Sergio e Lucio, duellanti torinesi di Lucio Libertini

Sergio e Lucio, duellanti torinesi Sergio e Lucio, duellanti torinesi E il segretario disse a Libertini: ritirati LO SCONTRO DOPO 40 ANNI DI AMICIZIA ROMA. Un bigliettino squisito, ma non è bastato a far la pace tra Sergio e Lucio, amici da 40 anni, ma che da 20 giorni non si capiscono più. Venerdì Sergio Garavini va a Pegaso e dice: noi di Rifondazione non siamo divisi in correnti, ci sono i comunisti e basta. La mattina dopo Lucio Libertini gli spedisce un biglietto: «Caro Sergio, complimenti. Perché non fai sempre così?». Ma quando i due si incontrano quel bigliettino fa una brutta fine: il segretario lo straccia, lo butta per terra. Passerà, forse, come è passata tante altre volte; ma stavolta la buriana è brutta, scura, feroce. Garavini e Libertini sono due comunisti diversissimi, agli antipodi. Alto, bell'aspetto, pessimo carattere, Garavini. E capace di feroci inimicizie. Come quella volta - era il 1986 che Lama diede l'addio al sindacato e lui, Garavini, si tenne lontano dal palco. Soltanto quando l'ex segretario uscì di scena, il suo rivale risalì in mezzo agli altri dirigenti della Cgil. Proprio di un'altra pasta è Lucio Libertini: loquacissimo, molto popolare tra i militanti del partito, è il più proverbiale globetrotter della politica italiana. La sua, una carriera più lunga di quella di Andreotti, che ha ispirato così la vena romanesca di Trombadori: «Libertini, zompafossi da guasi cinquantanni, dovunque ha combinato danni, l'istesso sor- risetto barbagianni, l'istesso paro de' carzinh. Garavini e Libertini si stimano ma non si sono mai amati. Da quando si incontrarono per la prima volta, nella Torino dei primi Anni Cinquanta. Garavini è un figlio della borghesia torinese che ha scelto la classe operaia. Il papà era un carroz¬ ziere che all'epoca contava più di Pininfarina, ma Sergio (dopo essere stato socialista fino al 1948) ha scelto il sindacato, guida i metalmeccanici di Torino. Libertini, che ha la mamma torinese ma ha trascorso la giovinezza a Roma e in Sicilia, è mandato dal psi e guida la sinistra socialista assieme a Panzieri. «In quegli anni diventammo subito amici con Sergio racconta Libertini -. Ci frequentavamo, avevamo le stesse idee». Si perdono, ma poi si ritrovano. Sono gli ultimi giorni del 1990, gli ultimi giorni del pei. Si erano lasciati ai cancelli della Fiat e i vecchi compagni si ritrovano in un'osteria romana, «Il Piedone» e lì, assieme a Cossutta, organizzano la scissione. «Fu Armando che per primo propose Sergio come leader e io fui immediatamente d'accordo», racconta Libertini. Ai tre riesce il «colpaccio». Massimo D'Alema ironizza sugli scissionisti, tutti i commentatori pensano al partitino del 2%, ma il vecchio Libertini, che proprio perché ha girato tutta la sinistra è quello che la cono¬ sce meglio, profetizza tra gli sghignazzi: «Possiamo arrivare al 7-8%». La profezia si è avverata, ma proprio adesso che Rifondazione vola, ecco il paradosso: i due vecchi compagni litigano a morte. La scintilla è Tangentopoli. Su Libertini tante voci, ma la prova del fuoco - il colloquio col magistrato - il vecchio globetrotter della politica lo supera senza schizzi. Sono giorni pesanti e, in un colloquio a due, Garavini arriva a fare una proposta: «Lucio perché non ti ritiri?». Libertini non molla e allora Garavini, in direzione, lo attacca senza peli sulla lingua sulla questione morale: «Non è possibile equiparare il pci-pds ai partiti di governo nella storia di Tangentopoli». Il segretario attacca ma commette un errore fatale. Non vince. In direzione, due settimane fa, finisce in parità: 15 con Garavini e 15 con Libertini e Cossutta. Ma tra Garavini e Libertini c'è una differenza: il segretario fa politica da 6 anni, il vecchio Lucio da 50. E, infatti, ieri è arrivato il conto. [f. mar.] Sergio Garavini Lucio Libertini

Luoghi citati: Roma, Sicilia, Torino