I «lentocrati» di Bruxelles e i giochetti dei politici falliti di Valerio Zanone

Diteci se paga solo l'innocente LETTERE AL GIORNALE I «lentocrati» di Bruxelles e i giochetti dei politici falliti Grandi «manovre» ai concorsi Cee Nell'era di «Mani pulite», che fornisce spunti quotidiani al rito italico dell'autocommiserazione, ritengo doveroso segnalare un episodio di cui sono stato vittima, che dimostra quanto il malcostume e l'arroganza con cui vengono gestiti le funzioni ed il denaro pubblico non siano circoscritti al nostro Paese, ma si infiltrino anche in quel particolare settore dell'amministrazione pubblica in cui spesso riponiamo le nostre speranze di progresso: le istituzioni della Comunità europea. A seguito di un bando pubblicato dal Gruppo Ppe (democratico cristiano) al Parlamento europeo, ho partecipato nel mese di ottobre 1992 ad un concorso par la posizione di addetto stampa di lingua italiana (posizione remunerata con fondi del Parlamento europeo, quindi pubblici e finanziati dal contribuente). Dopo avere superato una fase di preselezione, sono stato ammesso, con altri 3 candidati, a sostenere le prove scritte ed orali di selezione finale che si sono tenute a Bruxelles. In omaggio a criteri lentocratici che credevo prerogativa esclusiva delle nostre latitudini, la giuria ha partorito il suo verdetto dopo ben 5 mesi, alla esaltante media di 1 mese e 8 giorni di tempo dedicato agli elaborati di ciascun candidato. I sospetti relativi alle lungaggini hanno, comunque, trovato adeguata rispondenza nel risultato della valutazione: il concorso è stato senza esito, perché, secondo la commissione, nessuno dei 4 candidati avrebbe superato una determinata «soglia» di punteggio. Ma la beffa ai danni dei partecipanti (e dei contribuenti) non sarebbe comprensibile senza sottolineare due elementi: - la «soglia» del punteggio è stata fissata arbitrariamente e dopo la fase di valutazione, in barba al regolamento della Cee, che obbliga a stabilirla prima del concorso e ad includerla nel bando. - il posto messo a concorso è stato... naturalmente attribuito, con contratto, ad uno dei membri della commissione valutatrice! Di fronte a tali palesi violazioni della legalità, oltre che della decenza, ho presentato le mie rimostranze al Presidente della giuria, l'italiano dr. Franco Sestito, che, per tutta risposta, mi ha candidamente dichiarato: «I nostri sono concorsi pubblici, ma non "strictu sensu": abbiamo un ampio margine di manovra». Esterrefatto, ho deciso, con ostinata fiducia esterofila, di rivolgermi al Presidente del gruppo Ppe, il celebre uomo politico belga Leo Tindemans. Alle mie due lettere raccomandate, in cui gli chiedevo di intervenire, nella sua qualità di garante della legalità degli atti del gruppo Ppe, per sanare lo scandalo di questo concorso truffa, l'on. Tindemans, paladino della giustizia nelle sue campagne elettorali, ha ritenuto opportuno replicare con la più nobile e coraggiosa delle reazioni «mediterranee» di fronte al sopruso: il silenzio! Roberto Puvia Carrara (Messina) Giù le mani dal volontariato Con un certo fastidio, il 24 u.s. ho letto la notizia della lettera aperta al segretario della de da parte di «esponenti di associazioni cattoliche impegnate nel campo del volontariato». Personalmente, da tanto tempo, opero nel volontariato cattolico: da quello antico vincenziano a quello moderno, nato negli Anni 50 a seguito dell'alluvione nel Polesine. Ritengo perciò discutibile e arbitrario che qualcuno strumentalizzi l'associazionismo per invitare segretari di partito ad agire, in un senso o nell'altro, sul piano politico. Nessuno, a mio parere, può contrabbandare sue scelte personali e partitiche come scelte del vo-. lontariato cattolico. Qual è il luogo deputato a concedere una simile delega? Non vorrei che transfughi o falliti della politica tentassero di continuare i loro giochetti strumentalizzando il