Prodi 2 ore dal giudice come testimone

Il presidente dell'Iri è stato interrogato dal giudice Di Pietro sui rapporti con i partiti Il presidente dell'Iri è stato interrogato dal giudice Di Pietro sui rapporti con i partiti Prodi, 2 ore dal giudice come testimone In cella Cavazza; finanziamento illecito ai partiti MILANO.Doveva essere una domenica tranquilla, qui a Palazzo di Giustizia, e invece alle 11 ti spunta Romano Prodi, neo presidente Iri, sorridente, rapido, laconico: «Sono qui in qualità di testimone». E poi ti spunta Claudio Cavazza, presidente della Sigma Tau, azienda farmaceutica, che invece arriva in qualità di «arrestando» e difatti ne uscirà arrestato, destinazione San Vittore, per «finanziamento illecito dei partiti». Ti spunta il Giuseppe Parrella ex direttore generale dell'Azienda di Stato dei servizi telefonici, che va confessando tangenti e nequizie miliardarie sulla telefonia e la palude delle frequenze televisive. Apre la giornata Romano Prodi: due ore di interrogatorio. Su cosa? A chi glielo chiede, il professore replica così: «Il testimone è tenuto al 6egreto». Poi aggiunge: «Mi sembra ovvio che chi è stato presidente dell'Iri per sette anni venga sentito in qualità di persona informata sui fatti». Alla procura interessano alcune cose. Primo: Prodi ha retto il colosso industriale pubblico dal 1982 al 1989, quando l'Irì (in attivo di 1200 miliardi) passò a Franco Nobili (ora in carcere). E' tornato alla presidenza lo scorso 16 maggio, chiamato da Ciampi, per cercare di risollevarlo dal baratro dei 4400 miliardi di deficit in cui l'ha fatto precipitare la gestione Nobili. I magistrati potrebbero avergli chiesto di raccontare cosa ha trovato nelle carte dell'ente per approfondire le indagini su Nobili. Il quale Nobili, fino ad ora inquisito per la sua passata presidenza della Cogefar, è appena stato raggiunto da un nuovo ordine di custodia cautelare firmato dalla procura di Salerno, ma resta pur sempre sotto alla lente di Mani Pulite. Secondo. I magistrati potrebbero aver chiesto a Prodi notizie sulle dichiarazioni rese ai giudici da Giuliano Graziosi, 62 anni, ex amministratore delegato della Stet, la holding per le telecomunicazioni dell'Iri, detenuto a San Vitore dal 26 giugno. Graziosi ha verbalizza¬ to: «Sono stato nominato amministratore nel 1984. La nomina mi fu proposta da Prodi e, dopo che accettai, egli mi disse che dovevo ringraziare l'onorevole De Mita». E ancora: «Andai da De Mita. Mi disse che da me si aspettava una buona gestione della Stet, nonché il rispetto della par condicio, con ciò probabilmente intendendo dire che qualora vi fossero state tangenti da parte della società del gruppo Stet, esse dovevano essere equamente divise tra le varie parti politiche». Il versamento di tangenti fu sollecitato (dichiara ancora Graziosi) da un paio di dirigenti delle sue so¬ cietà: 4 miliardi da versare al solito Giuseppe Parrella. Lui ordina «di non pagare», informa di tutto Biagio Agnes e Michele Principe (rispettivamente presidente e ex presidente della Stet), e poi ancora Franco Nobili e Romano Prodi. Dunque due ore di interrogatorio, con un solo lampo, quando dalla porta chiusa dell'ufficio si sente distintamente Di Pietro urlare: «... soldi alla de...». Circostanza che Prodi, all'uscita, ha minimizzato: «E' stata una deposizione tranquilla». Tranquillo, ma con carcere finale, l'interrogatorio di Cavazza, presidente della Sigma Tau, ex presidente della Farmindustria, ricercato da martedì scorso, accusato di aver versato tangenti a Giovanni Marone, ex segretario dell'ex ministro della Sanità Francesco De Lorenzo. Cavazza si è costituito dopo essersi dimesso da tutte le cariche compresa quella di consigliere di amministrazione dell'Editoriale Espresso-Repubblica. Pino Corrias Romano Prodi

Luoghi citati: Milano, Salerno