Salari si tratta sull'orlo del baratro

Palazzo Chigi dà l'ultimatum: «Chi impedisce un'intesa si assume responsabilità gravissime» Palazzo Chigi dà l'ultimatum: «Chi impedisce un'intesa si assume responsabilità gravissime» Salari, si tratta sulPorlo del baratro Ciampi: non getto la spugna ROMA. «Non getterò la spugna, non illudetevi. Continueremo a trattare finché non troveremo un accordo». Il presidente del Consiglio Ciampi è deciso più che mai a giocare ogni possibile carta per cercare di salvare in extremis la trattativa su contrattazione e costo del lavoro giunta al limite della rottura. «Chi impedisce - aggiunge - un'intesa così importante per il Paese, si assume una responsabilità gravissima. La conclusione del negoziato sarebbe un elemento essenziale di stabilità per consentire il ribasso dei tassi, uscire dalla recessione ed anche per dare stabilità politica. E, sopratutto, questo accordo può dare certezza agli operatori per il lungo periodo e può diventare un modello anche per gli altri Paesi europei». E ieri sera, al termine di febbrili contatti diretti ad evitare il peggio, il ministro del Lavoro Giugni ha convocato per oggi un'altra tornata di incontri con imprenditori e sindacati allo scopo di tentare un affondo sulla base della proposta del_ governo, aggiustata qua e là. Poi, Giugni è andato a palazzo Chigi, dove ha concordato la linea del governo con il presidente del Consiglio. L'avvertimento di Ciampi è rivolto non solo alle parti direttamente in causa, in particolare alla Confindustria, ma anche a pds e Rifondazione comunista che ieri avevano attaccato duramente il governo in direzioni e con finalità diverse, ma tutte convergenti nell'infuocare ancora l'atmosfera già sufficientemente accesa. Occhetto minaccia addirittura un ripensamento sull'atteggiamento del suo partito: «Il governo deve mettere la Confindustria di fronte alle sue gravi responsabilità. Una posizione anche soltanto equidistante dai sindacati e dal padronato attenuerebbe il sostegno dei lavoratori e costituirebbe un serio indebolimento delle ragioni che hanno portato il pds ad astenersi nei confronti di questo governo». Rifondazione comunista invita l'esecutivo a sospendere la trattativa per riferire al Parlamento sullo stato della discussione e consentire una consultazione democratica dei lavoratori. E poco prima, Rifondazione aveva presentato alla Camera - insieme con le altre componenti del «comitato referendum» (minoranza della Cgil, consigli unitari di fabbrica, Verdi, Rete ecc.) - le prime 50 mila firme per una legge di iniziativa popolare sulla rappresentanza e la democrazia nei luoghi di lavoro, in contrasto con' quanto si sta dibattendo nella trattativa a Palazzo Chigi. In mattinata, di fronte al persistere di forti resistenze, il ministro Giugni aveva lanciato un segnale di allarme che ha suscitato non poche polemiche. «Il rischio di rottura - ha detto - è altissimo. Ci sono rigidità e intransigenze da parte di Confindustria e sindacati. Non capisco perché si corra il rischio di una rottura in maniera così insistente, quando il Paese ha bisogno di ben altro. Una interruzione sarebbe destabilizzante e avrebbe conseguen- ze molto serie». Il leader della Cgil Trentin ha subito accusato Giugni di fare «una litania non decente» ed, insieme al segretario generale della Uil Larizza e, al numero due della Cisl Morese, lo ha invitato a convincere gli imprenditori ad accettare la proposta del governo, che viene considerata conclusiva. «Siamo al punto terminale del negoziato ha precisato Larizza - e non abbiamo nulla da dire e tanto meno da dare». Morese: «Bisogna eliminare le resistenze politiche che si stanno scaricando sulla trattativa». La Confindustria, dal canto suo, respinge decisamente le accuse di intransigenza e di rigidità, e ribadisce piena disponibilità a proseguire il confronto. Chiarendo la posizione degli industriali, il vicepresidente Callieri critica il perpetuarsi da parte del sindacato e di alcune forze politiche di «una vecchia cultura delle impossibili garanzie e una totale chiusura a reali innovazioni nel sistema di contrattazione e nel mercato del lavoro». Ci sono ottime ragioni, secondo Callieri, perché nella proposta del governo si inseriscano due punti im¬ portanti e, appunto, innovativi: l'esclusione dai contributi previdenziali degli incrementi salariali concordati a livello aziendale e una maggiore flessibilità del mercato del lavoro in coerenza con quanto avviene negli altri Pr.esi industrializzati. Anche le altre associazioni imprenditoriali puntano i piedi. La Confapi insiste nel chiedere una intesa per le grandi imprese e una per le piccole e medie, respingendo comunque la contrattazione aziendale obbligatoria per le piccole aziende. All'assemblea annuale dell'Assicredito il presidente Bianchi afferma che un patto con sindacati e governo può essere stretto soltanto a precise condizioni: contenimento dei costi, flessibilità dell'impiego e delle prestazioni, niente automatismi, chiare regole del gioco ai diversi livelli. La Confagricoltura stigmatizza il comportamento assunto dal governo e dalle parti sociali nei confronti del settore agricolo. Non poche critiche e riserve vengono espresse dalle organizzazioni dei commercianti, Confcommercio in testa, degli artigiani, dei quadri e dalla Coldiretti. Gian Cario Fossi Giugni rivede oggi le parti sociali Occhetto: o il governo convince Abete oppure il pds cambierà atteggiamento Il ministro del Lavoro Giugni ha lanciato l'allarme: «Il rischio di una rottura è altissimo» Il leader della Cgil, Bruno Trentin accusa il ministro Giugni di «fare una litania non decente»

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