Venturiello un mattatore nella casbah dura di Koltès di Osvaldo Guerrieri

Ad Asti Teatro anche Ida Di Benedetto in «Hot Line» di Longoni Ad Asti Teatro anche Ida Di Benedetto in «Hot Line» di Longoni Venturiello, un mattatore nella casbah dura di Koitès ASTI DAL NOSTRO INVIATO Una sola frase di quaranta pagine. E' stato definito così «La notte poco prima della foresta», il monologo angelicamente disperato che Bernard-Marie Koitès scrisse nel '77 e che ora, tradotto da Giandonato Crico, è approdato ad Asti Teatro con la regia di Giampiero Solari e l'interpretazione di Massimo Venturiello. Dunque: una frase interminabile, una partitura senza soste, ritmata dalla pioggia che cade inesorabile su un angolo metropolitano. Nella visione di Koitès, questa porzione di città è una casbah occidentale popolata di vecchie, mendicanti, prostitute, teppistelli; è un angolo di mondo perduto, ci senti «lo schifo di odori, lo schifo di rumori», mentre desideri litri di birra e una stanza da prendere in affitto. E' un luogo di immigrati. Qui trovi gli «stranieri» di Koitès, ragazzi pasoliniani che cercano un aggancio. Non necessariamente sessuale. Uno di questi ha diviso la città in zone: la zona del lavoro, la zona per le moto, la zona delle donne, la zona dei froci. Nel suo delirio di solitario senza radici, senza neppure una stanza, vorrebbe promulgare un manifesto per il Sindacato Internazionale; esprime con sdegno la sua nonviolenza, che si scontra con la sopraffazione teppista di metropolitane agghiaccianti; insegue una visione femminile che ha le fattezze di una donna d'acqua, osservata lungo il corso di un fiume. Forse ha rubato la suggestione a Dostoevskij. Parla di puttane e di macrò quasi con ritegno: capisce quel che può essere la vita. E lui. quella notte, abbordando un ignaro ragazzo, ripetendo che la stanza la troverà, vorrebbe smetterla di far lo straniero: «Fermiamoci una buona volta. Voglio gridare... Più mi prendono a calci in culo, più sono straniero». Delirio bellissimo, colmo di eleganze visionarie che fanno pensare a Genet e persino a Giraudoux, «La notte poco prima della foresta» è la preghiera di uno spostato. Giampiero Solari l'ha incapsulato in un cantiere edile che si specchia in una pozza d'acqua. Pareti di lamiera ondulata, travi che s'incrociano, torce elettriche appese ai chiodi fanno da contenitore a quella creatura che indossa una ridicola giacca azzurro-cielo a cui Massimo Venturiello dà uno spessore, una delicatezza, un'irruenza nevrotica ammirevoli. E' assolutamente straordinario. Oltre che con la voce, adagiata su cadenze meridionali (è straniero, no?), recita con il corpo, con le mani che tormentano le falde della giacchetta, persino con i capelli. Non tutte le solitudini sono uguali. «Hot Line» di Angelo Longoni ci porta in un altro inferno, nella tragedia dell'eros nascosto, affidato all'ascolto telefonico di una sconosciuta, le cui parole possono rilanciare il gioco dell'eccita- zione. Questa donna ascolta e parla per mestiere. Si è separata dal marito, ha un figlio, deve guadagnare. In certi casi, un lavoro vale l'altro. Eccola trasformarsi perciò nel terminale di tante devianze. Con lei parlano repressi, masochisti, incestuosi. E lei eccita tutti, con professionalità. C'è anche un sadico pederasta,. implacabile e spietato, responsabile del drammatico finale. Il testo di Longoni non ci ha affascinati. Dominato da preoccupazioni letterarie, non ha saputo superare la crudezza delle situazioni, rimanendo un campionario erotico un po' moralistico. Che farne? Forse la regia di Richi Ferrerò ha tentato l'unica via possibile, ha privato la situazione di ogni realismo, l'ha ghiacciata in una inondazione di buio (il buio telefonico) che ha scolpito con la luce, trasformando Ida Di Benedetto, che di «Hot Line» è l'officiante carnale e dolente, in una scaglia mutevole di umanità. Osvaldo Guerrieri Massimo Venturiello bravissimo interprete di "La notte poco prima della foresta» monologo di Koitès scritto nel 1977

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