Guerra fredda Scalfaro-Lega

Il Presidente nelle terre dei lumbard Il Presidente nelle terre dei lumbard Guerra fredda ScaKaro-Lega MILANO DAL NOSTRO INVIATO Era l'uniso in maniche di camicia e senza la cravatta, Francesco Speroni, capogruppo in Senato della Lega, ieri mattina nel Teatro Sociale di Busto Arsizio. E, per di più, era seduto appena tre poltrone a destra dell'imponente scranno in velluto riservato al Capo dello Stato. Eppure Oscar Luigi Scalfaro non ha riconosciuto il senatore che, nei giorni scorsi, l'ha accusato «di tenere bordone ad un Parlamento di mascalzoni»: il Presidente ha ascoltato per oltre un'ora i relatori di questo convegno commemorativo del filosofo cattolico Francesco Olgiati, ha preso la parola per sottolineare i valori del «senso dello Stato». Poi se n'è andato tra gli applausi. Dieci minuti dopo il segretario generale del Quirinale, Gaetano Gifuni, è tornato nella platea semideserta e ha chiamato in disparte Speroni: «Il Capo dello Stato - gli ha sussurrato - mi incarica di salutarla. Non l'ha fatto prima, di persona, perché non l'aveva riconosciuta». Al senatore deve essere costato non poco far finta di crederci, ma osservando che «i rapporti di educazione vanno al di là della polemica» ha sottolineato: «Quando il Presidente fa il Presidente ha tutto il rispetto della Lega». Poi la voglia di polemica l'ha tirato per una manica della camicia e l'ha indotto ad aggiungere: «Diverso il caso quando scende nella lotta politica anche per riferimenti ed accenni come è accaduto a Firenze, dove tutti si sono resi conto che Scalfaro si riferiva a Bossi. Se è così bravo oratore, e oggi lo ha dimostrato, non si può credere che, agli Uffizi, sia caduto in una trappola». No, non è stata una giornata della bontà quella che Scalfaro ha vissuto, ieri, nelle terre della Lega: solo una giornata di educata tregua. Nessuna contestazione, ma anche nessun avvicinamento: «In Parlamento si fa manfrina, c'è solo voglia di autoperpetuarsi» attacca da Milano il neosindaco Formentini. Il quale, dopo aver accolto Scalfaro alla cerimonia inaugurale della Fondazione Lazzati, osserva: «Noi vorremmo vedere un segnale di accelerazione del cambiamento che, invece, non c'è. Forse ci aspettiamo troppo dal Presidente». Se le parole sono pietre, queste pesano un quintale. Da Speroni a Formentini, da Busto Arsizio a Milano, il Carroccio sembra mostrare la sua nuova rotta: tregua sul fronte della polemica violenta ed arruffata, ma nessun cedimento sulle questioni di principio: «Il contrasto tra me e Scalfaro - sottolinea Formentini è solo di valutazione politica sul Parlamento. Abbiamo una diversa visione dei passi da fare. Bisogna che non ci siano ombre tra Parlamento e popolo ed è per questo che sono necessarie le elezioni al più presto. Se da parte del Presidente c'è questa volontà, allora non c'è alcun contrasto tra noi». Tutto ciò al di fuori dell'ufficialità: Formentini, a Scalfaro, ha solo il tempo di stringere la mano. Anche perché dalla tribuna degli oratori sta già iniziando l'intervento del cardinale Carlo Maria Martini. Un discorso forte'che la sala affollatissima (ci sono anche il presidente del Senato Spadolini, il procuratore generale Giulio Catellani, il procuratore Saverio Borrelli) segue con momenti di emozione e commozione. Sono tempi di transizione, quelli che il Paese sta vivendo, dice Martini: tempi destinati a segnare il futuro della nostra convivenza in cui occorre «lavorare tanto e lavorare tutti perché le cose nuove che ci attendono possano essere rievocate come un passo avanti e non come un'involuzione». Dal vescovo scende un monito, un «appello all'etica della responsabilità degli amministratori e dei cittadini». E gli occhi di tutti, in questo momento, fissano Catellani e Borrelli in prima fila: «No, non si tratta di un pretesto per assolvere le degenerazioni del Palazzo - spiega Martini -, ma di prendere atto della natura complessa della legalità e della convivenza». Venti maligni in questa bufera che il cardinale racconta con la sua voce quieta e sigilla con un richiamo alla speranza: «Se il Signore ci ha fatto entrare nella tempesta è perché sa che può mettere nel cuore di tutti coloro che credono la calma, l'intelligenza e la passione per affrontarla». Renato Rizzo Oscar Luigi Scalfaro e Marco Formentini

Luoghi citati: Busto Arsizio, Firenze, Milano