ITALIA NERA di Angela Bianchini

ITALIA NERA ITALIA NERA Misteri, delitti e intrighi Tangentopoli nasce dal gotico ITALIA è tornata a essere se stessa, ha ritrovato la tradizione antica, quanto meno rinascimentale, della fine Italian hand l'abile mano italiana: essa risale, com'è noto, al «fine giustifica i mezzi», di Machiavelli, e ai Borgia, una famiglia spagnola che soltanto in Italia, però, riuscì a esprimere il meglio di sé. Misteriosi delitti, macabri ritrovamenti, atrocità, aggressioni, potenti veleni oggi aggiornati in ottimi caffè, baci e accolade che preannunciano la morte, persecuzioni, cunicoli, documenti spariti, sono, da sempre, appannaggio e prerogativa italiana. «Porca Italia» si è lasciato sfuggire sgomento il dignitoso Pais. E ne aveva ben donde. Ad onta di qualsiasi ragionevole previsione economica o morale o politica, l'Italia ha giocato tutti, ancora una volta, e, da reietta, abbandonata, ignorata, relegata alle ultime pagine dei giornali di tutto il mondo, è diventata terra benedetta da Dio. Tutto è sembrato accidentale, o meglio opera di poche persone oneste che, lavorando di notte e di giorno, compulsando carte e schedari, recuperando da prigioni e nascondigli personaggi sopravvissuti a decenni di fughe e spostamenti, hanno creduto, nella loro commovente ingenuità, di scoprire quei «segreti peccati» e quelle «storie inedite» che, come diceva Horace Walpole nel suo melodramma gotico La madre misteriosa, «l'arte non può rielaborare né la penitenza cancellare». E' bene lasciarglielo credere e che lo creda anche la gente o la piazza, come si dice adesso, oppure la plebe, come era definita un tempo. Infatti, per chiunque si occupi delle vicende italiane, gran parte del brivido e del piacevole senso dell'orrore nasce da sempre dal sognare atroci vendette sulle forze del Male. Rimane il fatto che, in un giorno ventoso di marzo, proprio quando la situazione economica e morale dell'Italia si trovava nel suo momento più buio, sulla scena è comparso o, meglio, ricomparso, il Protagonista, il Cattivo, il Perfido. Per dire la verità, c'era sempre stato, lo conoscevano tutti, ma se n'erano dimenticati. Sempre un po' gobbetto, era diventato curvilineo, le orecchie a ventola si erano di molto abbassate e appuntite e cambiata, soprattutto, l'espressione. Da quel giorno, fu sempre visto a occhi chiusi o semichiusi, con labbra divenute una feritoia che, col passare dei giorni, perfino quando era intento a recitare un mea culpa, prendevano, a sentire i testimoni, un ghigno diabolico. Da allora, la moda dell'Italia, come avrebbe detto Barthes, è tornata di moda. Ed è tornato di moda soprattutto lui. Un tempo, per vedere quella singolare figura di uomo, dalle «spalle ricurve e l'incarnato olivastro», dallo «sguardo che, come usciva dal mantello avvolto tutto attorno alla parte inferiore del volto, pareva esprimere non comune ferocia», i turisti, particolarmente inglesi, sostavano a lungo davanti a vetusti conventi, nei dintorni di Napoli... Era l'Italiano, per antonomasia. «Un assassino». «Un assassino! - esclamò uno degli inglesi -. Un assassino e in libertà?! - «Un gentiluomo italiano, che era della partita, sorrise allo stupore dell'amico. «- Ha cercato qui asilo, - rispose il frate -; entro queste mura non può essere raggiunto. «- Allora i vostri altari proteggono quel delinquente!? - commentò l'inglese. «- Be', amico mio, - osservò l'italiano - se non dovessimo concedere clemenza alcuna a si¬ mdsrnngdtlodmiri o n e o ò mili sciagurati, tale è il