Ciro autista della camorra a 9 anni di Gabriele Romagnoli

Bambino fermato dagli agenti a Napoli: nella «126» aveva droga, gioielli e armi Bambino fermato dagli agenti a Napoli: nella «126» aveva droga, gioielli e armi Ciro, autista della camorra a 9 anni QUANTA vita occorre per imparare ad essere un uomo sbagliato? Possono bastare nove anni e dieci mesi. L'età di Ciro, che è nato a Torre del Greco, è figlio di un sorvegliato speciale e nipote di un latitante. Curo sa già guidare l'auto, anche se i suoi capelli corti spuntano appena dal parabrezza. Sa che non deve fermarsi all'alt della polizia se sta trasportando armi e munizioni, droga e gioielli. Sa cosa deve dire agli agenti, se lo raggiungono dopo un lungo inseguimento. L'ha dimostrato ieri, quando i poliziotti allibiti lo hanno visto scendere da quella 126 che sembrava imprendibile. Li ha guardati negli occhi e ha detto: «Non mi potete arrestare, sono un bambino. Volevo solo farmi un giro in auto perché ero nervoso». Poi, silenzio: perché un uomo vero, ha imparato Ciro, sa anche quando tacere. Non deve dire una parola, se gli sbirri rigirano tra le mani la carta d'identità di suo padre Pietro, 32 anni, precedenti per traffico di armi e stupefacenti, se trovano in due borsoni dieci chilogrammi di oggetti d'oro e due grammi di cocaina e, sotto il cofano, una pistola calibro 38 con cinque colpi nel tamburo. Parlerà soltanto quando accuseranno la madre, l'arresteranno per detenzione illegale di armi e droga. Allora il piccolo uomo d'onore sa che deve intervenire, frapporsi tra gli agenti e la donna gridando: «E' tutta roba mia, lei non c'entra». Si prende tutte le colpe, Ciro, tanto sa che l'età gli garantisce un'immunità più ampia di quella del parlamentare Cirino Pomicino. Gli fanno una ramanzina e lo affidano alla nonna, madre di un sorvegliato speciale e di un lati¬ tante. Le chiedono di insegnargli a vivere diversamente. Quanta vita occorre per imparare ad essere un uomo giusto? A volte non basta tutto il tempo del destino e si resta condannati all'ergastolo nella gabbia di un personaggio disegnato dai luoghi comuni, che in questo caso hanno il volto dei guappi, l'angustia dei vicoli, l'oppressione dei clan. Altre volte basta niente: un incontro che ti cambia lo sguardo, un esempio che ti resta scolpito nella memoria. Ce n'è uno, di esempi, dal quale Ciro dovrebbe guardarsi e da cui tutti dovrebbero tenerlo lontano: quello di Emanuela Azzarelli, meglio conosciuta come la Bonnie di Gela. Nello stesso giorno in cui Ciro è stato fermato dagli agenti, Emanuela è stata condotta in carcere per furto. Fu fermata per la prima volta quattro anni fa, quando aveva sedici anni e l'immunità assicurata. Dissero che era una baby-boss, ne fecero l'emblema della malavita e del degrado dei vicoli di Gela, che devono assomigliare molto a quelli di Torre del Greco, le misero quel soprannome da film americano, ne fecero un personaggio con la strada segnata, la portarono al «Maurizio Costanzo Show» dove confidò che sognava di sposare un capocosca. Diventò davvero Bonnie, non seppe fare di sé altro che una ladra, come tutti si aspettavano. Forse era inevitabile, ma forse no. Forse fra dieci anni e due mesi i giornali ci racconteranno che Ciro è finito in carcere per traffico di droga. Ma forse no. E' più probabile che non succeda se eviteremo di chiamarlo il «Dillinger» di Torre del Greco, di portarlo a un talk show aspettando di sentirgli dire che ha nel portafogli la foto di Riina e gli concederemo invece il nostro oblio e la possibilità di scegliere se continuare ad essere un uomo sbagliato o cambiare strada, come abbiamo concesso, almeno una volta, a noi stessi. Gabriele Romagnoli

Persone citate: Cirino Pomicino, Dillinger, Emanuela Azzarelli, Maurizio Costanzo, Riina

Luoghi citati: Gela, Napoli, Torre Del Greco