«Guttuso continuerà con me»

La Cassazione ha dato ragione a Fabio Carapezza nella contesa sul patrimonio La Cassazione ha dato ragione a Fabio Carapezza nella contesa sul patrimonio «Guttuso continuerà con me» IIfiglio adottivo: così userò la sua eredità LA GUERRA DEI 6 ANNI PER UN TESORO E W PALERMO UN'ottima eredità, ma ha obblighi morali che ne impegnano, anche economicamente, una parte». Sono le prime parole di Fabio Carapezza, figlio adottivo di Renato Guttuso. Ha vinto la «guerra» con Giampiero Dotti, nipote del grande pittore: la Cassazione ha respinto il ricorso di Dotti che chiedeva la nullità dell'adozione. Il figlio di Gultuso ha appreso la notizia a Palermo, in casa della madre Ginevra. I giudici della prima sezione civile della Corte Suprema, sancendo che il patrimonio è legittimamente di Carapezza, hanno bocciato la pretesa di Giampiero Dotti, nipote di Mimise che fu moglie del grande pittore di Bagheria e che morì il 5 ottobre del 1986, poco prima di lui, del suo stesso male, il cancro. Il maestro decedette il 18 gennaio 1987. Carapezza, quarantenne funzionario del ministero dell'Interno, figlio dello scienziato Marcello, pro-rettore dell'Università di Palermo, fin dall'infanzia fu vicino al pittore, che era amico del padre. Quattro giorni prima di spirare, nel cinquecentesco Palazzo del Grillo, che aveva acquistato a Roma, Guttuso cambiò il testamento. Non più tutto alla Fondazione «Renato e Mimise Guttuso» che avevano costituito a Varese nell'ottobre del 1985, ma revocando «ogni mia precedente disposizione» aveva dettato il maestro al notaio, «desidero che la mia successione venga regolata per legge». «Per legge» significava che l'eredità dell'ingente patrimonio, secondo alcuni non inferiore a 200 miliardi, dovesse andare al figlio adottivo, appunto Fabio Carapezza. La pronuncia della Cassazione adesso ha definitivamente messo fuorigioco anche ogni altra even- tuale pretesa, a cominciare da quelle avanzate dall'ex contessa Marta Marzotto, che fu per anni legata a Guttuso. Un rapporto che la moglie Mimise finì per perdonare, ma che non tollerò mai, preferendo sospettare che in realtà fosse inesistente e tutto fosse colpa delle maldicenze. Marta Marzotto conserva tuttavia parecchi quadri di Guttuso, per molti dei quali aveva posato anche nuda e quasi sempre di spalle. Il più significativo è «La notte di Gibellina» del 1970. Per Carapezza «la sentenza non è stata una sorpresa. Arriva dopo due decisioni della magistratura che andavano nella stessa direzione». Ha aggiunto: «Mimise ha intentato un'azione temeraria: attivare un meccanismo giudiziario pur sapendo di avere torto. Dopo essere stata esclusa dall'asse ereditario cercò di ricattarmi chiedendomi alcune proprietà. Poi ha dato il via a questa banale questione ereditaria, che ha disperso energie e denaro». E adesso, doppo il trionfo? Carapezza risponde: «Mi dedicherò, con tutto l'impegno possibile, al rispetto delle volontà morali del pittore. Portare il cognome di Guttuso mi consente di svolgere più facilmente quella funzione di continuità della sua opera che lui avrebbe voluto». D'altronde Guttuso prima di morire volle accanto solo pochissimi fidati amici e Fabio. In pratica fece mettere alla porta Marta Marzotto che sostenne invece di essere stata estromessa «ad arte» proprio da Fabio Carapezza, geloso e timoroso della sua concorrenza nel cuore del maestro. Il giudizio ideila Cassazione sembra tagliar corto anche su eventuali aspirazioni di un presunto figlio illegittimo di Guttuso, Antonello Cuzzaniti che, nel corso delle pratiche per il riconoscimento della paternità, nel settembre scorso, all'improvviso sospese ogni azione. Per Fabio Carapezza è un momento propizio. Giovedì scorso, a Palermo, i giudici della prima sezione del tribunale civile, su sua istanza, hanno ordinato il sequestro cautelativo delle 100 tele che, sentendo prossima la morte, Guttuso aveva cominciato a cedere al comune di Bagheria già nel 1984. Voleva fossero esposte nella pinacoteca di Villa Cattolica, una delle più belle residenze siciliane del Settecento che è comunale. L'iter della donazione, però, non è stato perfezionato a causa delle perplessità di Carapezza, alimentate dalle pessime condizioni della villa: umidità, infiltrazioni di acqua piovana dai tetti, nell'aria i residui prodotti da una fabbrica di calce in attività a pochi metri dall'edificio con i quadri e dal sepolcro, con i resti di Guttuso, realizzato da Giacomo Manzù in marmo azzurro. In attesa di pronunciarsi definitivamente, i giudici hanno affidato le opere alla Soprintendenza regionale ai Beni culturali perché le trasferisca in una sede «più sicura». Anche in forza di una perizia da loro affidata all'esperta di storia dell'arte Lidia Rizzotto, i magistrati hanno rivelato che «il Comune non ha saputo amministrare tale patrimonio». Questa tesi costituisce da tempo l'asse portante dell'iniziativa di Fabio Carapezza in aperto dissenso con il Comitato scientifico nominato a Bagheria secondo i cui membri, invece, si starebbe esagerando perché, in realtà, Villa Cattolica sarebbe una sede più che degna. Antonio Ravidà «Adesso rispetterò le volontà morali del pittore» Nella foto grande una tela di Guttuso: il pittore (in alto) usò come modella Marta Marzotto. In alto a destra Fabio Carapezza Da sinistra Antonello Cuzzaniti e la contessa Marta Marzotto

Luoghi citati: Bagheria, Gibellina, Ginevra, Palermo, Roma, Varese