e' FALSO e me ne vanto di Umberto Eco

\ \ e FALSO emene vanto F ALSA opinione di Umberto Eco: «Saturata d'iperrealtà, l'immaginazione dell'uomo moderno reclama cose vere. E per ottenerle deve creare il falso assoluto». Falsa affermazione di Jean Baudrillard: «Nell'era della simulazione, una cultura del falso si sta impadronendo della nostra civiltà». False marche di oggetti falsi: Christ and Dior, Adadas, Cherel N. 5, J'acoste delle magliette. Hanno fatto benissimo, il direttore Gian Piero Brunetta, i suoi collaboratori e gli studiosi di bugie chiamati a convegno, a dedicare la quattordicesima edizione del Mystfest, che comincia oggi a Cattolica, a «Lo splendore del falso»: l'inautenticità, le contraffazioni, le mistificazioni, le copie servili, le imitazioni fraudolente, la confusione o l'andirivieni tra falso e vero, tra apparire e essere, la mobilità e incertezza del confine che consente di riconoscere autenticità e qualità, sono uno dei grandi fenomeni sociali di fine secolo. Un fenomeno che già da anni ha dato origine a studi, saggi, riflessioni, pubblicazioni scientifiche, seminari universitari; che ha nutrito direttamente o indirettamente tanta parte del cinema (F/or Fake di Orson Welles, L'amico americano di Wim Wenders); che è stato illustrato in grandi mostre come quella di tre anni fa al British Museum di Londra, Fake o l'arte d'ingannare; che ha rispolverato antiche battute («Dei tremila quadri che Corot ha dipinto, diecimila sono stati acquistati dagli americani»), ha provocato beffe non disinteressate come quella'italiana organizzata intorno al ritrovamento di sculture di Modigliani, ha fatto nascere gallerie d'arte come quella parigina di Daniel Delamare in Avenue Matignon dove ì talsi e le copie vengono comprati e venduti ufficialmente, fieramente e fruttuosamente. Un fenomeno condannato come segno d'un trionfo dell'inganno, d'una perdita di valori estetici ed etici, d'una degenerazione del gusto, d'uno smarrimento d'ogni diritto di proprietà creativa, di una fine dell'opera unica, della «firma» e della rarità che nelle culture occidentali stanno alla base dell'ammirazione e dell'apprezzamento. Ma anche un fenomeno esaltato dagli apologeti della simulazione liberatrice e dei limiti del credere, dai ludici della citazione, della parodia e dei capolavori di doppiezza, dai vindici che esigono per tutti gli oggetti lussuosi e costosi un tempo simboli del privilegio e vedono i falsi come una forma della democrazia o della giustizia sociale, dai teorici che considerano il falso una componente ineliminabile delle civiltà di massa. Al Mystfest di Cattolica una speciale attenzione si concentra sui falsi della storia italiana recente e sulla funzione politica della massoneria, sull'inganno pubblicitario, artistico o archeologico. Naturalmente, la variante più contemporanea del falso si manifesta nella comunicazione, nei modi giornalistici di dare, occultare, mutilare o dilatare le notizie. L'aspetto mercantile del fenomeno è tuttavia quello che coinvolge più concretamente e immediatamente milioni di persone nel mondo e che ha provocato la mutazione del costume più vistosa: per via dei falsi, hanno perduto senso tutti gli statussymbol ostentabili e indossabili, tutti quegli oggetti o ornamenti che avevano la funzione primitiva di connotare ricchezza e posizione sociale. «Il falso è dappertutto ed è meglio del furto: costa meno, rende di più», sostengono Didier Brodbeck e Jean-Frangois Mongibeaux, autori francesi della prima inchiesta-repertorio sulle contraffazioni, Vero & Falso, pubblicata nel 1991 dall'editore Lupetti. Secondo loro l'industria del falso si è enormemente ampliata con l'evoluzione delle tecnologie al servizio della duplicazione, con il moltiplicarsi della produzione di accessori e profumi da parte di marche famose in passato soltanto per le automobili o l'alta moda, e con l'ingresso nel settore di finanziamenti provenienti dal traffi¬ co di droga: «In Italia il mercato delle contraffazioni è controllato dalla mafia», dicono, e indicano l'Italia come il Paese europeo più falsario, in concorrenza con quegli «Eldorado del falso» che sono la Thailandia, la Corea del Sud, le Filippine, Taiwan, l'America Latina. Distinguono tre categorie di falsi: i veri-falsi, copie conformi di marchi e modelli; i falsi-veri, modelli creati dai contraffattori e venduti con un marchio esistente, a esempio una borsa Vuitton d'un tipo assente dalla autentica collezione Vuitton, però firmata Vuitton; i falsifalsi, oggetti mai creati da una marca famosa il cui nome viene truffaldinamente alterato (è il caso delle magliette J'acoste). Le marche più falsificate? Le più celebri, si capisce: Roiex, Lacoste, Levi's 501, Christofle, Gucci, Ralph Lauren, Dupont, Davidoff, Ferrari, Burberry, Yves Saint-Laurent, Dior eccetera. Per spacciare falsi accessori Bulgari, s'è fatto ricorso persino a un'impiegata delle poste greca che aveva lo stesso cognome e che è servita da prestanome per un profumo firmato Elsa Bulgari. Gli orologi di Carrier «vengono talmente copiati che, come per le borse Vuitton, quando se ne vede uno ci si chiede subito se si tratta di vero o di falso». Sarte e sartine cominciarono a copiare i tailleur Chanel oltre cinquantanni fa, e Coco Chanel se ne inorgogliva («L'imitazione è l'omaggio della strada»): oggi il dieci per cento del bilancio della casa Chanel è destinato alla lotta accanita e vana contro i falsari che contraffanno e mettono in vendita non i vestiti inarrivabili ma le borsette matelassées, le camelie di tessuto bianco, le cinture formate da catene d'oro. Delle resistentissime valigie di metallo battezzate Samsonite da Samson, Sansone il protoforzaiolo, degli occhiali Ray Ban così chiamati perché mettono al bando i raggi solari, delle borse Vuitton fabbricate con la tela Monogram inventata nel 1896 dal capostipite Louis, «esistono oggi nel mondo più esemplari falsi che autentici». Falsi orologi, magliette, jeans, posate, valigie e borsette, capi d'abbigliamento, accendini, sigari, oggetti di pelletteria, impermeabili ombrelli e sciarpe, profumi, gioielli e cosmetici, sono diversi dagli originali nella qualità infinitamente inferiore dei materiali, nell'approssimatività della fabbricazione, nella durata effimera, nel prezzo incomparabilmente più basso. Ma esiste una specie di patto, tacito oppure ironico, tra falsari e compratori: chi acquista i falsi sa benissimo che non sono autentici e non tiene neppure più a che appaiano autentici, l'uso e consumo dei falsi s'è normalizzato sino ad essere appena un gioco o un'abitudine, marche e modelli famosi sono ormai insignificanti dopo che la gente davvero elegante e ricca ha smesso di adoperarli per disgusto dell'oggetto «firmato» massificato e per paura di venir confusa con gli utenti del falso. L'industria del falso però è anche più strisciante, meno esibita. Vengono falsificati pure giocattoli Lego, irriconoscibili rispetto a quelli creati nel 1932 dal falegname danese Ole Kirk Christiansen; o i dizionari e le enciclopedie Larousse, riprodotti e venduti fuori diritti in Messico, in Oriente e in Libano. Vengono copiati e smerciati senza alcun controllo di funzionalità e durata programmi software, pentole a pressione e padelle inaderenti, elettrodomestici, strumenti da lavoro, medicinali, videocassette di film (in Italia oltre il quaranta per cento del mercato delle videocassette è in mano alla pirateria), parti di auto, pezzi di aereo. Allora il falso può smettere d'essere economicamente dannoso soltanto per i produttori dell'autentico e innocuo per gli acquirenti, diventa assassino: Brodbeck e Mongibeaux sostengono in Vero & Falso che pezzi contraffatti sono stati trovati su seicento elicotteri americani Sikoski della flotta Nato, che parti d'aereo false sono state scoperte dal National Safety Board americano tra i resti di sessantuno aerei vittime di incidenti. Lietta Tornabuoni Christ and Dior, facoste, Adadas: un fenomeno inarrestabile che ha rivoluzionato il gusto. Per qualcuno è «giustizia sociale» Da oggi a Cattolica: copie, inganni e tutto quanto fa simulazione inscbmDvtSpocts Qui sopra Orson Welles, in alto Coco Chanel. Disegno tratto da «Grafie Artists Guild's Directory of lllustration»