenza. «Ma non l'avrai mica avuto tu sola, quel sofisticato omaggio?». «No di certo. Ma gli altri non l'hanno preso sul serio, gli è sembrato uno scherzetto un po' inusuale ma non volgare, e non certo tragico. Un gesto carino verso gli ospiti, dopotutto, una trovata perfino divertente». «Appunto, cara. Appunto». Carlo Frutterò Franco Lucentini Due-tre giorni di sogno in una reggia a 5 stelle Siepi, profumi, palmizi Al ritorno in camera la prima sorpresa: un cartoncino color sabbia, con una banalità attribuita al povero Ibsen. Poi in bagno... Un self-service con ogni bendidio, terrazza sul mare, bolerini griffati, coppie allacciate sotto l'incanto della luna Un trionfo di gamberoni, aragoste e mousse di lamponi nel ristorante del villaggio turistico. Nella foto grande, in alto, cespugli lussureggianti, piscine e zampilli: un incanto da Eden II personale del prestigioso complesso schierato al gran completo. Per la sera le giocose spiritosaggini d'un animatore
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