volontariato che deve il suo successo all'aver operato nel sociale senza commistioni con la politica. Andrea Jardella, Roma San Francesco e la corrida Il Papa in Spagna per il Congresso Eucaristico ha pronunciato tanti discorsi ma non ha minimamente sfiorato il problema della corrida e di altre sevizie pubblicamente inflitte ad animali. Queste atrocità so¬ no scuole di violenza, istituzionalizzate e propagandate in quel Paese (contrastate da una minoranza benemerita e combattiva). Esse sono anacronistiche sopravvivenze di tradizioni pagane e barbare, macabro simbolismo della violenza politica, razziale e religiosa d'altri tempi, dell'aggressività e della sopraffazione in auge in una fase storica imperialistica (dominio spagnolo descritto dal Manzoni). Secondo il moderno concetto uomo-natura, l'uomo può usare gli animali (e decidere anche della loro vita, se necessario) ma commette un delitto se procura loro sofferenze inutili. (Lo scrittore Richard Wright, contrario alla violenza, definì la corrida un «crimine» riscattando l'arte, che, in certi casi, ha celebrato la corrida). E' scandaloso che in Spagna vi siano religiosi che in spregio agli insegnamenti di S. Francesco non solo simpatizzano per la corrida e simili mostruosità ma celebrano con esse feste di santi e della Madonna. Ed è obbrobrioso che vi siano suore le quali confezionano «banderillas» con le quali si torturano i tori. Tempo fa, nel ricordare invano al Papa la necessità di un suo intervento in proposito, gli ho rammentato che un suo predecessore, circa 400 anni fa (il papa piemontese S. Pio V), comminò la scomunica nei riguardi dei fautori e degli spettatori della corrida. Egli, pur essendo avvezzo come Grande Inquisitore alla violenza per la fede, non sopportava le orge di sangue dell'arena, tanto erano tremende. Tali crudeltà continuarono per la protervia dell'uomo e per mancanza di costante determinazione della Chiesa. Non basta che il Papa si concentri su altri problemi umani. Se permetterà, per opportunismo, l'azione deleteria delle predette droghe sanguinarie, deluderà i cattolici che amano la coerenza. Gioachino Avalle, Alassio (Savona) Elezioni e statistiche di secondo grado Nelle ultime elezioni sono stati convocati alle urne 6 milioni di elettori, parte dei quali (si dice mediamente il 70 per cento) ha votato. Al di là dei meccanismi elettorali che il sistema si è dato per garantire - si dice - la stabilità dei governi locali, nulla esime gli organi di informazione dal dovere di dire in quale misura reale i cittadini hanno distribuito il loro voto fra le formazioni in lizza. Su questo fronte purtroppo il panorama è desolante: dalla Rai-Tv a da gran parte dei quotidiani viene offerta la sola informazione delle percentuali che, si sa, è un'informazione statistica di secondo grado. Perché? Marco Neiretti Sordevolo (Biella) I fondi del partito liberale Leggo nella Stampa di ieri opinioni dell'onorevole Costa che non meritano da parte mia alcun commento. Ma poiché l'onorevole Costa lascia intendere che io sarei, non si sa come, responsabile del dissesto finanziario in cui versa il partito, è mio dovere fare in modo che i lettori della Stampa conoscano la verità. Si deve sapere (l'on. Costa dovrebbe saperlo da solo) che nel partito liberale il presidente non ha alcuna competenza o responsabilità sui conti, sulla gestione, sulla raccolta delle entrate e sulle decisioni di spesa. Tutto ciò che io ho saputo circa le finanze del partito liberale è il contenuto dei bilanci prescritti dalla legge, che furono tutti approvati dalla direzione centrale su proposta del segretario e dell'amministratore, previa unanime relazione dei revisori dei conti e senza nessuna obiezione della direzione di cui l'onorevole Costa faceva parte. on. Valerio Zanone, Roma

Persone citate: Alassio, Andrea Jardella, Franco Sestito, Gioachino Avalle, Manzoni, Marco Neiretti, Pio V, Richard Wright