BABELE E I NON LETTORI A TUTTO VOLUME

BABELE EINONLETTORI A TUTTO VOLUME BABELE EINONLETTORI A TUTTO VOLUME ELLE ultime settimane su Tuttolìbrì Masolino d'Amico, Corrado Augias e Angelo Guglielmi, fingendo di parlare di «Babele», hanno par¬ lato di cultura in televisione. Vorrei tirare il mio sassolino: dal basso di un programma di cultura, che va in onda, su Rail, alle 9 del sabato mattina: cioè in un orario in cui a tutto si è normalmente disposti, tranne che a sedersi davanti al televisore per sentir parlare di cultura. «La Penisola del Tesoro» è il primo esperimento di talk-show sui Beni Culturali. Il programma non ha fatto, come Augias e Guglielmi paiono ritenere essenziale, un milione di spettatori. Tuttavia si è costruito un pubblico di non lettori, felicemente mescolati alla élite di cui parla d'Amico: tra gli altri, il ministro Ronchey. Un sondaggio di Tv Sorrisi assegna alla «Penisola del Tesoro» il 78% di indice di gradimento; la critica dei più riguarda l'orario. Guglielmi teme l'impoverimento dei contenuti intellettuali, da parte del linguaggio televisivo «utilizzato a scopo didattico e divulgativo». Mi permetto di dire che si può salvare la nobiltà della cultura semplicemente usando il televisore per quello che è: un elettrodomestico che presenta rincommensurabile vantaggio di poter far venire delle curiosità. Antonella Boralevi Gli imitatori di Videomusic A volte la stessa pensata passa per la testa di tante persone nello stesso momento. E non si tratta mica di plagio. E' che le idee nuove spuntano come i funghi, tutte nella stessa notte. Prendiamo i libri in tv. C'era una volta Babele. E nessuno se ne accorgeva. Ci si lagnava di non avere anche noi Apostrophe, grande pubblico e grandi vendite. «In Italia non si può» rispondevano «Rai deve tener dietro a Fininvest, ci vogliono quiz, partite, prosciutti e balocchi». Capita poi che Berlusconi si compra una casa editrice, anzi una matrjoska di case editrici una dentro l'altra. Parlare di libri in tv diventa indispensabile e urgente. Spuntano Gene Gnocchi, Francesco Salvi, ci si mette IppolitL Tante facce, poche idee. Un beli giorno l'annuncio ufficiale: parte: un programma su Italia 1, conduce la Casella. E nella prima conferenza stampa spunta la grande' idea: «Faremo le videoclip di libri». Peccato che le videoclip di libri sono state «inventate» un anno1 prima dai sottoscritti e da mesi sono ormai diventate una rubrica settimanale di «Videomusic Giornale», testata giornalistica di Videomusic che non avrà i soldi della Fininvest, ma è pur sempre una televisione nazionale e ha qualche milione di spettatori tutti i giorni. Carlo Cresto Dina & Franco Fornaris Carosello e Pasolini «A tutto volume» ha due modelli, entrambi totalmente eccentrici rispetto alla tradizionale vulgata pedagogica sui libri in tv: il primo, com'è reso esplicito nel titolo stesso, è la «hit parade», soprattutto nella sua versione aurea (quella di Claudio Cecchetto ai tempi di Dee Jay Television); l'altro è l'indimen¬ ticato Carosello. A proposito del quale mi tornano sempre alla mente le considerazioni di Pier Paolo Pasolini, quando chiese, in modo provocatorio, ai dirigenti della Rai di «fare pubblicità» ai libri, di usare cioè, per una volta, «a buon fine», l'onnipresenza della tv. Si può discutere dell'impasto culturale da cui nasceva questo sfogo di Pasolini, ma non della sua oggettiva modernità (proprio lui, così «anti-moderno»). Per questo (A tutto volume» è un programma che utilizza le tecniche narrative (tutte visive, anzi televisive), del videoclip, dei «dischi caldi», dei trailer cinematografici. Ogni puntata del programma, nei suoi vari passaggi, è stata vista per almeno dieci minuti da una media di sette milioni e mezzo di persone, e l'ascolto medio totale di ogni puntata (cioè il numero di persone che l'hanno seguita dall'inizio alla fine) è di due milioni e trecentonovantamila, con una punta di quasi cinque milioni nella «settimana del libro». E' vero, ci rivolgiamo anche - o soprattutto - ai non-lettori. Ed infatti abbiamo un pubblico, in gran parte, giovane. Ci piace rompere una certa sacralità del libro, che soprattutto in Italia ha radici antiche. Vogliamo dire che è una telepromozione? cui «Babele» subisce la... «sudditanza culturale». L'ho sperimentato sulla mia pelle. Ho pubblicato un libro dal titolo «Falcone Connection»: è edito da una Casa editrice debuttante, la Fast-Press, costa appena 12.000 lire nonostante le 220 pagine. L'ho inviato per tempo ad Augias pensando che forse una citazione il libro la meritava, visto che sta per uscire in tre nazioni (Germania, Roma nia e Turchia), cosa poco abituale per un autore italiano. Invece in tere puntate di «Babele» su un so lo libro o quasi, naturalmente di un grande editore. Giorgio Cajati, Milano Il miracolo di Benigni A «Babele», ho assistito a un miracolo. Mi riferisco all'ottima idea che ha avuto Corrado Augias invi tando Roberto Benigni, Luigi Berlinguer e Vittorio Sermonti per parlare di Dante. Roberto Benigni ha iniziato parlando di Dante Alighieri in maniera cialtrona e gaglioffa. Gli ospiti della trasmissio ne, in gran parte giovani, ridevano e si dimenavano sulle poltrone Poi d'un tratto, come in ogni miracolo che si rispetti, è accaduto un fatto imprevisto e nuovissimo Benigni ha cominciato a declama re il canto quinto dell'Inferno; il riso e l'espressione divertita di tutto il corpo hanno ceduto il po sto all'attenzione attentissima. Che Benigni, che tutti conosciamo, era scomparso e al suo posto c'era la poesia; eravamo tutti in presenza del grande miracolo del la poesia che aiuta a vivere. Gregorio Paolini «Discriminato» da Augias Guglielmi scopre che «i clienti» di «Babele» sono gli acquirenti di libri. E si consola dicendo che la trasmissione è utile ai librai. Qui mente. La trasmissione è utile ad un gruppo ristretto di editori, di Francesco Falanga, Trani

Luoghi citati: Germania, Italia, Milano, Roma, Trani, Turchia