Anche la sinistra ci sta di M. G.

Anche la sinistra ci sta Anche la sinistra ci sta Barbera (pds): ma riparliamone nella prossima legislatura ROMA. On. Barbera, lei che è un «eretico» presidenzialista del pds, può spiegare perché a sinistra c'è tanta paura del presidenzialismo? «Veramente, io non sono presidenzialista. Dico solo che se la legge elettorale non riuscirà a mettere in condizione gli elettori di scegliersi i governi crescerà la spinta verso il presidenzialismo». E la sinistra, che è appena uscita vincitrice dal primo giro di elezione diretta dei sindaci, perché rifiuta di scegliere con lo stesso sistema il capo del governo? «Un momento, guardi, al capo del governo ci arriviamo, e magari scopriamo pure che la sinistra non è più tanto contraria. Ma prima, se mi consente, vorrei fare un passo indietro». Faccia pure. «Le riserve della sinistra sul presidenzialismo sono scritte nella sua storia. Una storia fatta di assemblee, dalla Convenzione giacobina ai Soviet. Perfino la sinistra francese, con Mitterrand, fu contro le istituzioni della V Re¬ pubblica & contro l'elezione diretta del presidente grazie alla quale poi Mitterrand fu eletto». Ed è per questo che quando Craxi cercò di riproporre il presidenzialismo il pei gli si rivoltò contro? «In quel caso c'era qualcosa di più. Si capiva che dentro la proposta di Craxi c'era un prenderelasciare che riguardava la sua candidatura. E poi Craxi adoperava quella proposta per bloccare tutte le altre riforme, a cominciare da quella elettorale». Così il pei disse no. E il pds oggi fa fatica a cambiare idea. «Non è così. Il pei dopo un po', diciamo nel 1988, fece una contropoposta: elezione diretta del premier insieme con il Parlamento». Ma in che senso si trattava di una controproposta? «Vede, di presidenzialismi, per così dire, ce ne sono due. Uno di tradizione bonapartista, con il presidente in contrapposizione al Parlamento. E' l'esperienza di Weimar, finita purtroppo come si sa, e oggi della Polonia di Walesa. L'altro tipo, appunto, è l'elezione diretta del premier, che prevede che la stessa maggioranza, che si forma nel Paese e in Parlamento con il sistema maggioritario a doppio turno, si esprima poi nella scelta del presidente del Consiglio». Va da sé che Craxi era per il modello che lei definisce «bonapartista», e voi per l'altro. Ma ora che Craxi non c'è più, qual è la difficoltà? «Potrei risponderle che in un Paese che ha avuto venti anni di fascismo il «complesso del tiranno» è duro a morire. Potrei aggiungere che questi timori s'intrecciano con l'esperienza dello stalinismo e con gli esempi peggiori del socialismo reale, e la sinistra finché non avrà superato le sue paure..». On. Barbera, ma il pei ha fatto lo «strappo» dodici anni fa; e il pds, fondato sul rifiuto del comunismo, diventa ogni giorno più filoamericano. Non sarà che resiste sul presidenzialismo perché non ha un candidato pronto da mettere in corsa? «Non credo. Come dimostra Castellani, di cui nessuno parlava fino a due mesi fa, la sinistra, quando vuole correre, sa pure come trovare un candidato. Piut tosto, il pds aspetta di vedere co me finirà la riforma elettorale. E se la legge non sarà in grado di far scegliere maggioranze e go verni ai cittadini, dovrà tornare a riflettere sull'elezione diretta del premier. Così, dico a Segni: troppa (retta. Riparliamone nella prossima legislatura», [m. g.]

Luoghi citati: Polonia, Roma, Weimar