Craxi: «Colleghi malavitosi» di Francesco GrignettiClaudio Martelli

Craxi: «Colleghi malavitosi» Craxi: «Colleghi malavitosi» Ma la giunta dice sì a sei autorizzazioni AUTODIFESA AL CURAHO LROMA A Camera si avvia a dare nuove autorizzazioni a procedere contro Bettino Craxi e l'ex segretario socialista si scatena. Contro i magistrati milanesi, che gli rispondono per le rime. E contro i suoi colleghi parlamentari, non meglio identificati, accusati di «frequentazioni malavitose». Una giornata intera dedicata a Craxi, quella di ieri. In mattinata viene ascoltato dalla Giunta per le autorizzazioni. Nel pomeriggio il voto. Ed è la Caporetto dell'ex leader socialista. I commissari votano quattro «sì» alle indagini, due «sì» alla perquisizione. Non ravvisano alcuna persecuzione nei suoi confronti. Ma Craxi non sembra rassegnato. Anzi, si dimostra più combattivo che mai. Parlando in Giunta, e poi con i giornalisti, lancia accuse pesanti contro i suoi nemici. Si sente in «difficoltà», dice, perché «si vede giudicato anche da colleghi parlamentari che non hanno alcun titolo morale per farlo, in particolare coloro i quali hanno frequentazioni e relazioni con elementi degli ambienti malavitosi». Deputati malavitosi? Il gelo scende nell'auletta dove si riunisce la Giunta. Il leghista Gianmarco Mancini chiede spiegazioni. Anche il presidente della Giunta, Gaetano Vairo, si fa avanti. E Craxi aggiunge: «Non ce l'ho con i membri di questa commissione. Penso a personaggi di primo piano. Persone che ricoprono cariche molto rilevanti». Quindi una promessa che suona anche minaccio- sa: «Se avrò l'occasione di parlare in aula, sarò più esplicito al proposito. Farò nomi e cognomi». La frase rimane lì, a mezz'aria. Craxi non vuole dire di più neppure ai giornalisti che gli chiedono spiegazioni. E subito inizia in Parlamento la ridda delle ipotesi. Con chi ce l'ha? Con parlamentari già inquisiti o con altri, finora rimasti indenni da iniziative giudiziarie? In serata, la Presidenza della Camera farà filtrare una precisazione in forma impersonale: «Qualunque parlamentare puq prendere la parola nell'aula di Montecitorio. Chiunque può parlare nel corso della discussione generale». E' questa la nuova linea difensiva di Craxi. L'ex leader socialista non rinnega il finanziamento illecito. Contesta però le accuse di ricettazione e corruzione. Né intende farsi carico dei reati di Vincenzo Balzamo. Ma la sua difesa, in definitiva, è politica. Craxi non accetta di farsi processare da quei partiti che, sostiene, negli anni scorsi si sono finanziati illecitamente quanto il psi. «Non ho nascosto - spiega uscendo dalla Giunta - il mio imbarazzo dovuto a tre fatti». E cioè la frequentazione malavitosa di molti parlamentari; il ricorso alla «propaganda politica, e non alle leggi della verità e della giustizia»; le «bugie» di molti. Craxi è addirittura sferzante sul comportamento dei suoi nemici: «Mi auguro che il tempo sia galantuomo e che lungo la strada tutte le cose che ancora non sono emerse emergano, perché vengano smascherati questi bugiardi. Perché di questo si tratta. Quelli che io chiamo gli extraterrestri che fingono di aver vissuto negli ultimi 10-20 anni la loro vita politica in un pianeta diverso dalla Terra». Non fa nomi, ma è arrabbiato contro Botteghe Oscure. E' appena più esplicito nel memoriale: «Finanziamenti venivano ad alcuni, che pure si ergono a moralizzatori, da partiti e Stati stranieri, da servizi segreti stranieri e da traffici organizzati». Ma Craxi non risparmia nemmeno i giudici che si occupano di lui. Contro Antonio Di Pietro, ad esempio, riserva un paio di paginette al curaro: «Il segretario del psi non è mai stato a colazione da Bitetto (tangentomane pentito, ndr) a differenza per esempio del dottor Di Pietro». O ancora: «Mi auguro che Bitetto abbia riferito a qualche magistrato il contenuto del suo ultimo trafelato colloquio con il sottoscritto. Colloquio richiesto da lui con urgenza e che si riferiva ai suoi incontri di lavoro con i signori Prada (altro pentito, ndr), D'Adamo e Di Pietro». C'è altro veleno anche per Giulio Catelani, il procuratore generale di Milano che di recente ha paragonato l'inchiesta Mani Pulite alla Rivoluzione francese: «Venne a trovarmi al Raphael per chiedermi di intervenire presso il Guardasigilli contro un suo collega. Io non feci nulla, naturalmente. Ma questo dimostra che Catelani non è quel rivoluzionario che oggi vorrebbe sembrare». E quanto a Giulio Borrelli, dice: «Siamo al punto in cui il procuratore capo di Milano, dopo il voto della Camera, preannuncia sentenza di condanna a riprova della animosità, ostilità e persecuzione adottata nei miei confronti». Affermazioni che hanno motivato la secca replica dei giudici milanesi: «E' uno dei tanti tentativi, finora falliti, di gettare fango sulla magistratura milanese». Francesco Grignetti «Non posso essere giudicato da loro» Attacchi alla Procura A fianco, Claudio Martelli Nella foto sopra, Bettino Craxi

Luoghi citati: Bitetto, Milano