Torino la Lega blocca il Consiglio

Farassino convoca gli eletti al Municipio il 2 agosto, il primo cittadino non può lavorare Farassino convoca gli eletti al Municipio il 2 agosto, il primo cittadino non può lavorare Torino, la Lega blocca il Consiglio La maggioranza protesta: è un golpe TORINO. E' guerra tra ministero dell'Interno e Lega Nord piemontese. A combatterla il colonnello di Bossi, Gipo Farassino, e il rappresentante torinese di Mancino, il prefetto Carlo Lessona. Martedì Lessona ha diffidato il consigliere leghista a convocare il Consiglio comunale per il 9 luglio, alle 16. Per adempiere all'ordine Farassino ha tempo fino alla mezzanotte di oggi. In caso contrario sarà sollevato dall'incarico. L'interessato ribatte: «Ho fatto il mio dovere, la riunione è fissata per il 2 agosto». E il suo ufficio legale minaccia nuove azioni in caso di «interferenze non legittime». Torino, unica città in Italia, ha un sindaco «dimezzato»: solo la convalida del Consiglio comunale e il successivo giuramento possono dare a Valentino Castellani i poteri dell'ufficiale di governo. Oggi Castellani è capo dell'amministrazione, ma alcune deleghe restano in mano al commissario governativo Malpica, inviato sotto la Mole dopo l'autoaffondamento del Consiglio e ora coinvolto nella vicenda dei fondi neri del Sisde. Per uscire dall'impasse è quindi indispensabile che il consigliere anziano fissi la prima assemblea. L'incarico spetta a Farassino, non perché sia il più vecchio d'età, ma perché «anziano» è il candidato che ha ottenuto il maggior numero di preferenze nella lista più votata: a Torino la Lega Nord. Entro quanti giorni deve provvedere? La nuova legge elettorale ha cancellato il vecchio termine (10 giorni) senza fissarne uno nuovo. Né le circolari emesse dal ministero dell'Interno aiutano a far chiarezza: la prima riunione deve avvenire «entro pochi giorni» dice quella inviata il 10 giugno. «... nel più breve tempo possibile» precisa, si fa per dire, quella del 10 giugno. Fino a martedì Farassino è rimasto in surplace: «Non convoco un bel nulla. Attendo la sentenza del Tar sul nostro ricorso». Al tribunale amministrativo la Lega si è appellata sostenendo che l'esito del primo turno elettorale (6 giugno) è stato falsato da «brogli colossali». A tutto danno del candidato di Bossi, Domenico Cornino, che mancò la qualificazione allo spareggio del 20 giugno per 4500 voti (su 600 mila). Ma i giudici, senza riunirsi prima del ballottaggio, hanno fissato l'udienza al 31 luglio. I colpi di scena a inizio settimana. Dopo un incontro con Mancino, il prefetto ha deciso di affrettare i tempi, e martedì ha inviato la diffida a Farassino. Il quale, terminato il corteo leghista di lunedì sera, è finito con Bossi in una pizzeria del centro. Insieme hanno scelto di mutare strategia. E di lì a poche ore, prima di ricevere la notifica prefettizia, il consigliere anziano ha bussato alla porta del segretario comunale Incandela: «Ho deciso, l'assemblea si riunirà il 2 agosto, alle 17». Chi ha ragione? Il prefetto che, ritenuto inadempiente il consigliere anziano, si sente legittimato a sostituirlo? O Farassino che ribatte: «La convocazione spetta a me e io l'ho fatta. Nei tempi che mi sembrano più giusti per tutelare l'interesse della città. Se il Tar accogliesse il nostro ricorso cosa accadrebbe delle delibere votate nel frattempo?». i In attesa di una soluzione giuridica, il «caso Torino» esplode oltre i confini della città. La «Voce repubblicana» sostiene che la decisione di Farassino è «un pessimo segno di insensibilità istituzionale», mentre Bossi sostiene a spada tratta il suo proconsole: «E' un galantuomo che vuole chiarezza». Alla Lega giunge il sostegno di Diego Novelli che in una interrogazione ricorda come «nessun organo centrale di governo o emanazione periferica di esso può sostituirsi al legittimo responsabile di un atto di legge». A Palazzo civico tira aria di burrasca. Le liste che sostengono Castellani (pds, verdi e Alleanza per Torino) parlano di «golpe leghista». Potrebbero decidere di autoconvocarsi nella Sala del Consiglio, chiedendo l'appoggio delle forze di opposizione «contro un vero e proprio golpe». Ma de e rifondazione, con la Lega i più forti partiti di minoranza, non sembrano intenzionati a seguirli nella protesta. Giampiero Pavido A sinistra il neosindaco di Torino Valentino Castellani Qui accanto il leghista Gipo Farassino

Luoghi citati: Italia, Torino