Cutolo: i Servizi vennero da me di Fulvio Milone

Olitolo: i Servizi vennero da me Olitolo: i Servizi vennero da me «Ecco come liberai Cirillo dalle Br» e chiama in causa Piccoli e Forlani NAPOLI. Per tre ore siede davanti ai giudici, a tratti nervoso, a volte ironico e sprezzante. Raffaele Cutolo è di scena alla seconda udienza del processo sulle trattative fra malavita, politici, servizi segreti e terroristi che portarono alla liberazione di Ciro Cirillo, l'ex assessore regionale de rapito dalle Br nell'81. Ma il vecchio capo della camorra non è qui per dire tutta la verità. Ha già spiegato che non è un pentito. Qualcosa però la dice: chiama in causa due big democristiani, Flaminio Piccoli e Arnaldo Forlani. Il primo, all'epoca dei fatti segretario del partito, figura già negli atti dell'istruttoria; il nome di Forlani, a quei tempi presidente del Consiglio, Cutolo lo pronuncia per la prima volta in un'aula giudiziaria. Ma il boss aggiunge subito di sapere solo per via indiretta del coinvolgimento dei due politici: «Di Piccoli mi parlò Vincenzo Casillo (camorrista poi assassinato a Roma, ndr): mi spiegò che nelle trattative il segretario era rappresentato da Francesco Pazienza». E Forlani? «Francesco Gangemi, uno dei miei avvocati, disse che parlava a nome del capo del governo, e che bisognava salvare le istituzioni anche se era disgustato perché per Aldo Moro non era stato fatto nulla». Per il resto, per quanto riguarda il coinvolgimento di altri politici nel caso Cirillo, Cutolo nega. Nega che esponenti nazionali del partito andarono a trovarlo in carcere: l'unico fu Giuliano Granata, sindaco di Giuliano e segretario di Cirillo. Dice che è falso affermare che gli uomini dei servizi segreti gli parlarono a nome della de. Assicura che è frutto di pura fantasia sospettare che un suo emissario, il detenuto Luigi Bosso, andò in carcere a Palmi per dire ai brigatisti che la democrazia cristiana voleva trattare a tutti i livelli tramite il capo della camorra. Comunque Cutolo dice di non aver mai tenuto in alcun conto i politici: «Anche quelli che tanti anni fa, durante la mia latitanza, mi mandavano biglietti di ringraziamento per averli aiutati nelle campagne elettorali. Ma è un'altra storia, non ha nulla a che fare con il caso Cirillo». E i servizi segreti? Su Sismi e Sisde Cutolo parla, e come. «Per primo si fece avanti il Sisde con il dottor discuoio, presentandosi come l'avvocato Acanfora. Venne da me dodici ore dopo il rapimento di Cirillo. Poi toccò al Sismi, con il colonnello Titta», ricorda. Quindi descrive i servizi di sicurezza italiani come due bande in guerra tra loro. «Facevano a gara per offrirmi un sacco di cose spiega al presidente della corte, Enrico Valanzuolo -. A cominciare dai soldi, tanti. Titta si presentò con un foglio tra le mani, disse che era un ordine di scarcerazione. Ma a me non me ne fregava niente, e rifiutai ogni propòsta». Chiede la pubblica accusa: «Allora perché lei accettò di intervenire in favore di Cirillo?». Cutolo: «Motivi umanitari». Ma subito aggiunge: «Preside, in carcere venne un sacco di gente. Mi furono portate delle persone, amici di infanzia ai quali non potevo dire di no». «Ma in che modo intervenne presso i terroristi?», insiste il procuratore generale. Spiega il boss, telegrafico: «Semplicemente mandai Luigi Bosso a Palmi, per riferire ai brigatisti detenuti che Raffaele Cutolo in persona ordinava loro di rilasciare Cirillo, pena dure rappresaglie». Minacce, dunque. Solo minacce che, secondo il boss, sortirono l'effetto desiderato: «Otto giorni prima della liberazione ricevetti un telegramma: un mio uomo annunciava l'imminente soluzione del sequestro». Quel telegramma però è scomparso: Cutolo dice di averlo dato a un suo luogotenente, Vincenzo Casillo, che si occupava del caso Cirillo fuori dal carcere: «Ha fatto tutto lui, non so con chi avesse preso contatti. Se l'è vista da solo». Il vecchio capo camorrista sa bene che il suo collaboratore non potrà mai testimoniare, perché nel frattempo è saltato in aria in un'auto imbottita di tritolo. Cutolo lo ricorda così: «Un tempo era un amico, ma poi capii che non potevo più fidarmi di lui: era passato al servizio dei padroni politici. Forse è morto per questo». L'interrogatorio di Cutolo è stato interrotto nel pomeriggio. Riprenderà domani. Fulvio Milone Raffaele Cutolo Ieri per tre ore davanti ai giudici

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