DONNE SOLE CERCANO IL TEMPO DELLA FESTA
DONNE SOLE CERCANO IL TEMPO DELLA FESTA DONNE SOLE CERCANO IL TEMPO DELLA FESTA QUINDICI racconti di elegante compostezza e nitore stilistico, storie di donne sole, di coppie, tracce minime di eventi quotidiani rivissute nel confronto tra presente e passato. Il titolo è quello dell'ultimo, La sera della festa, dove una donna guarda una foto di lei bambina, vestita da antica damina ad una festa in maschera, e rivive le infelicità e le tristezze di allora. L'autrice è Donatella Contini, romana di nascita, toscana di formazione, al suo primo libro di racconti con Del colore del rio della Piata (Vallecchi, 1991), dopo il precocissimo esordio, appena quindicenne, nel 1942 su II Selvaggio sotto gli auspici di Anna Banti. Protagonista invisibile di questi brevi racconti è il tempo, spezzato in prospettive appa¬ rentemente separate e coincidenti nel profondo, dagli incantesimi ambigui dell'infanzia agli specchi opachi della vita adulta. Con un linguaggio scarno e levigato, di assoluta precisione nell'impiego dell'aggettivo, la Contini narra eventi minimi, quotidiani, di esistenze alla deriva, relitti di un naufragio. La leggerezza di una donna, sposa e madre, che attira gli uomini e si espone ai fuochi della vita finché viene espulsa dalla famiglia {Farfalle), la passione per la pittura di una signora distinta, ormai nonna, che scopre nell'arte la sua vera vocazione e la coltiva sino alla morte, nonostante l'opposizione dei familiari (Senza vie d'uscita), il contrasto tra il mondo attraente e misterioso dell'infanzia, rappresentato dal padre e dal giardino di Violetta, e quello concreto e solido della maturità, incarnato dalla madre (La panchina sparita). Ci sembrano questi gli esiti più felici della sua scrittura, che evita i facili effetti per privilegiare la tecnica della reticenza nell'osservazione della realtà. Come rileva con finezza Marino Biondi nell'introduzione, che è un appassionato e puntuale microsaggio, il senso di questi racconti «non è nella decifrazione di un segreto, ma nella ricerca di una forma per pronunciarlo, pur lasciandolo intatto». L'ambiguità, giocata su una serie di sfumature, sottigliezze, allusioni e sospensioni, regola il comportamento de L'infermiera, che accudisce un'anziana signorina e non svela, neppure al lettore, se è un'amorevole vecchina o un diabolico mostro, una «guardiana della morte, messa lì per decidere del suo destino», come appare alla malata negli incubi provocati dai sedativi. Perfetta come un orologio è la struttura di Niente, un caso di nichilismo casalingo risolto in una sospensione finale. Lucrezia, assediata dalle incombenze quotidiane, è una donna che non riesce a scrivere per i piccoli contrattempi domestici o perché non ha «niente da dire»?
Persone citate: Anna Banti, Contini, Donatella Contini, Donne
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