Guerra delle banane, un continente in ginocchio
Guerra delle banane, un continente in ginocchio SUD AMERICA Panama e Venezuela accusano l'Europa: norme per favorire le ex colonie africane. E i prezzi salgono Guerra delle banane, un continente in ginocchio «Seicentomila alla fame per le nuove barriere doganali della Cee» SAN PAOLO NOSTRO SERVIZIO «In questo continente abbiamo già visto guerre di guerriglia, guerre per la terra, guerre dei contras e persino una guerra del football, quella tra Salvador e Honduras nel 1969. Ma da! punto di vista economico, la guerra delle banane potrebbe essere la peggiore». Lo sfogo è di un diplomatico centro-americano che preferisce restare anonimo, e rende bene l'idea del modo in cui i governi interessati hanno reagito all'annuncio delle nuove, pesantissime barriere doganali della Cee contro le banane latino americane. Il provvedimento entra in vigore oggi, e se non sarà modificato nei prossimi mesi, avrà come risultato la mancata importazione di oltre 600 milioni di tonnellate di frutta l'anno. Dall'altro lato dell'oceano, le conseguenze si annunciano addirittura catastrofiche: almeno 180 mila licenziamenti (che equivale a lasciare altrettante famiglie - almeno 600 mila persone - senza mezzi di sussistenza), ed una perdita economica valutata in oltre 1500 miliardi di lire nei prossimi tre anni. I Dodici hanno stabilito un tetto massimo di importazioni dal Sud America pari a due milioni di tonnellate di banane l'anno, su cui graverà un'aliquota del 20%. Superata questa quota, ulteriori partite sarebbero tassate del 170%, rendendone di fatto impossibile la commercializzazione. Una misura che non ha alcuna giustificazione economica (le banane latino americane sono le migliori e più a buon mercato del mondo) e che, come ha sottolineato due setimane fa l'Organizzazione dei consumatori europei (Beuc), si tradurrà in un aumento del prezzo finale di questa frutta tropicale sugli scaffali dei supermercati. La Germania, maggior mercato eu¬ ropeo delle banane (i tedeschi ne mangiano 16 chili a testa l'anno, un record), si è quindi opposta sino alla fine all'adozione delle quote di importazione, ma è stata messa in minoranza da un compatto «cartello» guidato, secondo valutazioni diplomatiche latino americane, da Gran Bretagna e Francia, e composto da Spagna, Portogallo e Italia. Il principale interesse comune di questi Paesi sembra quello di garantire l'applicazione della Convenzione di Lomè, che prevede varie agevolazioni per le importazioni provenienti dalle rispettive ex colonie. In futuro, quindi, una parte crescente delle banane «made in Panama» o «made in Venezuela» dovrebbe essere sostituita sulle bancarelle dei mercati da quelle, più piccole e care, provenienti dalla Jamaica, dalla Martinica o dalla Costa d'Avorio. Una classica guerra dei poveri, insomma, che rischia di mettere in ginoc¬ chio le diverse «Repubbliche delle banane» la cui economia si basa in gran parte proprio su questa monocultura: tutti i Paesi dell'America Centrale, a cominciare da Costa Rea e Honduras, ma anche, l'Ecuador, che vive di petrolio e di frutta (è il maggior produttore mondiale di banane: 2,5 milioni di tonnellate l'anno). Una situazione tanto preoccupante, quest'ultima, da far usare toni da barricata anche ad un politico ultramoderato come il presidente Sixto Duran Ballen: «La decisione della Cee - ha dichiarato - è una vera e propria violazione dei diritti dell'uomo, che mette in pericolo la vita e l'onore dei nostri popoli e nega loro il diritto alla sopravvivenza». L'ultima speranza dei Paesi produttori è ora una decisione del Gatt che obblighi la Comunità europea a tornare, almeno parzialmente, sui propri passi. - Gianluca Bevilacqua
Persone citate: Gatt, Gianluca Bevilacqua, Sixto Duran Ballen
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