A Mogadiscio è di nuovo battaglia

Forse la Folgore era troppo vicina al covo del generale Il portavoce di Aidid: «Ci spiace per gli italiani, sappiamo che siete bravi, è stato un equivoco» A Mogadiscio è di nuovo battaglia / somali alzano barricate, scontri con ipachistani MOGADISCIO DAL NOSTRO INVIATO Atmosfera esplosiva a Mogadiscio il giorno dopo l'eccidio dei militari italiani: ieri sera colpi di mortaio e raffiche di mitra sono tornati a echeggiare nella capitale somala segnando la ripresa dei combattimenti fra truppe dell'Onu e miliziani somali. Pallottole traccianti e bengala illuminavano il cielo intorno all'incrocio del Quarto chilometro, nella zona controllata dai caschi blu pachistani, mentre altre esplosioni e spari provenivano dalla direzione dell'aeroporto, anch'esso in mani pachistane. In serata non era ancora possibile avere dettagli più precisi sugli eventi. ' Prima del riesplodere dei combattimenti la giornata era trascorsa relativamente calma. Al mattino, nella zona dove sono stati uccisi gli italiani, i miliziani somali hanno fatto festa e istituito blocchi stradali a segnalare che erano tornati padroni del terreno. Nel pomerigio le barricate sono state smantellate. Avvolte nel tricolore le salme dei tre caduti di Italfor - il sottotenente dei Lancieri di Montebello Andrea Millevoi, il sergente maggiore Stefano Paolicchi degli incursori del Col Moschin e il para Pasquale Baccaro - sono state caricate sul C-130 Hercules pilotato dal generale Pomponi, comandante della 46a aerobrigata di Pisa, per il mesto rientro in patria e le solenni onoranze funebri di lunedì. Al breve commo- vente rito di addio sulla piazzola sventagliata dal vento dell'aeroporto militare di Mogadiscio erano presenti il generale Bruno Loi con l'intero stato maggiore dell'Operazione Ibis, l'ammiraglio Jonathan Howe in rappresentanza delle Nazioni Unite ed il generale Cevik Bir, responsabile militare di Unosom. «Sono affranto», ha detto l'alto ufficiale turco. «Vi hanno inferto una pugnalata alle spalle. Non la meritavate». Con un Falcon del 31° stormo sono partiti tre feriti leggeri, il ten. Alessandro Scano ed i caporali maggiori Pasquale Larocca e Massimiliano Zaniolo, accompagnati dal comandante del 187° reggimento della brigata Folgore col. Roberto Martinelli. Migliorano per fortuna le condizioni dei quattro feriti più gravi ricoverati negli ospedali da campo svedese ed americano. Si tratta del sottotenente Gianfranco Paglia e del carabiniere Paolo Usineri della Tuscania, entrambi con i polmoni perforati, del serg. magg. Stefano Ruaro, colpito alle gambe, e del para di leva Francesco Filogamo che ha subito una frattura scomposta alla tibia sinistra. E intanto si ripassa al micro- scopio la terribile sequenza degli scontri armati di venerdì attorno al maledetto incrocio del pastificio. Da parte italiana, lo ha ribadito il portavoce col. Fantini, nulla era stato affidato al caso, anzi la sortita dei due reggimenti era stata pianificata con cura particolare nonostante fosse stata collaudata a dovere nelle pre¬ cedenti missioni di rastrellamento. Ancora oggi, a 24 ore di distanza, risulta difficile appurare esattamente dove, come e quando siano cominciati i guai. Di certo a dare il via ai disordini sono state le ripetute sassaiole che avevano bersagliato i soldati al posto di blocco «Pasta», appurata pure la paziente opera di mediazione subito avviata dal generale Loi con la gente del posto sulla falsariga fin qui adottata: prima si tratta e poi eventualmente si spara. Nella successiva fase del disimpegno dei distaccamenti Alfa e Bravo, con il primo diretto al Porto Vecchio in città mentre il secondo doveva puntare a Nord verso l'accampamento di Balad, lo schieramento italiano è caduto nella classica imboscata che un ufficiale definisce «uno splendido esempio di guerriglia studiata a tavolino». E' successo che quando il 185° battaglione riusciva a superare indenne il check point «Ferro» i commilitoni del 183° sono piombati sotto il tiro incrociato dei cecchini appostati a destra ed a sinistra dello sbarramento «Pasta». Siamo in grado di confermare che i somali avevano ricevuto nel frattempo i rinforzi in mortai, lanciarazzi e mitragliatrici pesanti fatti affluire dal chilometro 4, la roccaforte degli uomini del generale Farah Aidid sotto il naso del contingente pachistano. Ma perché la reazione così furibonda? Fra le ipotesi più accreditate circola quella che gli italiani si stessero avvicinando pericolosamente al luogo in cui si nascondeva il generale fuggiasco. Che tuttavia sembra voler tendere la mano e riawiare il dialogo incrinato con il contingente italiano. Gli emissari di Aidid hanno già stabilito un contatto con il generale Loi, fra giorni lo dovrebbe incontrare a Villa Italia, la sede dell'ambasciata. An- che lo schieramento dell'Alleanza nazionale somala fornisce la sua ricostruzione degli avvenimenti per bocca di Hassan Avvale, il braccio destro del generale incaricato dei rapporti internazionali. Ieri si era incontrato con Mohamed Ligligato, ex presidente dell'Assemblea nazionale, grande amico degli italiani. Una riunione a quanto pare burrascosa che ha trovato i notabili del clan Haber Ghidir divisi sulla linea da seguire: buttare a mare senza troppe cerimonie il generale assieme ai suoi seguaci oltranzisti oppure saltare il fosso e tentare l'accordo pacificatore con i plenipotenziari dell'Onu. Sarebbe prevalso il solito compromesso alla somala, se ne riparlerà ossia nei prossimi giorni. Secondo Avvale, ecco il fatto nuovo, la colpa della sparatoria non andrebbe addossata al contingente italiano perché «quando sono arrivati i vostri soldati, la gente del quartiere si è spaventata ed i notabili hanno chiesto al generale Loi i motivi dell'operazione. Ci ha risposto che stava eseguendo gli ordini impartiti dal quartier generale di Unosom. Gli abbiamo chiesto di ritirare le truppe e lui ha risposto che poteva ripiegare solo in cambio di 100 fucili che sapeva nascosti da qualche parte. Poi la tensione è esplosa, la polizia somala ha cominciato a sparare ed il sangue ha cominciato a scorrere a fiumi». Piero de Garzarolli Un ufficiale «Imboscata da manuale» Forse la Folgore era troppo vicina al covo del generale Carristi del reggimento Lancieri di Montebello portano a spalle il feretro di Andrea Millevoi a Ciampino

Luoghi citati: Ciampino, Italia, Mogadiscio, Tuscania