Clinton? Una vera delusione ve lo garantisce Rockefeller di Fernando Mezzetti

6. «Conosco bene Ciampi, con lui l'Italia ritornerà grande» Clinton? Una vera delusione ve lo garantisce Rockefeller IL BANCHIERE AMERICANO CERNOBBIO DAL NOSTRO INVIATO Mancanza di una chiara e ferma leadership in America; logoramento del rapporto Stati UnitiEuropa; ombre di protezionismo in campo internazionale sulla spinta della recessione; malessere giapponese e crisi italiana come «fine di un'epoca», da cui l'Italia uscirà rinvigorita mentre fin d'ora Ciampi «con la sua integrità» rappresenta il maggior elemento di stabilità. In un lungo colloquio sul balcone del suo appartamento nel luminoso tramonto sul lago, David Rockefeller non evita nessuno dei grandi problemi della scena mondiale. A Cernobbio per il convegno annuale del Consiglio per le relazioni Italia-Stati Uniti, di cui è co-presidente onorario insieme con Giovanni Agnelli, Rockefeller passa in rassegna il mondo e l'Ita¬ lia con la voce e il modo sommessi di chi non deve far nulla per aver autorevolezza. A 78 anni, la curiosità intellettuale è vigile e costante. Prima di cominciare sui grandi problemi, Rockefeller vuol dire ricchezza ingente. Quanto è il suo patrimonio? E quando ha comincato a occuparsene? «Secondo Forbes Magazine, oltre un miliardo di dollari. Sono entrato nella Chase Manhattan Bank, che la gente identifica col mio nome, subito dopo la guerra. Ma non era una family company. La mia famiglia aveva solo il 5 per cento. Ho cominciato dal livello più basso di impiegato, e col tempo sono arrivato al vertice restandovi diversi anni. Ora sono solo presidente del comitato dei consiglieri». A pochi mesi dall'elezione il Presidente americano sembra già un'anatra zoppa, dopo che il suo piano per il bilancio è passato al Senato solo grazie al voto del vice presidente Gore, malgrado la maggioranza democrati- ca. Lei che cosa ne pensa? «E' troppo presto per dare una valutazione precisa, e non si può essere troppo severi. Ma certo l'incidente al Senato è serio. Il Presidente dà l'impressione di non avere idee chiare. D'altra parte il popolo lo ha eletto perché voleva cambiare e perché preoccupato per il deficit federale. Lui ha tagliato le spese in alcune aree, ma ha fatto di più nel mettere tasse. Aveva detto che avrebbe tassato di più i ricchi, ma se vuole spendere di più per scopi sociali deve tassare più gente. Prevede tagli di 500 miliardi di dollari al deficit in 5 an¬ ni. Cioè taglierà la crescita del deficit, che ora è sui 300 miliardi all'anno, ma non tocca il deficit consolidato, che oggi è fra i tremila e i quattromila miliardi». E la situazione economica? «Nessun dubbio che ci sia una ripresa, ma è contraddittoria. Nel primo trimestre si è avuto uno sviluppo del 4 per cento su base annua. La disoccupazione è diminuita ma altri indicatori sono negativi, e contribuiscono alle difficoltà del Presidente: lo sviluppo porta a maggiori introiti fiscali senza dover ricorrere ad aumenti di imposte». E i rapporti con l'Europa? «E' un'altra area su cui non si è concentrato, dedicandole insufficiente tempo e attenzione. Ma anche i Paesi europei hanno molti problemi interni, e non hanno dato la dovuta attenzione al rapporto con gli Stati Uniti. Politicamente i rapporti restano stabili, ma sono sorte le questioni protezionistiche. Fino a pochi giorni fa sembrava si potesse fare l'accordo , sull'Uruguay Round, ma poi si sono avuti sviluppi scoraggianti. E' questo il rischio maggiore. Il libero commercio fiorito da dopo la guerra è stato il fattore più importante dello sviluppo globale». Il presidente Clinton sembra assumere posizioni differenti. «Sì, col Giappone, e in alcuni punti con l'Europa. Ma bisogna evitare il circolo vizioso delle rappresaglie, altrimenti è la fine. In Giappone, con Miyazawa è caduto un personaggio fortemente internazionale, e si è messo in crisi il monopolio del potere dei liberaldemocratici. Una situazione nuova da affrontare con spirito costruttivo». E tutto il nuovo che si sta verificando in Italia? «E' la fine di un'epoca. Mi sembra che in prospettiva siano eventi positivi, perciò non parlerei di crisi italiana. Semmai di rinnovamento. La democrazia cristiana è stata più forte per la paura suscitata dal comunismo che di forza propria. Col crollo sovietico, la gente si è domandata se era proprio necessario continuare ad avere sempre lo stesso partito al potere. Sono convinto che riformando il suo sistema politico, l'Italia, con la sua vitalità, tornerà ad essere grande potenza economica» Lei conosce bene molti dei polìtici ora usciti di scena. Che effetto le fa immaginare una dirigenza politica del tutto nuova? «Molti sono della mia annata... Ho conosciuto bene Andreotti, da tempo. De Gaulle e Adenauer prima, poi Pinay e Strauss, organizzavano ogni tanto incontri informali di democristiani europei, e io, curiosamente, venivo invitato. In Italia, Carlo Pesenti aveva un ruolo molto attivo in questo. Ho conosciuto anche Craxi... Ma quelli che ho conosciuto meglio sono stati gli uomini della Banca d'Italia, da Menichella in poi, personalità straordinaria. Nei ricorrenti cambiamenti di governo, la Banca d'Italia è rimasta sempre l'elemento di stabilità, con i suoi uomini di prim'ordine, di alta professionalità e moralità, come Ciampi. Il fatto che uno, come lui, incarnazione dell'istituzione più stabile, assolutament integro, sia stato chiamato a guidare il governo è un fatto positivo, che suscita fiducia nel Paese e all'estero. Fiducia per il futuro, soprattutto. Per i nuovi... Io di natura non sono contro il nuovo. Se poi verrà da personaggi come Ciampi, tanto meglio». Fernando Mezzetti