Figliocci di Andy Warhol è l'ora dello leggenda di Marinella Venegoni
rtoSette Udine, parte stasera la tournée italiana dei Velvet Underground Figliocci di Andy Warhol è l'ora dello leggenda UDINE. Parte stasera da Udine il tour più importante, interessante e inaspettato della stagione rock. E' quello dei Velvet Underground, leggendaria formazione newyorkese degli Anni Sessanta: figliocci di Andy Warhol, profeti dell'imbarbarimento della civiltà metropolitana, intellettuali raffinati e un po' nevrotici, straordinari musicisti, i quattro si sono riuniti a sorpresa dopo 25 anni e da un mese stanno girando l'Europa. Che cosa abbia spinto Lou Reed, John Cale, Moe Tucker e Sterling Morrison a rimettere insieme un sodalizio durato - all'epoca - poco più di tre anni e finito per rivalità fra Lou e Cage ma subito diventato storia, resta un mistero. Al debutto di Edimburgo, loro stessi ci hanno raccontato che è stato per puro divertimento, e che l'avventura è destinata a chiudersi nel giro appunto di questo mese. Tanto più, da vedere (ma non bisogna mai credere fino in fondo a questa gente). A Parigi, durante i concerti all'Olympia, la band ha anche registrato un disco dal vivo, la cui uscita è prevista con la Wea fra settembre e ottobre. Certo, quel po' di soldi in arrivo non guasterà nelle tasche soprattutto di Morrison e della vecchia Moe (il primo un professore che lavora come skipper nel golfo del Messico, la seconda impiegata in una ditta di computer), ma questa riunione sembra piuttosto il risultato di un meccanismo positivo scattato nella testa di vecchi ragazzi cinquantenni: una ricon- ciliazione con se stessi e con la propria storia, un'orgogliosa consapevolezza che quella strada tracciata un quarto di secolo fa sia oggi moderna come allora e forse di più. Il concerto che abbiamo visto al debutto scozzese è quanto di meno revivalistico si possa attendere. Il lavoro del gruppo non ha perso nulla della sobrietà originaria, intessuto com'è con la più antiretorica delle filosofie. Non bisogna dimenticare che all'origine i quattro si erano messi insieme intorno a un progetto più intellettuale che musicale, e Lou stesso negli ultimi anni si è riproposto nel modo più spoglio e affascinante possibile, attraverso i dischi «New York» e «Magic and Loss» dove esplorava le brutture del mondo e il dolore del lutto con risultati freddi e intensissimi. Inevitabile, con un leader così, che la performance prenda la strada secca della musica battente. I quattro snocciolano ritratti al margine della società dell'epoca, quelli che tutti si ostinavano a non vedere e che sono diventati i protagonisti dei nostri giorni: drogati, travestiti, poveri, emarginati immersi in sogni disperati e senza futuro popolano «Venus In Furs», ((After Hours», l'ironicamente funerea ((Ali Tomorrow's Parties», «Some Kinda Love» e molti altri brani cantati ora da Lou, ora da John Cale che reinterpreta soprattutto le parti che furono della musa Nico (loro compagna di strada per breve tempo e morta due anni fa in seguito a una caduta), ora da Moe che rivela una vocina candida dietro l'aspetto di vecchia zia. La musica è l'essenza stessa del rock di oggi, con la ritmica impellente della stessa Moe (dice di ispirarsi all'Africa: il più lontano possibile da questi suoni così metropolitani), con l'intelligente fraseggio di Morrison, e con Cale e Reed che governano, rispettivamente fra basso, tastiera, violino l'uno e chitarra l'altro, un mondo di sentimenti taglienti. Si raccomanda la visione agli spettatori più giovani: ne saranno estasiati, e ritroveranno la fonte di tutto il rock di oggi che piace loro. Marinella Venegoni Queste le date: stasera Udine, 6 Bologna, 7 Milano, 9 Napoli con gli U2. Lou Reed
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