Rifondazione all'assalto della Cgil di Lucio Libertini

La sinistra comunista ha superato il pds ed è il secondo partito a Torino e Milano La sinistra comunista ha superato il pds ed è il secondo partito a Torino e Milano Rifondazione all'assalto della Cgil «Se va avanti così ci sarà la scissione» IFONDAZIONE comunista è la mina vagante che può far esplodere una scissione da sinistra nella Cgil? «La mina vagante è la Cgil stessa, non noi - risponde il senatore Lucio Libertini, ex Quaderni rossi, uno dei leader del partito che rappresenta la spina nel fianco del pds -. Però noi vogliamo una Cgil rigenerata e se non si rigenera può succedere di tutto. Non siamo scassacarrozze, ma se le carrozze non vanno avanti, c'è poco da tenerle unite». Dirigenti periferici, come Dario Cossutta, figlio di Armando Cossutta, dicono la stessa cosa in maniera più esplicita: «Se la Cgil accetta un accordo moderato, tipo 31 luglio sulla scala mobile, temo che la scissione diventi inevitabile. Non provocata da noi, ma spinta dal basso: e noi non potremo non prenderne atto». A scendere in campo non è un gruppo di estremisti, ma - dopo il sorpasso effettuato dal pds - il primo partito della sinistra nelle due capitali del Nord, Milano e Torino. Dopo aver condotto una battaglia testa a testa contro il pds nella capitale piemontese, dopo aver cullato l'illusione di una grande sinistra unita a Milano contro la Lega, oggi Rifondazione comunista esibisce il suo potenziale politico e sociale nella fase calda del conflitto sociale, forte della sua capacità di collegarsi non solo all'ala radicale della Cgil (Essere sindacato) ma anche alle forme nuove di sindacalizzazione, come il movimento dei consigli autoconvocati. Quanti sono i volti, qual è l'identità di questo partito, nato soltanto due anni fa tra lo scetticismo generale, diventato per Occhetto uno spettro di Banco e per Trentin il fantasma di un rinato operaismo? E quale collante tiene insieme i tanti pezzi del partito: ex dirigenti togliattiani, ex sinistra socialista, padri e figli del movimento studentesco, nuove figure della protesta metropolitana? Gli amici di Atomo, conosciuto come «il graffitaro di Milano», al secolo Davide Tinelli, anni ventotto, ex punk, operaio dell'Aem, quarto eletto, come indipendente, di Rifondazione comunista, gli hanno chiesto di fare il suo ingresso a Palazzo Marino, il giorno dell'insediamento del nuovo Consiglio comunale, in bermuda, sandali e una maglietta con la scritta «La fantasia al potere è una questione di classe». Ma il suo capolista, Umberto Gay, giornalista di Radio Popolare, autore di un libro su Vallanzasca, ex dp, che con tremila e rotti voti è il consigliere più votato, dopo il leghista Ronchi, dice: «Non se ne parla neanche. Se è necessario gli presto il mio vestito buono, quello che uso per celebrare i matrimoni civili. Ma nella trappola dell'arriva l'autonomo non ci cadiamo». «Il filo rosso di Rifondazione è l'irriducibilità della scelta di campo», dichiara Marco Rizzo, segretario della Federazione di Torino, un Yul Brynner del «proletariato intellettuale», figlio di un operaio della Fiat Mirafiori, passato da giovane per Lotta continua e «Senza tregua», approdato al pei l'anno dopo la marcia dei quarantamila. «Siamo gli eredi dell'antagonismo del pei di Pugno e di Garavini». Ma il primo eletto di Rifondazione a Torino, Gianni Alasia, politico che viene dalle fabbriche, un eroe degli «anni duri», ex socialista libertario, dichiara: «Accusarci di essere nemici dell'impresa è una solenne stupidaggine. Io ho difeso gli stabilimenti e ho fatto mettere l'auto all'ordine del giorno della politica. Non voglia¬ mo quello che volevano i bolscevichi, ma ciò per cui si batteva Franklin Delano Roosevelt». Milano e Torino sono due facce diverse di uno stesso partito. Le due federazioni hanno più o meno lo stesso numero di iscritti (fra i cinque e seimila), il peso elettorale nelle due città è del 14,5% a Torino e dell'I 1,5% a Milano, ma appaiono diverse sia