«Professori, ma non di video»

«Professori, ma non di video» «Professori, ma non di video» E per il dopo-Pasquarelli rispunta Zavoli k..L.m. m& ■mm INTELLETTUALI ALLA CARICA SROMA I può parlare male di cinque persone per bene? «E' come se avessero cacciato un gruppo di chirurghi un po' cani per mettere al loro posto dei notai. Gente seria, i notai. Ma in sala operatoria servono i medici...». E' l'analisi, rigorosamente anonima, di un Pezzo Grosso della Rai tv. Potrebbe scriverla su un muro di viale Mazzini: la sottoscriverebbero tutti, e per una volta senza distinzioni di rete, conventicola, partito. La calata dei nuovi consiglieri, i «professoroni» li battezzò dieci giorni fa Vittorio Orefice, si lascia dietro una scia di malumori e apprensioni. Ancora nessuno, almeno apertamente, che rimpianga la lottizzazione; anzi, è tutto uno scappellarsi di fronte alla riconosciuta autonomia del quintetto, cui il direttore del Tg3 Sandro Curzi dedica uno dei suoi editoriali strappacuore. Ma il problema sta tutto nel giudizio di Bocca che le agenzie hanno battuto fin dal primo pomeriggio: «Si tratta di persone rispettabili, ma che non sanno assolutamente niente di televisione». E' proprio così. Cioè, è proprio così che la pensano direttori, giornalisti, soubrette e portaborse della Tv di Stato. Con una sola eccezione, che va subito svelata. Alba Parietti: «L'innesto di questi cervelli raffinati darà modo di produrre programmi di contenuto che non abbiano più lo scopo di rimbambire la gente», minaccia l'intellettuale dello sgabello. Sulla competenza del professor Gregory, poi, niente paura: garantisce l'Alba, alludendo al fidanzato bolognese Stefano Bonaga: «I docenti di filosofia hanno un senso ferreo della logica e della storia. Ne so qualcosa io, che ne ho uno in casa». Da una signora all'altra: Parietti applaude e Giuliana Del Bufalo si dimette. Non aspetta che i nuovi arrivati tirino il fiato, il dinamico vicedirettore del Tg2. Dice che il suo è un modesto contributo alla libertà d'informazione. Modesti a parte, gli altri sono scontenti e preoccupati, anche se è Giovanni Minoli ad esporsi di più: «I nuovi consiglieri sono degli ottimi garanti, ma non hanno un'esperienza specificane! campo televisivo. A questo punto la gestione dipenderà molto dal direttore generale, che invece di competenza dovrà averne». Il direttore generale, la vera battaglia su cui per tutto il mese di luglio si verseranno fiumi di inchiostro e di veleno. E' già scattata la fronda a Locatel- li, il direttore del «Sole 24 Ore» che Prodi e Martinazzoli vorrebbero issare sul pennone più alto di viale Mazzini. «Ma che ne sa Locatelli di tv?», ripetono, con Pippo Baudo, gli aziendalisti più feroci. Beppe Giulietti, l'anima del sindacato interno Usigrai, indicato fin quasi all'ultimo come un possibile consigliere: «Locatelli sarebbe una scelta tragica. Con un consiglio così e un direttore come lui, la Rai finirebbe in mano alle tecnostrutture: quei dirigenti che il grande pubblico non conosce ma che hanno in mano il potere vero». L'unica soluzione, parrebbe di capire, è un direttore generale che mangi pane e tv e conosca l'azienda Rai come le sue tasche. Ai soliti nomi (Milano, Guerzoni, Zaccaria), si è aggiunto da ieri quello autorevolissimo di Sergio Zavoli: già presidente socialista della Rai, cattolico non osteggiato dai democristiani, anzi gradito a Martinazzoli. E sì, perché la lottizzazione sarà anche finita, però la direzione generale non è il semplice Consiglio. Ed è lì che anche i politici aspettano al varco le smanie «nuoviste» della Rai. Oddio, c'è chi come Sgarbi, considera lottizzati persino i «professoroni»: «Benvenuti è l'espressione della vecchia de, Gregory appartiene all'area comunista e Demattè forse sarà socialista. Ecco fatto». «Chi può dire che Gregory non sia comunista?», si domanda la missina Poli Bortone. E il segretario socialdemocratico Ferri annota con un velo di tristezza «l'inclinazione ad accontentare le aree politiche più aggressive». Ma, in generale, tutti aspettano la nomina del direttore generale per capirci qualcosa. Per ora, dal pds al pri, plaudono al Gran Consiglio e perni direttore si limitino alle raccomandazioni, sul tipo di quella della Voce Repubblicana: «Il professor Prodi, cui compete la nomina, ha un'ottima occasione per rimarcare la sua non appartenenza a un'area politica». «Non si può giudicare una squadra senza conoscere il centravanti»,' ironizza, dalla concorrenza, Enrico Mentana. Nell'attesa, ci basterebbe capire se ieri la Rai abbia segnato un gol. Massimo Gramellini Si dimette Giuliana Del Bufalo dalla vicedirezione del Tg2 Grande attesa per il direttore la nomina forse a fine luglio II A sinistra Vittorio Sgarbi qui accanto il presidente della Rai Walter Pedullà A destra il palazzo di viale Mazzini a sin. Alba Parietti e Gianni Minoli

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