numero dei delitti che le nostre città resterebbero quasi spopolate -». Siamo all'inizio del capolavoro di Ann Radcliffe, il Confessionale dei Penitenti Neri o l'Italiano, che, scritto nel 1797, e seguito da innumerevoli romanzi della stessa Radcliffe, tanto contribuì alla voga dell'Italia come luogo deputato dei romanzi neri o del terrore. Ebbene, a distanza di due secoli, l'Italia, caso veramente singolare, non ha perduto il suo fascino. Ancora oggi, «spiriti alteri e disordinati», «strumenti satanici di sventure molteplici» operano, all'ombra di confessionali o di potenti organizzazioni religiose, tutte collegate in qualche modo ai Gesuiti e all'Inquisizione, a conculcare, se non proprio gli Ebrei (si veda, a questo proposito, l'Ebreo errante di Eugène Sue, 1844) certamente la classe operaia e, in generale, il popolo italiano oppresso. Ancora oggi a Roma si ordiscono i complotti e gemono «i torchi ove si stampano certi fogliacci infernali ne' quali s'attizza il popolo romano a perfidiosissime azioni» (a questo proposito, si veda invece di padre Antonio Bresciani, L'Ebreo di Verona, 1850). Per il turista, l'Italia di oggi è tutta un déjà vu o meglio un déjà lu. Per esempio il castello di Otranto, dove Korace Walpole, prima ancora della Radcliffe, (cf. Il castello di Otranto, 1764), facendo piombare nel cortile un enorme elmo dalle piume ondeggianti, sperimentò il brivido da soprannaturale. E poi, quell'altro luogo ferocissimo, che oggi, a quanto pare, serve da palazzo di Giustizia, Castel Capuano di Napoli, proprio lì dove il nostro Francesco Domenico Guerrazzi, per risvegliare il sentimento patriottico dei suoi concittadini, nel 1827, piazzò un'altra storia di tradimenti e assassini: «La calda immaginazione dell'osservatore può vedere avvolgersi per quelle rovine lo spettro di Guglielmo il malvagio condannato a visitare la casa da lui eretta, abitata da stirpe non sua, e non può sentire il singulto dell'ira o della coscienza, ch'ei manda nella disperazione dell'anima» (vedasi La battaglia di Benevento. Storia del secolo XIII). Romanzescamente parlando, l'Italia è una e nazione. Da almeno due secoli. Dei sotterranei di Palermo, quelli usati dalla Mafia, già si parlava nella Sicilian Romance, Romanzo Siciliano della Radcliffe del 1790 e addirittura una mappa ne fu offerta nei Beati Paoli di Luigi Natoli, uscito in appendice nel 1910, che tratta appunto dell'origine della Mafia. Non sarebbe stato male consultarli. All'altro capo d'Italia, non lontano dalle gloriose rive dell'Adda, sotto il Resegone di carducciana memoria, c'è tutta una popolazione che parla una lingua, per economia, suppongo, mai risciacquata in Arno. Nella sua autenticità un po' contorta, rassomiglia molto a quella usata, nel 1827, da Giovan Battista Bazzoni nel primo romanzo storico, Il castello di Trezzo che, cerne si sa, era allora «luogo di offesa, di prigionia, di delitti, di amori contesi e vietati». E anche i cani, compagni di questi pittoreschi protagonisti italiani di oggi e che, a volte, forse per distrazione, sono incoraggiati a azzannare i loro avversari, sembrano discendere direttamente dai tanti esemplari allevati a Milano, da Bernabò Visconti (si veda, a questo proposito, Carlo Tenca, La Ca' dei cani, 1840). Sempre fedele a se stessa, l'Italia attende ora la sua grande stagione turistica, fiduciosa che, con il Vendicatore, con il Raddrizzatore dei Torti venga anche lo scioglimento del nodo romanzesco. Ma, in certo senso, il più tardi possibile. mJfistHfp Angela Bianchini