«E' un pedofilo fuciliamolo» di A. Z.

Milano, ammanettato e rapito dai famigliari del minore che avrebbe insidiato Milano, ammanettato e rapito dai famigliari del minore che avrebbe insidiato «E' un pedofilo, fuciliamolo» Scampa all'esecuzione grazie a un incidente MILANO. Era tornato a casa piangente M., ragazzino di 15 anni. Piangendo aveva fatto il nome dell'uomo che l'aveva insidiato dalle parti della stazione Centrale, zona di abbordaggio, zona equivoca: «Si chiama Paolo, Paolo Crepaldi», aveva detto alla mamma. E la vendetta è scattata subito. «Non deve passarla liscia, quel bastardo, bisogna dargli una lezione»: parola dopo parola, l'idea della punizione esemplare ha cominciato a prender corpo nel gran consiglio di famiglia: chissà, forse sulla falsariga della trama di qualche film visto alla televisione. «Prenderlo, quel Crepaldi e sparargli un colpo in testa, fucilarlo: ecco quello che si dovrebbe fare». Nessuno sa chi ha avuto l'idea della fucilazione. Se è venuta in mente alla madre, Luciana Ghislandi, 36 anni, un nome e un volto conosciuto nei commissariati di zona, qualche furtarello, ricettazione di stupefacenti. O se l'ideatore del piano sia stato il convivente, uno slavo di 34 anni, Mladen Mesic, anche lui con precedenti penali e un piccolo campionario di furti alle spalle. O se la trovata della vendetta con fucilazione è dello zio di M., Stefano Ghislandi, fratello trentunenne di Luciana, una fedina penale più ricca: spaccio di droga, furti ma anche ricettazione d'armi. Di sicuro, tutti e tre si sono dati da fare perchè il progetto fosse eseguito, la vendetta consumata. Di sicuro a telefonare a Paolo, è proprio zio Stefano. Ammiccante: «Ciao, sono Pino», dice. Nessuna parola che lasci intendere la vendetta possibile e un invito raccolto: «Vediamoci questa sera in piazzale Loreto». E' d'accordo, Paolo, un signore di 42 anni che di professione fa l'impiegato del Monopolio. Accetta di buon grado quell'invito capitato chissà come, senza alcun sospetto. Ha un solo dubbio, che peraltro si dissolve subito. «Già, ma come fai - chiede a Stefano - a ricono¬ scermi?». Idea: «Mi metto i bermuda, d'accordo?». D'accordo. E sabato sera all'angolo di piazza Loreto, eccolo Paolo con i suoi bermuda colorati. Sull'auto che l'aspetta ci sono tutti: c'è zio Stefano, mamma Luciana e Mladen, lo slavo. Stefano scende, parlotta, lo convince a salire in macchina: «Portiamo a casa i miei amici e poi...». Dura pochi secondi la perplessità dell'impiegato del Monopolio, poi l'idea di una sera divertente lascia spazio al terrore. Fugge via veloce la macchina, incontro alla vendetta decisa nel gran consiglio di famiglia. Le manette scattano quasi subito, non appena abbandonate le vie più battute di Milano. Ammanettato, le mani dietro la schiena, uno straccio in bocca per non urlare, la pistola puntata alla nuca. Una corsa in auto verso un angolo buio della periferia nord della città. «Adesso la finirai di fare lo sporcaccione coi ragazzini, quel vizio ti costerà la vita». La frenata e poi a calci in mezzo al prato più nero che si possa immaginare: è lì che i tre hanno deciso di punire Paolo, punizione esemplare, fucilazione alla nuca, roba da film americano. Basta un attimo di esitazione a Paolo Crepaldi, la vittima de¬ signata, per scappare. Via di corsa, ammanettato, mezzo soffocato per via della bocca tappata, a tentare di sottrarsi alla morte promessa. Dietro i tre, in auto, lo inseguono. Non vogliono per alcuna ragione lasciarsi sfuggire «il pedofilo». La fuga verso la libertà dura poco, l'impiegato viene riacciuffato e caricato a bordo. Si cambia posto, per lui l'esecuzione è soltanto rimandata. Scene di serial poliziesco nell'estrema periferia nord di Milano, trecento metri dalla caserma più grande della polizia, l'Annarumma, quartier generale di decine di poliziotti. Ed è proprio contro un muro dell'Annarumma che l'auto dei tre inseguitori, di mamma Luciana, di zio Stefano, di Mladen lo slavo, finisce la sua notte folle. Uno scontro nel buio e i poliziotti sono già tutt'intorno: che succede? E cosa ci fa un uomo ammanettato in bermuda, la bocca tappata? Paolo, bianco in volto, racconta la tentata fucilazione, la paura di una morte ormai imminente.E per i tre «giustizieri» scattano le manette. L'impiegato, invece, torna a casa. Su di lui la polizia ha aperto un fascicolo: si indagherà per scoprire se davvero ha insidiato un ragazzino di 15 anni. Ma intanto è scampato alla morte. E per lui oggi conta soltanto quello, [a. z.]

Persone citate: Annarumma, Crepaldi, Luciana Ghislandi, Mladen Mesic, Paolo Crepaldi, Stefano Ghislandi

Luoghi citati: Milano