la rappresentanza politica sia la base sociale. Rifondazione torinese è caratterizzata da un buco: «Manca la generazione di mezzo», come dice Rizzo. Da una parte i dirigenti usciti dal pei, come Libertini e Alasia, formatisi negli Anni Cinquanta, dall'altra i quadri che hanno in mano l'organizzazione del partito, fra i trenta e quarant'anni, tutti di famiglie operaie, formatisi nelle file del movimento studentesco. Li unisce l'attesa dello «scontro di classe»:«Non sono scontento - diceva Rizzo, dopo l'esito del ballottaggio per il sindaco -. Partiamo da un 43 per cento a sinistra del pds». Un'in- terpretazione del voto un po' paradossale ma sottoscritta dagli intellettuali della rivista «Nuvole». Le bandiere rosse di Rifondazione milanese sono invece agitate da soffi di vento anarchico: l'eredità del pei, qui a lungo egemonizzata dalla corrente riformista dei Cervetti e dei Borghini, è limitata alla vecchia guardia cossuttiana. Il nuovo gruppo consiliare è uno specchio delle componenti storiche di tutta la sinistra milanese: cossuttiani, dp, Cgil, autoconvocati, le occupazioni del Leoncavallo e di un'altra decina di centri sociali che si sono espresse nel voto al graffitaro Atomo, popolare fra i locali alternativi di Porta Ticinese - e le lotte dei comitati di quartiere, nel Bronx delle case popolari, rappresentate da Franca Caffa, «un caterpillar - dice Gay -, la nostra bomba batterio¬ logica contro la Lega». «Che cosa ci unisce? Il pei che non c'è più - spiega Libertini -. Noi siamo il popolo comunista di Togliatti e Berlinguer». Le contraddizioni scavate nel successo del partito le vedono tutti: come si parlano il fedelissimo togliattiano Armando Cossutta, che ruppe con Berlinguer all'epoca dello «strappo», gli antistalinisti del manifesto che a Torino si sono battuti a spada tratta per Novelli, i libertari di dp, gli autonomi del Leoncavallo? «Cossutta ha fatto piena autocritica», dice Libertini. ((A Milano non ha più nessuna influenza», dice Atomo. Ma sulle eterogeneità del partito si stende il vélo di un sogno comunista. Libertini: «Sotto le nostre bandiere si raccolgono gli orfani del pei. Io lavoro per rifondarlo, recuperando il pds». Alasia: «Siamo anche i figli di una sconfitta, con sordità e nostalgie, ma siamo i depositari di una storia comunista, che è una storia italiana». Basterà questo fantasma del pei a fare da collante? Le frizioni ci sono: a Torino, Rizzo ha votato per rimuovere Garavini dalla segreteria nazionale e, a Milano, Tiziana Maiolo, leader degli antiproibizionisti, è stata cacciata. Resta difficile mettere insieme la cultura politica di un Alasia con la protesta urbana di Atomo. Ma si è spalancato il campo delle rivendicazioni operaie e del malessere sindacale: se a Torino i rifondatori rimangono una componente del sindacato tradizionale - rappresentata da Fulvio Perini, membro della segreteria della Cgil - a Milano Rifondazione non è rappresentata soltanto da Essere sindacato, ma assai più da una figura come Gianni Occhi, l'impiegato della Elizabeth Arden che ha inventato i consigli degli autoconvocati. Non hanno conquistato né la Sala Rossa né Palazzo Marino, ma con le 700 mila firme per il referendum contro l'articolo 19 dello Statuto dei lavoratori, con l'attacco duro alla trattativa sul costo delm lavoro, con gli avvisi di garanzia che pendono su sindacalisti, potrebbero conquistare le teste di ponte di un sindacato in crisi, rivendicando a sè i molti incarichi dirigenti nella Cgil che la crisi del psi rende vacanti. «Si parla sempre di Essere sindacato - dice Libertini - ma l'area del dissenso nella Cgil è molto molto più ampia». Alberto Papuzzi Ma nel partito convivono tante anime: togliattiani, antiproibizionisti, libertari, punk, autoconvocati... Da sinistra, Armando Cossutta e Davide Tinelli conosciuto come «Atomo», ex punk eletto a Milano Qui sotto, Lucio Libertini Da sinistra, Armando Cossutta e Davide Tinelli conosciuto come «Atomo», ex punk eletto a Milano Qui sotto, Lucio Libertini