I figli della svastica si convertono

Sono stati allevati da spietati comandanti delie SS e capi nazisti, «Gente» li ha ritrovati Sono stati allevati da spietati comandanti delie SS e capi nazisti, «Gente» li ha ritrovati I figli della svastica si convertono Uno è rabbino, l'altro fa il prete ^¥:>:::;-:';:A-:::-:::::::::::::::::;;:::;::::::::v: un aguzzino come LA colpa, forse, ci appartiene. Può essere una tortura che si tramanda. Una dannazione, chissà. Anche il destino ci appartiene, e a volte sembra uno scherzo che stravolge la nostra vita. Wolfgang Schmidt, figlio di Edmund, ufficiale nazista delle SS, persecutore di ebrei, è uno di quelli che ha inseguito il suo peccato sino al punto da diventare uno dei perseguitati. «Non ho più rivisto mio padre dal 1969. Da quando mi convertii all'ebraismo e mi trasferii in Israele. Lui restò senza parole, come fa chi non capisce, chi non riesce a spiegarsi le cose che accadono attorno a lui. Beh, per lui fu una catastrofe, non avrebbe potuto succedergli niente di peggio. Papà non mi parlava mai di ebrei e nazisti. Ma quello che aveva dentro e che aveva vissuto non era un mistero». Oggi, Wolfgang Schmidt è un rabbino, professore di filosofia all'Università di Tel Aviv. Ha cambiato anche nome. Si chiama Aharon Shear Yashuv. Ha una barbetta bianca sul mento, e porta in testa la kippà. Suo padre aveva conservato il suo berretto delle SS, assieme alla memoria. Anche Thomas Heydrich, nipote di Reinhardt, ha fatto una scelta simile e ha finito per dedicare la sua vita «alla salvezza della cultura ebraica». Niklas Frank, figlio di Hans, governatore della Polonia, suo padre invece non l'ha mai conosciuto, perché fu giustiziato dagli Alleati a Norimberga, nel '46, per i crimini di guerra. Oggi Niklas fa il giornalista a Sterri, e di lui dice, con gelida calma: «Era un vigliacco, un impostore ripugnante». Ha scritto anche un libro, con tutto l'odio che aveva dentro, «Mio padre: un regolamento di conti». Martin Bormann jr, figlio del capo della Cancelleria di Hitler, è diventato un prete: «Volevo portare ai poveri, ai derelitti, il messaggio di amore di Dio. Per questo, ho fatto il missionario nello Zaire». Eppure, è l'unico che trova parole di pietà: «Penso che mio padre sia morto con Hitler. Io non lo odio, non ci riesco. Soltanto Dio può giudicarlo». Sono tutte storie sparse fra un peccato che ci sembra lontano. Il settimanale Gente è andato a cercare in giro per il mondo i figli dei gerarchi nazisti. Un viaggio nella memoria, a 50 anni dalla caduta del fascismo. Ma anche qualcosa di più, e di diverso. Un viaggio nella colpa, fra i fantasmi del passato, un viaggio terribile, strano, a volte irreale. Certo, c'è anche chi sopravvive senza restare sepolto da questo sentimento. Wolf Hess, il figlio di Rudolf, il potentissimo delfino di Hitler, ripete a Gente che secondo lui «suo padre non si è ucciso». Fu trovato morto, impiccato nella sua cella di Spandau, nell'87, a 93 anni. «L'hanno am¬ mazzato gli Alleati, perché nonostante l'età, era un testimone scomodo». Rudolf vive a Monaco, ed è architetto. «Se avessi avuto 20 anni nel 1930, avrei agito come lui». Per gli altri, eredi incolpevoli di un passato terribile, è un viaggio più difficile, pieno di tormenti. Thomas Heydrich, nipote di Reinhardt Heydrich, generale delle SS, capo dell'SD, e governatore di Boemia e Moravia, ha cercato sin dall'inizio di dimenticare i fantasmi del passato. «E' stata un'esperienza tragica, impossibile da raccontare con le parole. Qualcuno, una persona che portava il mio stesso nome, aveva ideato e commesso terribili atrocità. Io mi sentii resnonsabile delle sue azioni, un sentimento che mi ha accompagnato per tanti anni». Per sfuggire a se stesso, Thomas ha fatto l'attore e poi si è convertito, come il fi¬ glio di Schmidt. «Decisi di consacrare la mia vita alla consacrazione e alla divulgazione della letteratura ebraica, cioè alla cultura che il nazismo avrebbe voluto eliminare dalla faccia della Terra». Gunhild Klockner, invece, ci ha messo più tempo per allontanare i suoi fantasmi. «Da quando ho dieci anni, non sono riuscita a dormire nemmeno una notte serenamente». Suo padre era un medico che contribuì all'eliminazione di migliaia di ebrei. «I miei genitori mi hanno educata al culto di Hitler, mi hanno istillato il loro razzismo. E io sono riuscita a cambiare solo grazie a mio marito e alle mie figlie». Memorie incredibili che spuntano dal passato. Confessioni dolenti, anche velenose. Niklas Frank: «Quando morì mio padre ero bambino. Ma sentivo che si meritava la sua pena. Già allora avevo la sensazione di appartenere a una famiglia di criminali. Solo che non riuscivo a spiegarmi come avessero potuto i tedeschi commettere simili atrocità. I tedeschi, non i nazisti. Un Paese intero mobilitato per portare a buon fine un genocidio su scala industriale». Ed è strano, alla fine, come fra tutti, quello che sembra più in pace con se stesso sembra essere il rabbino Aharon Shear-Yashuf. «Vivo su un altro pianeta», dice, «lo Stato d'Israele. Qui, la nozione di colpa collettiva non esiste. La colpa collettiva è un termine teologico del cristianesimo. Ogni uomo, invece, è personalmente responsabile delle proprie azioni. Le colpe dei padri non ricadranno sui figli», [r. cri.] Solo Wolf Hess ammette «Non condanno papà io avrei fatto come lui» Nella foto grande a sinistra Wolf Hess, il figlio del potentissimo delfino di Hitler morto nell'87 a 93 anni. Qui accanto Reinhard Heydrich, generale delle SS e, qui sotto, Adolf Hitler

Luoghi citati: Boemia, Israele, Monaco, Norimberga, Polonia, Zaire