Rifondazione è guerra: Garavini se ne va di Fabio Martini

L'annuncio al comitato politico: mi dimetto perché non volete un dialogo con tutta la sinistra L'annuncio al comitato politico: mi dimetto perché non volete un dialogo con tutta la sinistra Rifondanone, è guerra: Garavìni se ne va Dura replica di Cossutta: è un atto non responsabile E per il successore si fa già il nome di Ersilia Salvato ROMA. Due sere fa le vecchie volpi del partito Cossutta e Libertini lo avevano messo in minoranza e così Sergio Garavini, dopo averci pensato su tutta la notte, ieri mattina ha annunciato al «parlamentino» di Rifondazione comunista le sue dimissioni da segretario. Alle 9 del mattino di una caldissima domenica di giugno il paradosso era dunque compiuto: l'unico partito comunista dell'Occidente che vince, avanza, si ritrova improvvisamente senza capo, in preda ad una brutta crisi. Dunque, l'antica, sorda ostilità verso la leadership di Sergio Garavini è venuta allo scoperto. Nel modo più eclatante. Due anni fa l'ex sindacalista della Cgil era stato scelto come segretario perché Cossutta era improponibile. Colpa dell'etichetta filo-sovietica. Ma i durissimi attacchi lanciati nella direzione di due settimane fa a Cossutta (sul suo debole per l'Urss) e a Libertini (su Tangentopoli) sono costati carissimi a Garavini. In quella occasione il segretario volle un voto, ma non riuscì a vincere: la direzione di Rifondazione finì con un curiosissimo pareggio: 15 col segretario, 15 con i suoi nemici. E la risposta dei «vecchi» è arrivata due sere fa, quando è stato votato un documento che «critica» il segretario «per non aver saputo evitare una grave frattura» nel partito. Un docu- mento che è stato approvato con 98 sì, 4 no, 10 astensioni e 43 non votanti, tra i quali Lucio Magri e Luciana Castellina. Dunque con una maggioranza del 63% Garavini è stato messo in minoranza e a quel punto non gli è restato che dimettersi. Armando Cossutta dice che «le dimissioni sono un atto non responsabile», Lucio Libertini dice che «nel documento c'era una critica, non una richiesta di dimissioni», insomma minimizzano i due capi della «rivolta», ma in realtà hanno raggiunto l'obiettivo al quale puntavano: indebolire Garavini in vista del congresso del partito che si terrà nel gennaio del 1994. E anche se nessuno lo dice a voce alta, è già pronta una candidatura alternativa: quella della senatrice napoletana Ersilia Salvato. Un paradosso, quello di Rifondazione, che diventa ancora più originale per come è scoppiata la crisi: il comitato politico nazionale di Rifondazione per due giorni ha discusso e poi votato un documento politico sul quale c'è stata l'unanimità dei consensi. Tutti d'accordo a puntare su «un'alleanza delle sinistre». Tutti d'accordo nel combattere l'accordo sul costo del lavoro. Tutti d'accordo «a valorizzare una nuova generazione di quadri». Ma il grande accordo (155 sì, 4 astensioni nelle votazioni sui cinque punti politici del documento) è improvvisamente crollato quando l'assemblea è stata chiamata a votare l'ultimo, breve passaggio, quello dedicato alla gestione del partito. Nel documento, preparato da Libertini, si parlava del «disorientamento» tra la base del partito per «la grave frattura» al vertice provocata dalle critiche di Garavini. Due notti fa il voto, ieri mattina l'annuncio di Garavini: «Mi dimetto perché è risultata minoritaria la linea di chi vuole un dialogo aperto a tutta la smista, non arroccato come è nella posizione di Cossutta. E non mi sento di condividere le critiche di Libertini che ha equiparato il pci-pds agli altri partiti sulla questione morale». Il comitato politico tornerà a riunirsi sabato prossimo e se Garavini manterrà le dimissioni potrebbe essere eletto un organismo collegiale fino al congresso. Ma a far da cemento arriva Leoluca Orlando, che annuncia di puntare al dialogo col pds e con quelli di Rifondazione che «sceglieranno la modernità». Dice Libertini: «Orlando si illude se pensa di spaccare Rifondazione comunista e se insiste si spaccherà la Rete». Fabio Martini Armando Cossutta, presidente di Rifondazione comunista «Il segretario non può é non deve presentarsi come capo di una parte, peraltro minoritaria»

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