Segni: sono io l'anti-Bossi di Pierluigi Battista

Il leader dei Popolari: elezione diretta del premier, no al fisco insostenibile Il leader dei Popolari: elezione diretta del premier, no al fisco insostenibile Segni: sono io Ponti-Bossi «De isolata, Occhetto deve rompere a sinistra» ROMA. Si presenta come l'«antiBossi», pronto sì a ingaggiare battaglia contro l'oramai «insostenibile» pressione fiscale ma non a venire a patti sullo «smantellamento dell'unità nazionale». Dice a Martinazzoli che «la de risulta isolata» e che lui continuerà «per la propria strada». Al pds propone una ricetta antistatalista per sollecitarlo a rompere del tutto con il «vetero-marxismo». E come ciliegina finale Mario Segni propone l'elezione diretta del premier come terreno di battaglia nel passaggio alla Seconda Repubblica. Lo aspettavano al varco, Mariotto Segni. Dicevano che non poteva pretendere di qualificare i suoi «Popolari per la riforma» soltanto sui temi referendari della legge elettorale. Lo volevano stanare sui temi «sociali» per misurare quanto fosse «conservatore» o quanto sangue di «sinistra» scorresse nelle sue vene. E lui si è diligentemente presentato all'Assemblea programmatica dei «Popolari» per sciogliere l'enigma. Risultato: Segni di federalismo non vuol sentir parlare, «l'unità nazionale è un bene al quale non vogliamo rinunziare», ma vuole diventare il paladino di tutte le vittime dello Stato «pesante» e «centralistico». Un occhio alla crescente esasperazione contro il fisco esoso: «Il livello fiscale attuale va considerato un limite insuperabile». E un accento particolarmente severo sulle degenerazioni dello Stato burocratico, sullo Stato che si vuole sostituire al mercato nella creazione della ricchezza, sull'assurda «inamovibilità dei dipendenti pubblici» che pesa come un macigno sull'efficienza della pubblica amministrazione. «Lo Stato deve essere messo in grado di licenziare i fannulloni», dice Segni suscitando l'applauso più sentito dei «Popolari» che hanno sfidato il caldo atroce e sono convenuti a Bagni di Tivoli per ascoltare il programma del leader. E' un accenno antistatali¬ sta che Segni lancia come sfida al pds per verificare le condizioni per uno schieramento comune «alternativo alla destra di Bossi». Ed è il pds, il convitato di pietra di questa Assemblea: motivo di apprensione e di timori,,, nutriti dall'impressione che dopo i risultati del 20 giugno scorso un legame troppo stretto con il partito di Occhetto possa trasformare Alleanza democratica in una trappola o addirittura in un cartello egemonizzato dalla Quercia. E se si diffonde l'opinione che in Italia si profila uno scontro che vede come contendenti principali Bossi e Occhetto, ecco partire la con¬ troffensiva dei protagonisti del referendum del 18 aprile. «Verificheremo la capacità del pds di tagliare i ponti alla sua sinistra», dice Segni. E ancora: «Non possiamo certo allearci con formazioni estreme» come quelle «di Orlando e di Garavini». E intanto, sembra dire il leader dei «Popolari», vediamo se la Quercia saprà accettare la proposta per l'elezione diretta del premier e la liberazione dell'economia di mercato dalle pastoie dello Stato burocratico. Il guaio è che i timori non cessano di serpeggiare nelle file dei «Popolari». E se Pietro Scoppola e Ermanno Gorrieri portano gli argomenti per collocare il movimento di Segni nel «polo progressista», dall'altra parte crescono i malumori nei confronti di una politica che comunque vede il pds come interlocutore decisi¬ vo del progetto di Alleanza democratica, a cominciare dall'elezione del prossimo sindaco di Roma. «Sono venuto qui per dire a Segni che se pensa all'intesa con il pds, i Popolari del Nord se ne vanno», annuncia Adriano Teso, candidato con esito infelice alla poltrona di sindaco di Milano. «E' stato un errore aver consentito al pds di presentare Rutelli come il candidato ufficiale a sindaco di Roma»: stavolta a parlare è Alberto Michelini, che non dispera in una sua candidatura per la guida della Capitale e che dà voce ai sentimenti anti-occhettiani che circolano nell'Assemblea dicendo che «viviamo con la speranza di una scissione della de e del pds». Per Mario Segni gli esami non finiscono mai. Pierluigi Battista II leader referendario Mario Segni

Luoghi citati: Italia, Milano, Roma, Tivoli