L'Anonima cinese fallisce un rapimento

I/Anonima cinese fallisce un rapimento Milano: la famiglia aveva pagato il riscatto, poi si è rivolta alla polizia. Ostaggio liberato a Novara I/Anonima cinese fallisce un rapimento Sequestrano ilfiglio di un ristoratore, finiscono in manette MILANO DALLA REDAZIONE Davvero una cineseria. Il 16 giugno, in sei, hanno sequestrato questo sorridente Zheng Shi Zen, 16 anni, e ancora con l'ostaggio impacchettato sono finiti in panne dentro un campo di pannocchie dalle parti di Novara. Hanno fatto 15 telefonate per chiedere due riscatti. Il primo glielo ha soffiato la polizia, il secondo pure. Richiesta iniziale 350 milioni. Poi 250. Poi 200. Alla fine andavano bene pure i 71 milioni con cui sono stati arrestati. In dieci giorni la mobile di Milano ha risolto questo pasticcio organizzato da sei cinesi, quasi tutti lavoratori saltuari, che il 16 mattina, alla fermata dell'autobus di Segrate, hanno rapito il figlio del signor Zen, proprietario di un piccolo ristorante, vicepresidente della comunità cinese di Milano. Tutto comincia mercoledì 16, ore 9, alla fermata di San Felicino (Segrate) dove Zheng sta aspettando l'autobus. Arriva un'Alfa 2000, con tre ragazzi cinesi. Frena. «Uno di loro è sceso, mi ha spinto dentro, messo un cappuccio e fatto sdraiare sotto i sedili di dietro». Partono verso Novara. Racconta ancora Zheng: «La macchina a un certo punto si è fermata, non ripartiva più. Siamo scesi tutti in un campo di granturco. E' lì che abbiamo passato la prima notte». Dove? «Dentro un canale asciutto, sotto un ponte». Quello stesso giorno, verso sera, squilla il telefono del ristorante Kuei Lin, zona Città Studi: «Abbiamo rapito vostro figlio, preparate 350 milio¬ ni». L'uomo al telefono parla il dialetto della regione dello Zei Yang, la stessa da cui arriva la famiglia di Zheng. Il padre non denuncia il sequestro. Dicono i poliziotti: «Ha provato a risolvere tutto da sé, con l'aiuto della comunità». La cosa sembra funzionare, in un paio di giorni il signor Zeng raccoglie 200 milioni, assicura che pagherà. Poi qualcosa si inceppa: per tre giorni i sequestratori non si fanno più vivi e il padre si spaventa. «E' venuto da noi il 20 giugno dice il questore Achille Serra -. E abbiamo fatto scattare il piano antisequestri». Quando torna il contatto con i rapitori, è tutto pronto. Il padre offre i 200 milioni, i sequestratori nicchiano. Ma all'ennesima telefonata il riscatto va benissimo. Appuntamento alla Stazione Centrale. Le istruzioni più o meno dicono così: giovedì 24 salire sul treno delle 6,10 per Torino; andare a sedersi nell'ultimo vagone; aspettare il contatto. Il padre esegue. La polizia, più o meno camuffata, affolla il treno. I due cinesi incaricati del prelevamento non si accorgono di nulla e quando cominciano a sospettare eccessivo movimento nel vagone è troppo tardi. Vengono bloccati: uno si chiama Cheng, l'altro Liu, hanno una quarantina d'anni, permessi di soggiorno regolari. Alla stazione di Torino aspetta il terzo complice, che si scoprirà essere il capo della ghenga, tale Wang Xiao Yong, 47 anni, commesso di rosticceria. Fine del primo tempo. Del rapito (che dorme legato in un appartamento del centro di Vercelli) non si sa ancora nulla, ma quel che resta della banda si fa avanti il giorno stesso. Il solito telefonista chiama il padre e offre un secondo appuntamento. Ricompare l'Alfa 2000. La polizia segue tutto quanto, e quando l'Alfa sgomma via, loro dietro. Statale per Vercelli, dritti fino alla prigione del ragazzo. A sinistra il sedicenne Zheng Shi Zen, rapito da una banda di connazionali e liberato dalla polizia, che ha anche recuperato i soldi del riscatto Chen Maoz, uno dei rapitori del figlio del vicepresidente della comunità cinese a Milano

Persone citate: Achille Serra, Chen Maoz, Cheng, Wang Xiao Yong, Zheng Shi Zen